All’Expo la macchina che trasforma l’aria in acqua
All’ Expo arriva la macchina della pioggia. Un sistema pluribrevettato per produrre acqua a partire dall’ aria, anche in assenza di energia elettrica. Dunque utilizzabile nelle zone più aride del pianeta. A presentarla, al padiglione della Svizzera, in una giornata di caldo torrido, è la Seas, società di ingegneria italo elvetica, guidata da un imprenditore piemontese, Graziano Giacomini.
La macchina, frutto di quattro brevetti, è in grado di catturare l’ umidità presente nell’ atmosfera e trasformarla in acqua potabile di alta qualità. Il processo può avvenire ovunque, anche in assenza di energia elettrica: il macchinario, infatti, può essere alimentato con dei comuni pannelli fotovoltaici e assicura la produzione di «oro blu» praticamente all’ infinito. La vita utile è di vent’ anni, estendibili a trenta con una normale manutenzione.
Con il sistema brevettato dalla Seas e battezzato Awa, Air to water to air, si può ottenere acqua potabile di elevata qualità, arricchita di sali minerali su specifica ricetta, oppure acqua per uso agricolo, destinata all’ irrigazione o agli allevamenti. Ma pure acqua distillata per uso alimentare, farmaceutico, ospedaliero e industriale.
Quattro modelli – Esistono quattro modelli diversi di «macchina della pioggia». Quello basico, costo 200mila euro, riesce a produrre 2.500 litri d’ acqua al giorno. Il più potente addirittura 10mila. La macchina dell’ oro blu estrae il prezioso liquido dall’ aria utilizzando il processo di condensazione, simile a quello per il quale i comuni condizionatori d’ aria producono acqua di scarto. Ma l’ analogia finisce qui: la tecnologia utilizzata dalla Seas è tale da ottenere il 35% in più di liquido rispetto agli impianti simili sperimentati finora.
Da 5 a 50 gradi – L’ utilizzo è possibile praticamente ovunque e con temperature da 5 a 50 gradi centigradi. La resa varia in funzione della temperatura ambientale e del grado di umidità presente nell’ aria. Per ogni metro cubo di atmosfera «digerita» dal macchinario si ottengono da 5 a 35 grammi di liquido. Il costo del modello base è di 200mila euro, chiavi in mano. Dunque, ipotizzando una vita operativa di 20 anni, all’ acquirente costerebbe circa 27,40 euro al giorno. E ogni litro d’ acqua circa un centesimo. Ma grazie ai «sottoprodotti» del processo, questi costi si possono abbattere quasi a zero. «Abbiamo raggiunto un importante traguardo scientifico e tecnologico», spiega a Libero l’ ignegner Rinaldo Bravo, direttore generale della startup svizzera, «tra gli aspetti più interessanti c’ è indubbiamente quello energetico: non solo i nostri sistemi possono tutti essere alimentati con energie rinnovabili, come l’ eolico e il solare, ma la nostra tecnologia è anche in grado di sfruttare l’ energia impiegata nella produzione di acqua per generare gratuitamente aria fresca e riscaldamento. Azzerando i costi energetici e ammortizzando quelli dell’ impianto».
Aria fresca – I sottoprodotti del processo diventano fondamentali nel caso in cui l’ apparecchio venga installato, come è accaduto ad Abu Dhabi, in un albergo: oltre a garantire l’ acqua per gli ospiti sono disponibili a costo zero da 8mila a 32mila metri cubi l’ ora di aria fresca per il condizionamento dei locali e da 2mila a 8mila litri ora di acqua calda. Quindi il costo di un centesimo al litro è puramente teorico e si può applicare agli impianti che non riescano a sfruttare aria fresca e acqua calda.
Nelle installazioni destinate agli ambienti più critici come i territori inospitali e quelli desertici, la macchina dell’ acqua viene controllata in tempo reale dal quartier generale della Seas, situato a Riva San Vitale, nel Canton Ticino. Ogni unità comunica via satellite i dati rilevanti sul funzionamento dei singoli apparati e sulla qualità del liquido prodotto. In caso di anomalia o malfunzionamento vengono predisposti gli interventi necessari.
Campi profughi, terreni non raggiunti dall’ energia elettrica, isole prive di acqua, zone desertiche: i contesti applicativi delle nuova tecnologia tenuta a battesimo ieri dalla Svizzera all’ Expo, sono praticamente infiniti. E ora non si dica più che all’ esposizione universale non si parla mai di cose serie.
di Adriano Bascapè
Fonte: liberoquotidiano
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