USA: dopo lo shutdown si teme il default.
4 OTTOBRE 2013
Il pulsante centrale di windows è quello dello spegnimento, lo SHUTDOWN che i giornalisti hanno cominciato ad usare per indicare quello che sta succedendo al governo degli Stati Uniti.
Si spengono i computer, lo show è finito per mancanza di soldi.
Entro il 17 ottobre vedremo cosa ci riserva la storia.
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Negli Stati Uniti è il terzo giorno di shutdown, vale a dire il terzo giorno di paralisi per la gran parte dei servizi offerti dal governo americano. E se, da una parte, la Casa Bianca, parla di “dramma”, dall’altra parte aumenta lo scontento dei cittadini, la cui fiducia verso il Congresso è calata ai minimi storici.
In base a un sondaggio della Cbs, il 72 per cento degli statunitensi disapprova che si sia arrivati alla chiusura del governo per il muro contro muro fatto tra repubblicani e democratici sull’Obamacare. Il 44 per cento dà la colpa dello stallo ai repubblicani, mentre il 35 per cento considera responsabili i democratici e il presidente Barack Obama. Infine, il 17 per cento punta il dito contro entrambi i partiti del Congresso.
Il problema che ora Obama teme di più, e non solo lui, è che entro il 17 ottobre dovrà essere approvato l’innalzamento del tetto del debito, ma un accordo tra repubblicani e democratici sembra ancora molto lontano. Se non dovesse essere trovato un punto comune le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi di quelle provocate dallo shutdown scattato martedì: si tratterebbe del primo default tecnico della storia americana, con le casse dello Stato vuote e l’impossibilità di pagare stipendi e pensioni. “Bisogna evitare una catastrofe finanziaria” ha affermato Obama, che, oltretutto si è detto pronto a scendere a compromessi: “Sono pronto a trattare, ma solo dopo che il governo avrà riaperto”.
Intanto il Tesoro Usa lancia l’allarme: il possibile default avrebbe il “potenziale di essere catastrofico”, un evento senza precedenti che potrebbe dar vita a una crisi finanziaria e a una recessione simili, se non peggiori, a quelle del 2008.
Anche le previsioni del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea non sono ottimiste, anzi. Lo stallo statunitense rischia di compromettere la ripresa globale. Si tratta di uno scenario che nessuno può permettersi, soprattutto in un momento come questo di minima crescita e dopo aver attraversato la più grave crisi economica del dopoguerra.
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