" ...senza esservi attaccato compi i tuoi doveri e il
lavoro che deve essere fatto, senza posa; perché attraverso il compiersi
dell'azione senza attaccamento, l'uomo raggiunge la perfezione". Baghavad Gita, III, 19
Il termine karma deriva dal verbo sanscrito kri, che significa fare:
il karma yoga è detto infatti anche yoga della bella azione, o yoga del
lavoro. Il principio essenziale del karma yoga è espresso in maniera
sublime nella semplicità delle parole del poema indiano sopra riportate:
di tutti gli esseri che vivono in natura, solo l'uomo lavora per
ottenere una ricompensa, vuole trarre profitto o beneficio dalle proprie
azioni.
Agendo in questo modo, l'uomo diviene in realtà schiavo del proprio lavoro,
perché quel lavoro è mosso da motivi egoistici. Osserviamo le persone
che lavorano e noi stessi: nessuno ha mai un momento di riposo, il
lavoro ci segue anche fuori dall'ufficio, a volte non ci abbandona
neanche nel sonno. Il novanta per cento dell'umanità lavora come in
schiavitù e ne risulta uno stato infelice.
Non c'è cosa più difficile al mondo che lavorare e non curarsi dei
risultati, aiutare un uomo e non pensare di riscuoterne gratitudine; per
questo un uomo che sa lavorare per cinque giorni - o anche per cinque
minuti - senza un movente egoistico qualsiasi, senza
badare al futuro, al paradiso o alla punizione, ha in sé la capacità di
raggiungere elevati traguardi spirituali.
Per arrivare a questo ambizioso traguardo dobbiamo coltivare un
atteggiamento di distacco. Se conserviamo un certo distacco, o meglio un
non attaccamento verso il nostro lavoro e verso i suoi frutti esso non
imporrà vincoli alla nostra anima. Questa è la vera libertà ed è il
concetto centrale della Gita: lavorate incessantemente ma senza
vincolarvi al vostro lavoro.
Come afferma Vivekananda: "Noi abbiamo diritto al lavoro, ma non ai
suoi frutti. Lasciate stare i frutti. Perché preoccuparsene? Se
desiderate aiutare qualcuno non pensate al suo contegno futuro. Se
volete fare un'opera grande e buona, non curatevi del risultato".
Ogni pensiero di compenso impedisce il nostro progresso spirituale; anzi, alla fine porta sempre infelicità.
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