Usando nanoparticelle come interruttori
magnetici, un team coreano è riuscito a innescare a comando il processo
apoptosi, la morte cellulare programmata. La tecnica, che è stata
dimostrata sia in vitro che in vivo, potrebbe aprire interessanti
prospettive nel campo della ricerca sul cancro poiché permette di
controllare in modo accurato le cellule su cui agire.
Una delle sfide più ardue nel campo della biologia e della
biomedicina è la possibilità di controllare artificialmente e in modo
non invasivo le attività cellulari in vitro e in prospettiva anche in vivo.
Una ricerca condotta presso la Yonsei University di Seul, in Corea del
Sud, ha dimostrato che questa possibilità esiste, grazie a
nanoparticelle utilizzabili come interruttori magnetici che consentono
di innescare a comando l’apoptosi, il processo di morte cellulare
programmata.
Poiché la perdita dei normali meccanismi di apoptosi è cruciale per
la proliferazione incontrollata delle cellule che caratterizza lo
sviluppo delle forme tumorali, il successo di questo tipo di ricerche
potrebbe aprire nuove e inaspettate prospettive in campo oncologico.
Secondo quanto riferito in un articolo pubblicato su “Nature Materials” gli
autori hanno utilizzato nanoparticelle magnetiche di ossido di ferro
dopato con zinco, in grado di legarsi stabilmente a un anticorpo,
denominato DR4, coinvolto nel meccanismo di apoptosi nelle cellule
tumorali di adenocarcinoma del colon.
Il risultato cruciale della ricerca,
consiste nel fatto che, grazie all’applicazione di un campo magnetico
esterno su cellule coltivate in vitro, si è riusciti a indurre
l’aggregazione delle coppie nanoparticella-DR4, che a loro volta si sono
legate a specifici recettori cellulari, promuovendo il cammino di
segnalazione di apoptosi.
In sostanza le nanoparticelle, come previsto, sono andate a
costituire un “interruttore” magnetico, che così è stato commutato sulla
posizione “APERTO”, portando alla morte circa la metà delle cellule
trattate.
L’apoptosi, per contro, nelle cellule non trattate non si è
verificata. La metodica, rispetto ad altre tecniche di attivazione dei
recettori per l’apoptosi, che coinvolgono tutto l’organismo, è molto
selettiva, e permette di controllare in modo molto accurato le cellule
su cui agire, utilizzando un campo magnetico attenuato.
La seconda fase dell’esperimento è consistita nell’applicazione della nuova metodica in vivo,
una sfida sempre ardua per la complessità dei sistemi biologici
viventi. La scelta del modello animale è caduta sul pesce zebra, un
modello universalmente utilizzato nei laboratori di biologia, che in
questo caso offriva due notevoli vantaggi: il suo corpo è trasparente,
il che facilita enormemente la valutazione dell’evoluzione dei tessuti;
inoltre, ha un recettore che somiglia molto al recettore DR4 umano, che
quindi probabilmente è altrettanto sensibile alle stimolazioni mediate
dalle nanoparticelle e dal campo magnetico applicato dagli
sperimentatori.
Le osservazioni condotte con
tecniche di microscopia in campo chiaro hanno rilevato nei pesci
trattati la comparsa alterazioni morfologiche nella zona della coda,
dovute, secondo gli autori, all’attivazione dell’apoptosi. Ciò dimostra
la possibilità di utilizzare un interruttore magnetico controllato da
remoto anche in vivo, senza influenzare negativamente altri processi citologici.
Secondo le conclusioni degli autori, le applicazioni di questo studio
potrebbero essere estese ad altri recettori di membrana importanti in
altre situazioni cliniche, come nel caso dei recettori per il fattore di
crescita endoteliale nel campo della medicina rigenerativa o il
recettore Toll-like per il potenziamento del sistema immunitario.
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