Benvenuti nella dittatura europea. Spagna: violente proteste contro la legge anti-manifestazioni
15 dic 2013 -
Il presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, continua a negare che la
legge sulla Sicurezza Cittadina miri a imbavagliare i movimenti di opposizione
da anni in campo contro le politiche economiche dell’esecutivo dettate dalla
troika. Il leader della destra ha assicurato che, anzi, obiettivo del PP è
garantire la “sicurezza e la libertà” per i cittadini. Però basta scorrere gli
articoli previsti nel progetto di legge che presto sarà al vaglio del Consiglio
dei Ministri per notare che nel mirino del provvedimento ci sono i cosiddetti
escaches,
cioè le
manifestazioni contro i rappresentanti della classe politica e i manager
accusati di mandare al macello sfrattati e utenti dei servizi pubblici tagliati
o chiusi causa austerity. Insieme a forme di disobbedienza civile o resistenza
pacifica che hanno contraddistinto molte delle recenti mobilitazioni dei
movimenti contro gli sfratti, contro i tagli all’istruzione o alla sanità,
contro la repressione. Reati finora considerati lievi – anche se spesso puniti
duramente attraverso una interpretazione restrittiva e peggiorativa delle norme
di legge esistenti –
diventerebbero reati gravi. Una
manifestazione non autorizzata davanti al parlamento o ad un’altra sede
istituzionale o un blocco stradale potrebbero quindi costare ai promotori delle
proteste alcuni anni di carcere. Inoltre la legge stabilisce il divieto per i
cittadini di fotografare o riprendere ciò che fa la polizia. Un divieto
inaccettabile per le opposizioni che parlano del ritorno a Madrid di uno ‘stato
di polizia’.
La legge non
prende di mira solo le manifestazioni e le proteste, ma interviene duramente
anche nei confronti della vita sociale: prevede l’espulsione delle prostitute
dai centri urbani e il divieto di bere alcolici in pubblico, in un paese in cui
il botellòn è diventato un abitudine per i giovani che non hanno certo i soldi
per frequentare costosi locali alla moda. Ma il ministro degli Interni Jorge
Fernandez Diaz ha pensato anche a inserire misure contro gli scioperi dei
tassisti o dei trasporti pubblici.
La classe
politica spagnola e le oligarchie della finanza e dell’industria hanno paura, si
sentono deboli, e affidano al codice penale e agli apparati repressivi la
propria difesa.
Proprio mentre
un tribunale europeo – quello dei Diritti Umani – sta obbligando Madrid a
scarcerare militanti dell’Eta e del Grapo dopo la bocciatura di una legge che
aumentava abusivamente le pene detentive, il governo si dota di un nuovo sistema
repressivo che estende a tutto il paese la filosofia emergenzialista da sempre
adottata contro i movimenti sociali e politici baschi. Non serve neanche più una
giustificazione – come quella della necessità del contrasto della lotta armata
dei baschi o dei gruppi spagnoli antifascisti – per eliminare ogni forma di
tolleranza nei confronti delle proteste da alcuni anni in crescita ma che finora
si sono limitate a forme tutto sommato soft seppur continue e a volte dai grandi
numeri.
La “ley de
seguridad ciudadana” – 55 articoli che sostituiranno la legge precedente, varata
nel 1992 e denominata ‘Ley Corcuera’ dal nome del ministro socialista che la
promosse - costituisce una esagerazione così evidente in un contesto pure
contraddistinto da una democrazia vigilata e incompleta che gli stessi
socialisti del Psoe hanno ribattezzato il provvedimento di ‘repressione del
cittadino’ definendolo “improprio di un sistema democratico”. Assai più duri i
movimenti sociali e i partiti di sinistra. Il comunista Julio Anguita – ex
coordinatore generale di IU – ha detto a Radio Euskadi che la Spagna sta vivendo
un “colpo di stato incruento” e che la legge che serve a mantenere l’ordine
pubblico è “l’anticamera del fascismo e dell’orrore”.
Esattamente 38
anni fa il presidente del governo Arias Navarro annunciò in lacrime in tv che il
dittatore era morto. La sua breve frase – “Espanoles, Franco ha muerto” – rimase
nella storia. Ma a decenni di distanza il fantasma del caudillo aleggia ancora
nel paese stretto nella morsa del Fondo Monetario e delle Commissione
Europea.
