La falsa amicizia
Chi pratica il vampirismo energetico è una creatura che ha bisogno di sottrarre energia perché non è soddisfatta di sé e ritiene di non avere riserve proprie per affrontare il mondo che la circonda.
È qualcuno che, ancora in vita, si sente già ‘morto’, perché è segretamente convinto di essere una nullità, e si illude di mascherare questa sua vergogna agendo in modo tale da raggirare o umiliare gli altri ad ogni buona occasione. Ogni sua azione, ogni sua parola, ogni suo atteggiamento è funzionale a un "furto di energia".
Quello che chiamiamo Vampiro, in realtà, non è altro che una forza, che trova accesso in una persona in particolari condizioni psicologiche ed esistenziali. Chi cade preda di quella Forza, dunque, è certamente una persona, ma è anche un Vampiro, esattamente come un usuraio è indubitabilmente una persona, ma è anche un usuraio. La Forza-Vampiro si impossessa di una persona in seguito a sofferenze, delusioni, lacerazioni, e la manovra, spingendola ad ispirare tutte le azioni della sua vita alla filosofia vampirica. Questo non toglie nulla né alle responsabilità della persona-Vampiro (che ha lasciato entrare quella Forza, che ne sopporta la maligna presenza e che ne sfrutta tutta la malizia) né alle strategie di difesa e di contrattacco che è giusto adottare verso i vampiri.
Il Vampiro è soggetto a regole ferree: nel rubare energia deve dare in cambio alla sua vittima un "dono di potere", qualcosa che renda la vittima in qualche modo consenziente. Il dono di potere che il Vampiro ci fa più frequentemente è quello di prestarsi ad accordarci protezione: sui nostri vizi, sulle nostre bassezze, sulla nostra vergogna. Un tipo di gioco assolutamente folle, come la maggioranza dei giochi vampirici. Infatti, poiché egli concede il suo ‘favore’ solo in presenza di vizi, bassezze e vergogne, anche quando non ne abbiamo, dobbiamo darci da fare per procurarceli: solo così potremo ottenere la sua ‘copertura’. Ed ecco che, alla fine, ci ritroviamo ‘protetti’ dal Vampiro contro le conseguenze di problemi che prima non avevamo e senza i quali vivevamo benissimo...
L’aggressione vampirica lascia sempre pesanti tracce nella vittima, anche se quest’ultima, ignara dell’esistenza stessa del meccanismo, non le rileva, oppure le attribuisce a malesseri ed eventi concomitanti come il nervosismo, la tendenza alla malinconia, un improvviso blocco mentale, una debolezza personale, un difetto del carattere. La tipologia dei sintomi derivanti da un’invasione vampirica è molto articolata, ma la mancanza di abitudine ad analizzare certi stati d’animo crea una tendenza generalizzata a evitare il loro approfondimento. Ogni volta che sentiamo venire da dentro strani segnali, scatta il messaggio registrato che ci hanno insegnato: "Quanto sei complicato! Smettila di farti le paranoie!". Purtroppo, finché tratteremo così i nostri sentimenti, le nostre impressioni, le nostre intuizioni, non impareremo a difenderci dai Vampiri. Anzi, lasceremo il campo completamente libero alle loro scorribande. Il Vampiro, infatti, rispetto a noi, ha un vantaggio fondamentale: che lui le paranoie se le fa e come, nel senso che non trascura alcun particolare per ottenere ciò che gli interessa.
La presenza di un Vampiro può produrre fastidio, ansia, nervosismo, inquietudine, tensione, euforia, riduzione dell’attenzione, diminuzione della sensibilità e tanti altri stati di alterazione del comportamento normale. Ma il sintomo che quasi sempre insorge dopo l’incontro con un Vampiro, quando l’energia se ne è già andata, è uno stato di insoddisfazione, di scontentezza, una sensazione di ostilità da parte della realtà. Si tratta di situazioni che – specialmente quando si è obbligati dalle circostanze a condividere molto tempo con un Vampiro – possono sfociare in malesseri fisici di vario genere, come mal di testa, blocchi digestivi, inspiegabile debolezza, tosse nervosa. In certi casi, i malesseri possono trasformarsi in disturbi più seri, o in malattie. Dopo un incontro vampirico, in ogni caso, ci si sente sempre inspiegabilmente ‘sotto tono’, o un po’ abulici, malinconici, sfiduciati, astratti. Comunque, incapaci di uscire da una sorta di immobilità delle emozioni, di stagnazione delle energie migliori.
