L'Fbi ci scheda tutti:
nella banca dati le foto di 100 milioni di persone
(e altri 400 miliardi grazie a Facebook)
nella banca dati le foto di 100 milioni di persone
(e altri 400 miliardi grazie a Facebook)
tratto da: http://www.ilsole24ore.com/
Il
crescendo ha dell'incredibile: nell'ottobre del 2008 erano 10 miliardi,
nel 2010 hanno superato i 250 miliardi e adesso hanno sfondato il
tetto dei 400 miliardi. Parliamo delle fotografie digitali di Facebook.
Che ritraggono i 955 milioni di suoi utenti, ma anche loro amici o
conoscenti.
La
società di Mark Zuckerberg non è l'unica a celebrare l'album
fotografico più ricco al mondo. Con Facebook hanno motivo di esultare
anche i servizi di intelligence di mezzo mondo.
A
partire dall'americana National Security Agency, l'agenzia di
spionaggio elettronico più potente della Terra. Che non deve certamente
chiedere "amicizia" a nessuno per accedere a quelle foto. E che da anni
ha un programma di riconoscimento facciale in grado di identificare
automaticamente qualunque persona. Lo pubblicizza il suo stesso sito,
pur tenendo segreto qualsiasi dettaglio.
Il
Federal Bureau of Investigation (Fbi) è meno riservato: ha dichiarato
apertamente di aver cominciato ad ampliare con fotografie elettroniche
la propria bancadati di impronte digitali - l'Integrated Automated
Fingerprint Idenfication System, o Iafis. Il Bureau ha anche
riconosciuto di avere un'unità speciale, la Forensic Audio, Video and
Image Analysis Unit, o Faviau, che sta sviluppando nuove tecnologie
biometriche.
Il passo successivo sia per l'una che per l'altra agenzia di intelligence americana sarà di integrare quelle funzioni nelle strumentazioni di bordo degli "aeromobili a pilotaggio remoto", i cosiddetti droni. Seppure si sia finora venuti a conoscenza del loro ruolo in operazioni militari, i droni sono utilizzati anche in campo civile.
Non ci riferiamo soltanto al pattugliamento del confine con il Messico, ormai prassi consolidata del Dipartimento di Homeland Security. Ma a episodi come quello avvenuto nel Nord Dakota, dove un Predator è stato utilizzato dalle teste di cuoio statali per catturare sei membri della famiglia Brossart.
Il passo successivo sia per l'una che per l'altra agenzia di intelligence americana sarà di integrare quelle funzioni nelle strumentazioni di bordo degli "aeromobili a pilotaggio remoto", i cosiddetti droni. Seppure si sia finora venuti a conoscenza del loro ruolo in operazioni militari, i droni sono utilizzati anche in campo civile.
Non ci riferiamo soltanto al pattugliamento del confine con il Messico, ormai prassi consolidata del Dipartimento di Homeland Security. Ma a episodi come quello avvenuto nel Nord Dakota, dove un Predator è stato utilizzato dalle teste di cuoio statali per catturare sei membri della famiglia Brossart.
Dopo
aver saputo di essere ricercati dalla polizia per un sospetto furto di
bestiame, i sei si erano dati alla latitanza armati fino ai denti. E
solo grazie all'occhio aereo del Predator la polizia è riuscita a
individuarli e catturarli.
Ma è
appena l'inizio. Secondo un rapporto pubblicato il 6 settembre scorso
dall'ufficio studi del Congresso, «le varie agenzie federali hanno in
programma di aumentare sensibilmente l'uso di veicoli a pilotaggio
remoto». Sia nei cieli americani che in quelli stranieri.
Nel
marzo 2002 John Poindexter, l'ex consigliere alla sicurezza di Ronald
Reagan coinvolto nello scandalo Iran-Contras, propose all'allora
direttore della Nsa Michael Hayden un super-programma di sorveglianza
inteso a integrare comunicazioni con transazioni finanziarie e
commerciali, intercettazioni telefoniche sia fisse che mobili e immagini
elettroniche. Divenuta di dominio pubblico, la proposta fu
ufficialmente accantonata.
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