domenica 12 agosto 2012

Il ginocchio si rinnova grazie ad una tecnica mini invasiva

Un viaggio nel mondo della Bio-Ortopedia

Alberto Gobbi

Praticare delle mini fratture alla cartilagine del ginocchio per rigenerarla. Può sembrare un controsenso invece è una nuova tecnica studiata da Alberto Gobbi, presidente della Fondazione OASI (Orthopaedic Arthroscopic Surgery International) – centro internazionale di studio delle cartilagini, dell’invecchiamento articolare e delle lesioni da sport con sede a Milano. In pratica l’ortopedico pratica dei piccoli fori nel ginocchio e inietta plasma ricco di piastrine Platelet Rich Plasma, e cellule mesenchimali che si attivano per riparare le lesioni....


La microfrattura è una tecnica che sfrutta la capacità delle cellule mesenchimali di autorinnovarsi e adattarsi a varie tipologie di tessuti, riparandoli. Creando dei piccoli fori nel ginocchio, il midollo osseo si diffonde nell’area danneggiata, rilasciando cellule staminali che vanno a formare gradualmente nuovo tessuto. Alberto Gobbi e i suoi collaboratori hanno seguito per oltre 20 anni pazienti operati con questa tecnica, evidenziando un significativo miglioramento funzionale, specialmente in quelli più in là con l’età che hanno visto alleviare i sintomi e ritardare altri interventi più invasivi.
Alberto Gobbi

Alberto Gobbi ha studiato le cellule mesenchimali anche in abbinamento a fattori di crescita, il cosiddetto PRP (Platelet  Rich Plasma), cioè nel plasma ricco di piastrine. I risultati hanno dimostrato che la combinazione di queste due tecniche consente di accelerare e incrementare le capacità rigenerative delle cellule contenute nei tessuti cartilaginei del ginocchio e quindi di migliorare i risultati e i tempi di recupero dopo l’intervento chirurgico.

Tra le novità più promettenti presentate dal medico in due congressi – all’International Sport Medicine Fellows Conference, tenutosi a Carlsbad dal 27 al 29 gennaio, e al congresso annuale dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons, a San Francisco dal 6 al 9 febbraio – anche l’utilizzo di acido ialuronico, anche in combinazione con i campi elettromagnetici pulsati. 

Il primo agisce come lubrificante e consente di assorbire i dolorosi attriti generati dal contatto tra due superfici cartilaginee, regolando allo stesso tempo il flusso linfatico. I campi elettromagnetici pulsati creano invece specifici campi elettrici per favorire la proliferazione delle cellule del tessuto cartilagineo, dette condrociti, esercitando un potente effetto anti-infiammatorio. Secondo gli  studi di Gobbi, l’abbinamento dei due approcci porta risultati clinici migliori rispetto al loro utilizzo singolo, con tempi di recupero drasticamente ridotti dopo l’intervento chirurgico.

«Si tratta di tecniche nuove, che stiamo studiando con grande attenzione in tutta Europa, applicando conoscenze già acquisite in altri campi della medicina all’ortopedia – ha commentato Alberto Gobbi -. Queste tecniche consentono nei casi più lievi di ridurre il dolore e accelerare il recupero, mentre nei casi più gravi sono dei potenti alleati durante e dopo l’intervento chirurgico. Usando materiale facilmente reperibile al posto delle protesi, permettono approcci mini-invasivi con risultati clinici sorprendenti e un netto miglioramento della qualità della vita delle tante persone alle prese con problemi alle cartilagini, dai giovani atleti agli anziani con gravi problemi di artrite».

scritto da:  in CureRicerca | Permalink

 ITALIA - Staminali per la cartilagine del ginocchio. Il punto della situazione

31 gennaio 2011 
Riparare la cartilagine del ginocchio attraverso una semplice iniezione: direttamente nell'articolazione "entrano" cellule in grado di svolgere un'azione riparatrice e protettiva, in virtu' della loro natura. Si tratta di cellule mesenchimali, cioe' cellule in grado di differenziarsi, che provengono dal tessuto adiposo. 

