....Ha inventato il frigorifero senza corrente: in Usa la svolta alla carriera. A 23 anni
Caterina Falleni, 23 anni, di Livorno, con il suo progetto ha vinto una borsa di studio presso il centro di ricerca NASA. Nella Silicon Valley ha scoperto un mondo in cui progettualità e nuove idee sono in simbiosi: impossibile tornare indietro
di Paola Guarnieri
La differenza tra gli Stati Uniti e l’Italia? Caterina Falleni, livornese, 23 anni, appena rientrata dalla Silicon Valley, la spiega così: ”Il primo giorno in un’università italiana il direttore ha salutato gli studenti con queste parole: ‘Ragazzi, guardatevi intorno perché il 70 per cento di voi non riuscirà a passare l’anno’. Stessa scena in America, solo che il capo dell’istituto ha esordito dicendo: ‘Ragazzi se siete qui è perché siete i migliori, siete forti e siete il futuro. Guardatevi intono perché le relazioni che stringete adesso vi accompagneranno e vi sosterranno per tutta la vita’”. Prima della California Caterina Falleni aveva già conosciuto l’estero: era stata in Finlandia, grazie al programma Erasmus, poi a Rotterdam, con uno stage di quattro mesi in uno studio di design. Infine, quest’estate, la California presso il centro di ricerca della Nasa. L’Italia oggi per lei è una parentesi destinata a chiudersi presto.
“Devo finire l’Università, ma conto di tornare in California per sviluppare il mio progetto. Forse potrei farlo anche a casa mia, ma sarei più frustrata perché incontrerei enormi difficoltà che rallenterebbero il mio lavoro”. Il progetto di cui parla si chiama Freijis, un frigorifero che funziona senza corrente. E’ il risultato dei 4 anni di studio presso l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Firenze, ma soprattutto l’invenzione che le ha permesso di vincere la borsa di studio presso il centro di ricerca NASA della Silicon Valley. “L’idea mi è venuta in Africa studiando alcune strutture fatte con materiali porosi come il fango o la terracotta. Strutture che utilizzano il processo chiamato evaporative cooling, lo stesso per il quale la temperatura nel nostro corpo si abbassa nel momento in cui avviene la sudorazione. Ho associato questa tecnologia con dei materiali che si chiamano PCM. Così è nato Freijis”. Dopo la presentazione del progetto, che ha già suscitato l’interesse di alcune aziende italiane, Caterina è partita per la California dove ha trascorso l’estate in compagnia di ricercatori provenienti da tutto il mondo. “Insieme ad un ragazzo americano dell’università, un artista, hacker e programmatore, abbiamo elaborato un progetto nel settore delle biotecnologie. Si chiama X&Y Genomics e riguarda la possibilità di sequenziare il DNA umano per prevenire alcune malattie. Abbiamo messo insieme scienza, tecnologia e design in modo che tutti possano accedere alle proprie informazioni genetiche. In più queste visualizzazioni possono essere stampate in 3D ed essere indossate come un gioiello”.
Le idee non le mancano e gli stimoli ricevuti durante l’esperienza americana sono ancora vivissimi. Quanto alle differenze con l’Italia, non ha dubbi. “A Livorno, prima di partire avevo provato a bussare alle porte della Provincia, della Regione, per cercare di coinvolgerli in quest’avventura americana, ma ho trovato enormi difficoltà, tanta diffidenza e poca trasparenza. In California ho cenato con i fondatori di Google Earth e improvvisato con loro sedute di brainstorming davanti ad una bistecca con ai piedi un paio di infradito. E’ incredibile come, in poco tempo, riesci a parlare con tante persone che possono dare seguito ai tuoi progetti e senza nessuna fatica. Sarà perché spesso gli interlocutori sono ragazzi che non si fanno problemi a parlare di lavoro con una persona qualsiasi senza sapere da dove venga o cosa faccia”. Eppure, anche quando conferma che tornerà negli Stati Uniti per continuare a realizzare i suoi progetti, lo dice con un filo di tristezza. “Il mio Paese è e sarà sempre l’Italia. Il livello di cultura e di storia che si respira in ogni vicolo, città, villaggio è incomparabile così come le persone che incontri, hanno un approccio profondamente umano. Ma quando si tratta di lavorare è un’altra cosa”.
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