FILM -La Fine è il mio Inizio
Un'opera di parole e silenzi che sfida le leggi dell’intrattenimento. Ormai giunto al termine della propria vita, Tiziano Terzani racconta a suo figlio Folco la sua storia.
Mancano
poche settimane alla fine. Tiziano Terzani, da tempo malato di cancro,
sta per morire. Mentre raccoglie i suoi ultimi pensieri, tra salutari
risate e umane preoccupazioni, decide di richiamare il figlio Folco da
New York per trascorrere con lui, nella sua casa di campagna, un momento
di confronto confessionale. Quei dialoghi, registrati con devoto
impegno dal figlio, diventeranno il libro “La fine è il mio inizio”.
Il
film di Jo Baier è un atto di coraggio che sfida le dure leggi
dell’intrattenimento perché è un’opera fatta di parole, silenzi e
sguardi, pochi movimenti agitati e tante inquadrature delicate. Chiusi, e
allo stesso tempo liberi, nella casa di campagna del giornalista, i
protagonisti sono in burrasca, attendono con controllata pacatezza un
dolore annunciato. Ma il desiderio di ribellarsi ad un programma
stabilito di sofferenza viene incanalato in un senso più ampio di pace.
La confessione arguta di un uomo che ripercorre, episodio dopo episodio
(l’incontro con la moglie Angela, gli aneddoti sui due figli), paese
dopo paese (Cina, Vietnam, Singapore), tutte le più grandi esperienze
della sua vita, investe il figlio della responsabilità di registrare
tutto perché, mentre il corpo se ne va, l’animo continui a vivere nella
memoria di chi rimane.
Lo spettatore deve predisporsi all’ascolto, deve calibrare i propri istinti emotivi, lasciarsi andare alla commozione ma allo stesso tempo rimanere vigile di fronte al pensiero finale di un uomo che potrebbe sembrare esoterico (il contatto stretto con la natura, la predisposizione a riflessioni sull’universo, e l’abbigliamento da ‘santone’), ma che invece evita qualsiasi tentazione new age. Anche quando racconta del volo di una coccinella sull’Himalaya o delle cavallette che ricordano primavera, il suo personale panteismo naturalistico non rappresenta mai un punto d’arrivo ma un passaggio che chiama altro sapere. E così, anche alla fine della vita corporea, non smette di curiosare tra le profondità dell’anima, tentando – e infine trovando – un modo umanamente altissimo di andarsene.
Ridere per poter morire in pace, seppur con rabbia. E morire ridendo. Abbandonarsi a ciò che accomuna tutti gli uomini con accettazione, dimostrando che si può volgere lo sguardo al passato, ripensare a ciò che si è fatto e riconoscersi: fare la vita che si desidera è fattibile, dice il padre Tiziano al figlio Folco. Bruno Ganz e Elio Germano dimostrano di aver compreso la profondità del suo pensiero e, con dedizione e rispetto, rappresentano, il primo l’ingombrante ombra di un padre straordinario ma difficile da raggiungere, il secondo l’intelligente volontà di essere diverso dal genitore, pur ammirandone lo spirito da esploratore. Un’eredità aggraziata che, in tempi di distrazione cronica e rumore generalizzato, dimostra di essere un gioiello preziosissimo.
Video
http://www.versoilsole.it/soltrenews/film/29-la-fine-e-il-mio-inizio-tiziano-terzani.html
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