Su questa opportunita' di cura dell'osteoartrite, comunemente detta artrosi, malattia degenerativa della cartilagine che ha oggi la protesi come unica soluzione a lungo termine, lavora Adipoa, consorzio europeo riunito da domani all'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna per fare il punto sui risultati sinora raggiunti. 

"Gli studi preclinici stanno dando buoni esiti", spiega il professor Andrea Facchini, direttore del Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale del Rizzoli, "La scelta del tessuto adiposo si conferma valida, in quanto le cellule staminali che se ne ricavano si sono dimostrate in grado di rilasciare fattori di crescita che portano alla riparazione della cartilagine danneggiata. 

Inoltre stiamo verificando, in collaborazione con i partner del progetto che le produrranno, la sicurezza delle cellule trattate: in pratica, prima di passare alla sperimentazione con i pazienti, dobbiamo essere convinti che l'isolamento e la crescita delle cellule ricavate dal tessuto adiposo in laboratorio non provochino danni al loro patrimonio genetico, rendendo il trattamento sicuro". 

Una volta appurati tutti questi aspetti, il progetto Adipoa, avviato un anno fa sotto il coordinamento dell'Universita' di Montpellier con un finanziamento dell'Unione Europea di oltre 9 milioni di euro, previa approvazione delle Autorita' regolatorie europee, passera' alla fase clinica, che prevede la sperimentazione con pazienti affetti da osteoartrite avanzata al ginocchio.

Tratto da: http://salute.aduc.it/staminali/notizia/staminali+cartilagine+ginocchio+punto+della_121912.php


   I bioreattori per la rigenerazione ossea con autotrapianti



Alcuni ricercatori finanziati dall'UE hanno sviluppato un bioreattore per la rigenerazione del tessuto osseo all'interno della struttura ospedaliera, ottenuta dalle cellule staminali dello stesso paziente. Le implicazioni in termini di migliore qualità di vita del paziente e di minori costi sanitari sono sorprendenti.

L'ingegnerizzazione del tessuto osseo è un campo relativamente nuovo che trae il suo fondamento dalle difficoltà che si affrontano quando si ripristina la funzione ossea con modalità convenzionali.

Tra i trattamenti più utilizzati in passato rientra l'impiego di autotrapianti, ovvero trapianti dallo stesso paziente. Tuttavia, la procedura imponeva due interventi chirurgici, aumentando rischi e complicazioni.

La rigenerazione attraverso l'impiego di materiali di impianto artificiale è particolarmente promettente ma è incorsa in numerosi ostacoli nella transizione dal laboratorio alla pratica clinica. Tra i principali impedimenti, si possono citare i costi elevati, la non riproducibilità dovuta a standard inadeguati e le difficoltà tecniche inerenti al trasferimento di tessuto dalle "fabbriche delle cellule" agli ospedali.

Alcuni ricercatori europei si sono proposti di combinare insieme i concetti di "fabbrica delle cellule" e di autotrapianto nell'ambito di unità di produzione ospedaliere automatizzate, avvalendosi del finanziamento del progetto Autobone.

Gli scienziati hanno sviluppato bioreattori da utilizzare negli ospedali stessi. I reattori hanno attivato strutture (scaffold) porose appositamente progettate, servendosi di cellule staminali del midollo osseo del paziente, al fine di produrre materiale osseo per autotrapianto. I prototipi sono stati convalidati su grandi modelli animali.

La commercializzazione dei reattori Autobone potrebbe incidere notevolmente sulla qualità di vita dei pazienti e sui costi sanitari. Inoltre, l'estensione alla rigenerazione di altri tipi di tessuti presenta entusiasmanti prospettive per il ripristino di funzioni per migliaia di casi in futuro.

Paese: ITALIA
http://cordis.europa.eu/fetch?CALLER=OFFR_TM_IT&ACTION=D&RCN=9105


 






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