Un innovativo strumento per regolare l’espressione di geni “impazziti”: è la soluzione suggerita da un gruppo di ricercatori americani, che promettono in futuro di curare malattie genetiche con il clic di un particolare telecomando e l’impiego delle nanotecnologie.
La ricerca genetica di frontiera segna un altro importante traguardo con una ricerca appena pubblicata sul prestigioso settimanale Science
a opera di un’équipe di ricerca della Rockfeller University, del
Rensselaer Polytechnic Institute e dell’Howard Hughes Medical Institute,
negli Stati Uniti. Si tratta di un novo metodo per sollecitare
l’espressione genica, attivando cioè a comando determinati geni del DNA
delle cellule: in questo modo diventa possibile curare diverse malattie
genetiche e, più in generale, risolvere tutti i problemi, grandi o
piccoli, legati a un difetto di espressione di un gene.
Bisturi genetico a radiofrequenze
In realtà, ricerche sull’espressione genica a comando non sono nuove,
e in molti casi sono già giunte a un certo grado di operatività, ma
attraverso mezzi piuttosto rozzi, di solito applicando degli elettrodi
che stimolano direttamente le cellule. In questo modo, tuttavia, non si
riesce a colpire direttamente l’obiettivo e, dovendo mantenere spesso in
permanenza gli elettrodi, si rischiano danni ai tessuti cellulari. Un
metodo più raffinato consiste nel portare sulle cellule bersaglio delle
sostanze sensibili alla luce, che agisce come interruttore. Ma le
cellule sono impermeabili alla luce, a meno che non si utilizzino fibre
ottiche. E si torna al problema di prima.
Per ovviare a questi limiti, i ricercatori sono invece riusciti a realizzare un vero e proprio telecomando,
che sfrutta onde radio a bassa e media frequenza capaci di penetrare in
profondità nelle cellule, interagendo direttamente con il codice
genetico senza produrre danni al contorno. Il tutto è possibile grazie
alle ricerche di frontiera nelle nanotecnologie, che promettono di
risolvere moltissimi problemi medici: nella fattispecie, nanoparticelle
di ossido di ferro vengono rivestite con anticorpi in grado di legarsi a
un epitopo (parte di un antigene) delle cellule bersaglio. Quando il
telecomando viene attivato, le radiofrequenze riscaldano le
nanoparticelle – ma non i tessuti cellulari – che a loro volta
rilasciano gli anticorpi, i quali vanno a interagire con le parti della
cellula che si vogliono colpire. Si attivano i geni specifici, e la
produzione di proteine “regolamentata” dal gene.
Finora, questo sistema è stato impiegato su topi
geneticamente modificati per far sì che le loro cellule siano
maggiormente sensibili all’azione delle nanoparticelle.
Bisognerà quindi risolvere i problemi legati all’applicazione del
sistema sugli esseri umani, ma in teoria il meccanismo sembra
funzionare. “Questo sistema rappresenta un primo passo verso il
controllo non invasivo della produzione di proteine a possibili fini
terapeutici”, spiega Sarah A. Stanley, prima firmataria del lavoro.
“Riuscendo a definire un mezzo pratico per la consegna delle
nanoparticelle, questo approccio potrebbe essere teoricamente utilizzato
per trattare le deficienze proteiche garantendo l’espressione regolata
di proteine che sono difficili da sintetizzare o da somministrare”.
Una cura per le malattie genetiche?
L’espressione genica è ciò che avviene quando l’informazione
contenuta all’interno di un gene, a sua volta parte del DNA, porta alla
produzione di una proteina. Sostanzialmente è così che si crea e
funziona il nostro corpo: ogni gene possiede il manuale d’istruzioni
per la produzione di particolari macromolecole, generalmente proteine,
che vanno a regolare tutte le funzioni del nostro organismo. Quando uno
di questi geni non funziona bene, l’istruzione non viene inviata o viene
codificata in maniera errata, interrompendo la sinterizzazione di
proteine o producendo materiali “sbagliati”. Ciò è alla base di numerose
malattie che in prospettiva potranno essere curate con il bisturi a
radiofrequenze.
Per esempio, pochi giorni fa sulla rivista Cell è stato pubblicato uno studio che collega l’espressione genica alla distrofia muscolare.
La distrofia muscolare Fshd (facio-scapolo omerale) è legata
all’assenza di una regione del cromosoma 4 all’interno del DNA.
L’assenza di questa parte di DNA provoca nei geni vicini un aumento
“schizofrenico” della produzione proteica, attraverso un RNA non
codificante. Bloccando quest’ultimo, è possibile ottenere una
normalizzazione dell’espressione dei geni dei pazienti affetti da
distrofia Fshd. In futuro, impiegando il telecomando genico, sarà
possibile bloccare l’RNA non codificante e mettere a posto il problema.FONTE http://scienze.fanpage.it/terapie-genetiche-con-un-clic-del-telecomando/
http://lombardimistero.wordpress.com/category/il-pianeta-sconosciuto/
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