Ad ottobre il
commissario europeo ai Diritti Umani, Nils Muiznieks, criticò il governo
spagnolo per il suo ricorso ad un "uso eccessivo della forza" per reprimere
manifestazioni pacifiche, e denunciò la continuazione dell’utilizzo della
tortura da parte dei vari corpi di polizia e una buona dose di omertà che
impedisce la punizione di coloro che negli apparati di sicurezza si macchino di
abusi. In Catalogna ad esempio otto Mossos d’Esquadra – la polizia autonoma
locale – sono sotto accusa per un pestaggio che causò la morte di un giovane
imprenditore – ma difficilmente verranno puniti adeguatamente, così come coloro
che hanno ammazzato il giovane basco Inigo Cabacas a Bilbao dopo una partita di
calcio. Ma tra le critiche e i rimbrotti delle istituzioni europee e l’adozione
di provvedimenti reali contro gli abusi da parte di Madrid ce ne passa. Anche
perché tutti i governi europei stanno in qualche modo varando controriforme
delle leggi sul diritto di manifestazione che pongano un freno alle crescenti
proteste contro i tagli e l’austerità.
Più volte
alcuni spezzoni dei movimenti sociali hanno denunciato il giro di vite e il
tentativo da parte delle classi dirigenti di rendere di fatto impossibile la
protesta e l’opposizione se non in forme poco più che simboliche. Ma se vorrà
salvaguardare il diritto di manifestazione e di espressione il cosiddetto
‘movimento degli indignados’ e gli altri movimenti politici e sociali dovranno
fare un salto di qualità, e in fretta. Prima che sia troppo tardi.
15 dic 2013 -
Il presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, continua a negare che la
legge sulla Sicurezza Cittadina miri a imbavagliare i movimenti di opposizione
da anni in campo contro le politiche economiche dell’esecutivo dettate dalla
troika. Il leader della destra ha assicurato che, anzi, obiettivo del PP è
garantire la “sicurezza e la libertà” per i cittadini. Però basta scorrere gli
articoli previsti nel progetto di legge che presto sarà al vaglio del Consiglio
dei Ministri per notare che nel mirino del provvedimento ci sono i cosiddetti
escaches,
cioè le manifestazioni contro i rappresentanti della classe politica e i manager accusati di mandare al macello sfrattati e utenti dei servizi pubblici tagliati o chiusi causa austerity. Insieme a forme di disobbedienza civile o resistenza pacifica che hanno contraddistinto molte delle recenti mobilitazioni dei movimenti contro gli sfratti, contro i tagli all’istruzione o alla sanità, contro la repressione. Reati finora considerati lievi – anche se spesso puniti duramente attraverso una interpretazione restrittiva e peggiorativa delle norme di legge esistenti –
diventerebbero reati gravi. Una manifestazione non autorizzata davanti al parlamento o ad un’altra sede istituzionale o un blocco stradale potrebbero quindi costare ai promotori delle proteste alcuni anni di carcere. Inoltre la legge stabilisce il divieto per i cittadini di fotografare o riprendere ciò che fa la polizia. Un divieto inaccettabile per le opposizioni che parlano del ritorno a Madrid di uno ‘stato di polizia’.
cioè le manifestazioni contro i rappresentanti della classe politica e i manager accusati di mandare al macello sfrattati e utenti dei servizi pubblici tagliati o chiusi causa austerity. Insieme a forme di disobbedienza civile o resistenza pacifica che hanno contraddistinto molte delle recenti mobilitazioni dei movimenti contro gli sfratti, contro i tagli all’istruzione o alla sanità, contro la repressione. Reati finora considerati lievi – anche se spesso puniti duramente attraverso una interpretazione restrittiva e peggiorativa delle norme di legge esistenti –
diventerebbero reati gravi. Una manifestazione non autorizzata davanti al parlamento o ad un’altra sede istituzionale o un blocco stradale potrebbero quindi costare ai promotori delle proteste alcuni anni di carcere. Inoltre la legge stabilisce il divieto per i cittadini di fotografare o riprendere ciò che fa la polizia. Un divieto inaccettabile per le opposizioni che parlano del ritorno a Madrid di uno ‘stato di polizia’.
