domenica 11 novembre 2012


Argentina sconfigge la crisi pagando i creditori con 16 mesi di anticipo.

 

L’ARGENTINA HA SALDATO IL SUO DEBITO CON I CREDITORI INTERNAZIONALI  E HA MOSTRATO AL MONDO INTERO CHE LA POLITICA ATTUATA DALLA TROIKA NELL’AMBITO DELLA CRISI  EUROPEA E’ COMPLETAMENTE ERRATA E STA UCCIDENDO L’ECONOMIA DEGLI STATI NAZIONALI. LA STAMPA INTERNAZIONALE, SOPRATTUTTO QUELLA ITALIANA EUROPEA TACCIONO LA NOTIZIA.

La crisi non si combatte con la politica di austerity imposta dal FMI, dalla BCE e dall’UE. La crisi si combatte con investimenti pubblici e non con i tagli. A dirlo, non fu solo John Maynard Keynes che attraverso la sua teoria del moltiplicatore  mostrò come l’intervento pubblico nell’economia potesse sostenere la domanda aggregata e di conseguenza consentire il rilancio dell’economia.


A dirlo non sono complessi calcoli astratti, ma l’esperienza di chi ha voluto credere e aver fiducia nella teoria del moltiplicatore; il riferimento non è certo alla storia di Roosevelt e il suo New Deal ma alla storia dei nostri giorni, in particolare la storia dell’Argentina che con la sua presidentessa Cristina Kirchner il 3 agosto, con 16 mesi di anticipo, ha chiuso i conti con i suoi creditori.

La Kirchner si è presentata alla sede di Manhattan del FMI munita di un gigantesco assegno da 12 miliardi di euro intestato al FMI e scadenza 31 dicembre 2013, ma il gesto non era simbolico, infatti il denaro necessario a chiudere i conti con il FMI era stato versato per l’intero poche ore prima.

Cristina Kirchner, senza curarsi di nascondere la sua immensa soddisfazione ha potuto finalmente dichiarare: «Con questa tranche, l’Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. 

Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del FMI che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fossero l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi e siamo in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. 

Le idee del FMI e della Banca Mondiale sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora, lo sono ancor di più oggi. Chi vuole operare, intraprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale»

Nessuno avrebbe mai immaginato che la Kirchner sarebbe giunta a questo risultato dopo che l’Argentina nel 2002 aveva assistito al sequestro dei conti correnti in dollari e la mostruosa svalutazione dei pesos. L’Argentina dopo il suo default da oltre 100 miliardi di dollari di debito estero, la chiusura delle banche, la fuga degli investitori e l’economia in ginocchio ha saputo risollevarsi, ha mantenuto la promessa e restituito il suo debito ma soprattutto ha potuto farlo rifiutando le pressioni le FMI.

 L’Argentina ha avuto l’intelligenza di comprendere per tempo che quando il FMI continuò a finanziare in modo sconsiderato e a tassi elevatissimi la folle politica di indebitamento e privatizzazione selvaggia imposta dal presidente Carlos Menem, poteva esserci un piano oscuro che mirava ad attrarre in un giogo volutamente asfissiante e opprimente l’economia argentina.

Dopo anni disperati di scioperi e disoccupazione che raggiunse il tasso record del 25 % il presidente Eduardo Duhalde  decise di abolire l’ancoraggio del pesos dal dollaro americano. Il tasso di cambio flessibile che prima aveva causato una gravissima inflazione iniziò ad attrarre investimenti stranieri e favorì le esportazioni.

Nel 2003 fu il turno di Nestor Kirchner che si’impegnò per la ristrutturazione del debito, si allontanò definitivamente dalle proposte del Presidente americano G. W. Bush rifiutando le pressioni che questo esercitava in accordo con il Fondo Monetario internazionale che non poté fare altro accettarne le conseguenze.

Nel 2007 al posto di Nestor Kirchner venne eletta sua moglie, Cristina Fernadez de Kirchner, che credette e intraprese alla lettera l’applicazione della teoria del moltiplicatore keynesiano: nel 2008 salvò e nazionalizzò la compagnia di bandiera Aerolineas Argentinas e Austral Lineas Aereas, nazionalizzò il sistema aeroportuale e attuò importanti investimenti nei principali scali nazionali.

 Ma non si limitò a questo e, infatti, nazionalizzò anche l’azienda aeronautica Lockeheed Martin. Nazionalizzò i fondi pensionistici consentendo la salvaguardia delle pensioni. Creò il polo scientifico tecnologico di Buenos Aires, creò il Ministero della scienza e attuò un programma per il rimpatrio di 800 ricercatori argentini dall’estero. Nel 2009 fu stabilito per decreto che per ogni figlio minore di 18 anni fosse  assegnato un assegno che consentisse alla famiglia di uscire dalla soglia di povertà e con l’unico obbligo di frequentare l’istruzione obbligatoria tra i 5 e i 18 anni e tra il 2006 e il 2009 la soglia di povertà in Argentina è scesa dal 21% all’11,3% e fino al 9,6% nelle aree metropolitane.

Dunque l’Argentina, nonostante il silenzio imposto ai giornali italiani e europei, ha mostrato a tutto il mondo che si può uscire dalla crisi e dalla recessione senza affamare la popolazione e distruggere la rete produttiva. Ma quello che è ancora più importante è stato dimostrare che si può uscire dalla crisi senza rinunciare alla sovranità nazionale e senza il commissariamento della Troika. Ma non solo si può, si deve.


http://lospecchiodelpensiero.wordpress.com

   

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