Se fossimo in grado di rivedere fotogramma per fotogramma le scene che ci hanno visti condividere anche un breve lasso di tempo, ci accorgeremmo che la perdita di energia non dipende soltanto da ‘qualcosa di negativo’ che il Vampiro porta in sé, ma da una serie di suoi piccoli atti di malignità, o di provocazione, o di maleducazione, o di semplice mancanza di gentilezza, come non rispondere a una nostra domanda o lasciar cadere nel vuoto una nostra osservazione o non ricambiare un sorriso. Atti che sono pieni di sostanza negativa, ma che, se denunciati, si svuotano di quella sostanza e diventano semplici mancanze di forma. Così noi, se ci siamo offesi, vuol dire che siamo formali, mentre lui, che è pratico e va al sodo, è una persona di sostanza.
Il Vampiro non condivide mai uno stato d’animo – Con un Vampiro si può condividere lo spazio, o un’attività, ma non uno stato d’animo. Gli esseri umani, anche in situazioni di non particolare confidenza, di contatto superficiale, hanno bisogno di condividere uno stato d’animo, di essere anche superficialmente accettati e di accettare le persone che hanno di fronte, scambiandosi una comunicazione che, per quanto convenzionale, è comunque umana. Il Vampiro, invece, non scambia nulla e non accetta trasmissioni di stati d’animo. Una persona abituata al contatto umano, dunque, davanti a un Vampiro non potrà che sentirsi in imbarazzo.
Ciò che più profondamente ci imbarazza è la sensazione che a quella persona non interessi nulla di noi, che abbia un suo fine personale da perseguire e che, anche se noi rientriamo in qualche modo nei suoi programmi, vi rientriamo in qualità di oggetti, non di persone.
Durante l’invasione vampirica noi vediamo, sentiamo, percepiamo, ma in modo stranamente attutito; non siamo in grado di pensare coerentemente: siamo come soggiogati. In qualche modo sappiamo che tutto quello che ci scorre davanti è una specie di sogno, che le parole pronunciate dal nostro invasore servono solo al raggiungimento del suo scopo; ma ciononostante sappiamo che finiremo per cedere. Forse per farci apprezzare da lui; o forse per non indispettirlo; o forse per uscire al più presto dall’incubo della sua presenza. Nel nostro orizzonte, in quei momenti, c’è solo il nostro invasore con i suoi irresistibili tentacoli, e noi siamo sostanzialmente in sua balìa.
Uno dei titoli d’onore di cui il Vampiro si fregia con più frequenza è quello della "sincerità".
Il Vampiro, infatti, spesso rafforza il proprio mito affermando di essere qualcuno "che parla in faccia", un raro e prezioso rappresentante di una razza in estinzione: quella dei sinceri, degli schietti, dei genuini, di quelli che non hanno "peli sulla lingua". Sulla lingua forse no, ma sul cuore è da vedere. La loro sincerità, infatti, consiste quasi sempre nel dire agli altri cose sgradevoli o nell’emettere sentenze squalificanti. Il Vampiro, in nome della "sincerità", fa a pezzi la sensibilità e spesso la reputazione degli altri, gabellando per un valore morale quella che è solo una smania bestiale di prevaricazione.
Ma non lo fermeremo mai se non ci convinceremo che la vera sincerità è la sincerità del cuore, e non quella della lingua.
Una sincerità che il Vampiro non riesce a concepire e che non consiste affatto nel dire negro al negro, guercio al guercio e storpio allo storpio. O peggio nell’immaginare di vedere negli altri difetti che non hanno e sbatterglieli in faccia.
La sincerità del cuore è una cosa molto diversa, perché si fonda sul rispetto per la sensibilità altrui.
Anzi, solo grazie al fatto di non infierire sugli altri (nel linguaggio del Vampiro: "non essere sinceri"), possiamo riuscire ad aiutare le persone in difficoltà ad avere un più stretto contatto con la propria dignità.
Il Vampiro, invece, nell’infierire sui più indifesi, magari con la scusa di "spronarli" ma in realtà per soddisfare la sua fame di energia, li spingerà inesorabilmente verso la distruzione.
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