AG.ENTRATE: lettere minatorie per 6 miliardi
Ormai
il fisco ha compiuto apertamente una scelta di campo: pur essendo una
paludata istituzione dello stato, ha fatto proprio lo stile minatorio
dei taglieggiatori, edulcorato solo dal tono apparentemente amicale
delle comunicazioni e dalle descrizioni che la dirigenza di vertice ha
dato dell’iniziativa ai media, presentandola come “fisco amico”.
L’amico che ti sorride, mettendoti una mano sulla spalla e
offrendoti un caffé al cianuro: “O mi paghi o ti distruggo l’attività”
questo significano le lettere pronte alla spedizione. Né più né meno.
E questa parrebbe essere l’idea brillante, il coniglio estratto dal cilindro della nuova stagione direttiva dell’Agenzia, del cui modus operandi autentico abbiamo già parlato in questo post, riportando le sconcertanti rivelazioni proprio di un ex dirigente “pentito”.
Ormai queste signore e signori che vogliono i nostri soldi
sono all’ultima spiaggia: la loro unica arma è la minaccia palese, della
peggior specie.
Siamo ancora d’accordo ad accordare consenso a costoro, che hanno scelto una tale, disonorevole strada?
Jervé
MI PAGHI O TI RIBALTO? – L’AGENZIA DELLE ENTRATE STA PER SPEDIRE DUEMILA LETTERE ALLE MEDIE E GRANDI IMPRESE ITALIANE “IPOTIZZANDO” UNA SERIE DI VIOLAZIONI FISCALI
E ANNUNCIANDO, SE NON SI PAGA SUBITO, PROCEDURE DI ACCERTAMENTO
L’OBIETTIVO È RECUPERARE SEI MILIARDI
Le lettere sono pronte, e debbono solo essere spedite. L’Agenzia
delle Entrate invierà nelle prossime settimane circa 2 mila missive di
avvertimento alle grandi imprese italiane e alle medie imprese che negli
anni scorsi risultavano ricomprese nella categoria superiore.
Chi le riceverà si troverà con tono molto amicale una sorta di avviso
di garanzia fiscale: l’Agenzia delle Entrate ipotizza una serie (in
molte ci saranno anche esempi di dettaglio) di possibili violazioni
compiute alla normativa fiscale ed è pronta ad avviare le procedure
classiche di accertamento, con tutto quel che ne potrebbe conseguire.
Dal tenore della lettera si comprende che l’Agenzia è pronta all’azione,
ma si lascia al grande contribuente la possibilità di evitare i guai
ben conosciuti.
Come? Rispondendo in tempi brevi alla lettera e dichiarandosi
disposto a regolarizzare le possibili mancanze fiscali individuate. Può
farlo senza grandi guai suppletivi nell’arco di quasi due anni.
L’operazione è stata illustrata dallo stesso nuovo direttore
del’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, durante una cena informale
con un gruppo di parlamentari (deputati e senatori) circa due settimane
fa.
Verrà presentata ovviamente come una sorta di «Fisco amico» nei
confronti dei grandi contribuenti, o per dirla in modo più tecnico, come
un tassello fondamentale del capitolo «tax compliance» che deriverebbe
dall’approvazione della legge delega in materia fiscale e dalle recenti
direttive arrivate dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Ma è chiaro che quelle duemila lettere hanno anche la funzione di
sollecitare nuove entrate nelle casse dello Stato contando sulla paura
di controlli che ogni impresa ha. E infatti si ipotizzano al momento
maggiori entrate oscillanti fra 5 e 6 miliardi di euro.
Per altro non è che nel 2014 stia brillando troppo l’attività di
contrasto all’evasione. Cade il Pil, si evade anche meno: c’è crisi
proprio per tutti, e la Agenzia delle Entrate non ne è immune. Nella
relazione sull’evasione fiscale che il ministero dell’Economia ha
allegato all’ultimo Def si rivela infatti come l’anno non sia iniziato
con risultati straordinari, anzi. «Nel corso del primo quadrimestre del
2014», scrive Padoan, «si è registrata una contrazione pari a 50 milioni
degli incassi derivanti da attività di liquidazione dell’imposta,
dovuta ad una riduzione dei versamenti diretti dello 0.69% e una
cospicua diminuzione della riscossione coattiva del 7,65%».
Nello stesso documento per altro si spiegava: «Ai fini del
miglioramento dell’attività di contrasto all’evasione, assumono
particolare rilevanza tutte le forme di contatto e comunicazione con i
contribuenti, idonee a migliorare il rapporto con il Fisco, in un’ottica
di fiducia, ai fini dell’innalzamento del livello di adempimento
spontaneo (c.d. tax compliance)».
Il ministero dell’Economia ha chiesto alla Agenzia delle Entrate di
consolidare «l’attività di analisi della posizione fiscale di ciascun
grande contribuente (attraverso il tutoraggio) in modo da assicurare una
maggiore efficacia del giudizio prognostico circa la maggiore o minore
rischiosità dei soggetti», compilando una sorta di lista di buoni e
cattivi sotto il profilo fiscale che costituisce la base analitica
proprio per la scelta del campione a cui inviare quelle duemila lettere.
Padoan ha spiegato al Parlamento che «saranno previsti sistemi di
gestione e controllo interno dei rischi fiscali da parte dei grandi
contribuenti. La loro esistenza consentirà un rapporto con il fisco
basato su maggiore trasparenza del contribuente circa il proprio
operato, un’interlocuzione più assidua con l’Amministrazione
Finanziaria, il chiarimento tempestivo di dubbi interpretativi: quindi,
maggiore certezza. Sarà potenziato il tutoraggio, anche nei confronti
dei contribuenti minori».
La richiesta sostanziale di presentarsi al fisco con le mani in alto
viene presentata dal governo come corollario delle nuove norme sul
ravvedimento operoso inserite nella legge di stabilità 2015, ma tutto
sembra meno che una strizzatina d’occhio ai contribuenti.
È evidente che i costi legali e organizzativi di subire un
accertamento, con i rischi che comporta il procedimento, potrebbe
convincere molte imprese ad aderire alla richiesta che arriva dalla
Agenzia delle Entrate, senza nemmeno provare a fare valere in modo così
costoso le proprie ragioni.
D’altra parte la stessa Agenzia ha percentuali di successo nel
settore piuttosto invidiabili. Nel 2013 ha eseguito a campione 2.981
accertamenti, e di questi 2.923 sono risultati positivi per l’Agenzia,
che ha portato alla luce imposte non pagate per 1,668 miliardi di euro.
di Franco Bechis
ICONICON
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