La legge non
prende di mira solo le manifestazioni e le proteste, ma interviene duramente
anche nei confronti della vita sociale: prevede l’espulsione delle prostitute
dai centri urbani e il divieto di bere alcolici in pubblico, in un paese in cui
il botellòn è diventato un abitudine per i giovani che non hanno certo i soldi
per frequentare costosi locali alla moda. Ma il ministro degli Interni Jorge
Fernandez Diaz ha pensato anche a inserire misure contro gli scioperi dei
tassisti o dei trasporti pubblici.
La classe
politica spagnola e le oligarchie della finanza e dell’industria hanno paura, si
sentono deboli, e affidano al codice penale e agli apparati repressivi la
propria difesa.
Proprio mentre
un tribunale europeo – quello dei Diritti Umani – sta obbligando Madrid a
scarcerare militanti dell’Eta e del Grapo dopo la bocciatura di una legge che
aumentava abusivamente le pene detentive, il governo si dota di un nuovo sistema
repressivo che estende a tutto il paese la filosofia emergenzialista da sempre
adottata contro i movimenti sociali e politici baschi. Non serve neanche più una
giustificazione – come quella della necessità del contrasto della lotta armata
dei baschi o dei gruppi spagnoli antifascisti – per eliminare ogni forma di
tolleranza nei confronti delle proteste da alcuni anni in crescita ma che finora
si sono limitate a forme tutto sommato soft seppur continue e a volte dai grandi
numeri.
La “ley de
seguridad ciudadana” – 55 articoli che sostituiranno la legge precedente, varata
nel 1992 e denominata ‘Ley Corcuera’ dal nome del ministro socialista che la
promosse - costituisce una esagerazione così evidente in un contesto pure
contraddistinto da una democrazia vigilata e incompleta che gli stessi
socialisti del Psoe hanno ribattezzato il provvedimento di ‘repressione del
cittadino’ definendolo “improprio di un sistema democratico”. Assai più duri i
movimenti sociali e i partiti di sinistra. Il comunista Julio Anguita – ex
coordinatore generale di IU – ha detto a Radio Euskadi che la Spagna sta vivendo
un “colpo di stato incruento” e che la legge che serve a mantenere l’ordine
pubblico è “l’anticamera del fascismo e dell’orrore”.
Esattamente 38
anni fa il presidente del governo Arias Navarro annunciò in lacrime in tv che il
dittatore era morto. La sua breve frase – “Espanoles, Franco ha muerto” – rimase
nella storia. Ma a decenni di distanza il fantasma del caudillo aleggia ancora
nel paese stretto nella morsa del Fondo Monetario e delle Commissione
Europea.
Ad ottobre il
commissario europeo ai Diritti Umani, Nils Muiznieks, criticò il governo
spagnolo per il suo ricorso ad un "uso eccessivo della forza" per reprimere
manifestazioni pacifiche, e denunciò la continuazione dell’utilizzo della
tortura da parte dei vari corpi di polizia e una buona dose di omertà che
impedisce la punizione di coloro che negli apparati di sicurezza si macchino di
abusi. In Catalogna ad esempio otto Mossos d’Esquadra – la polizia autonoma
locale – sono sotto accusa per un pestaggio che causò la morte di un giovane
imprenditore – ma difficilmente verranno puniti adeguatamente, così come coloro
che hanno ammazzato il giovane basco Inigo Cabacas a Bilbao dopo una partita di
calcio. Ma tra le critiche e i rimbrotti delle istituzioni europee e l’adozione
di provvedimenti reali contro gli abusi da parte di Madrid ce ne passa. Anche
perché tutti i governi europei stanno in qualche modo varando controriforme
delle leggi sul diritto di manifestazione che pongano un freno alle crescenti
proteste contro i tagli e l’austerità.
Più volte
alcuni spezzoni dei movimenti sociali hanno denunciato il giro di vite e il
tentativo da parte delle classi dirigenti di rendere di fatto impossibile la
protesta e l’opposizione se non in forme poco più che simboliche. Ma se vorrà
salvaguardare il diritto di manifestazione e di espressione il cosiddetto
‘movimento degli indignados’ e gli altri movimenti politici e sociali dovranno
fare un salto di qualità, e in fretta. Prima che sia troppo tardi.
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