L’ARGENTINA HA SALDATO
IL SUO DEBITO CON I CREDITORI INTERNAZIONALI E HA MOSTRATO AL MONDO
INTERO CHE LA POLITICA ATTUATA DALLA TROIKA NELL’AMBITO DELLA CRISI
EUROPEA E’ COMPLETAMENTE ERRATA E STA UCCIDENDO L’ECONOMIA DEGLI STATI
NAZIONALI. LA STAMPA INTERNAZIONALE, SOPRATTUTTO QUELLA ITALIANA EUROPEA
TACCIONO LA NOTIZIA.
La crisi non si combatte con la politica di austerity
imposta dal FMI, dalla BCE e dall’UE. La crisi si combatte con investimenti
pubblici e non con i tagli. A dirlo, non fu solo John Maynard Keynes che
attraverso la sua teoria del moltiplicatore mostrò come l’intervento
pubblico nell’economia potesse sostenere la domanda aggregata e di conseguenza
consentire il rilancio dell’economia.
A dirlo non sono complessi calcoli astratti, ma l’esperienza
di chi ha voluto credere e aver fiducia nella teoria del moltiplicatore; il
riferimento non è certo alla storia di Roosevelt e il suo New Deal ma alla
storia dei nostri giorni, in particolare la storia dell’Argentina che con
la sua presidentessa Cristina Kirchner il 3 agosto, con 16 mesi di anticipo, ha
chiuso i conti con i suoi creditori.
La Kirchner si è presentata alla sede di Manhattan del FMI
munita di un gigantesco assegno da 12 miliardi di euro intestato al FMI e
scadenza 31 dicembre 2013, ma il gesto non era simbolico, infatti il denaro
necessario a chiudere i conti con il FMI era stato versato per l’intero poche
ore prima.
Cristina Kirchner, senza curarsi di nascondere la sua
immensa soddisfazione ha potuto finalmente dichiarare: «Con questa tranche,
l’Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione
responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri
soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci
rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo la dichiarazione
ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi
a tutti, compresi gli interessi.
Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel
limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto
contro le decisioni del FMI che voleva imporci misure restrittive di rigore
economico sostenendo che fossero l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada
opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo
sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione,
investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo
ripresi e siamo in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo.
Le idee del FMI e della Banca Mondiale sono idee errate, sbagliate. Lo erano
allora, lo sono ancor di più oggi. Chi vuole operare, intraprendere, creare
lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha
dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle
norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per
primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale»
Nessuno avrebbe mai immaginato che la Kirchner sarebbe
giunta a questo risultato dopo che l’Argentina nel 2002 aveva assistito al
sequestro dei conti correnti in dollari e la mostruosa svalutazione dei pesos.
L’Argentina dopo il suo default da oltre 100 miliardi di dollari di debito
estero, la chiusura delle banche, la fuga degli investitori e l’economia in
ginocchio ha saputo risollevarsi, ha mantenuto la promessa e restituito il suo
debito ma soprattutto ha potuto farlo rifiutando le pressioni le FMI.
Dopo anni disperati di scioperi e disoccupazione che
raggiunse il tasso record del 25 % il presidente Eduardo Duhalde decise
di abolire l’ancoraggio del pesos dal dollaro americano. Il tasso di cambio
flessibile che prima aveva causato una gravissima inflazione iniziò ad attrarre
investimenti stranieri e favorì le esportazioni.
Nel 2003 fu il turno di Nestor Kirchner che si’impegnò per
la ristrutturazione del debito, si allontanò definitivamente dalle proposte del
Presidente americano G. W. Bush rifiutando le pressioni che questo esercitava
in accordo con il Fondo Monetario internazionale che non poté fare altro
accettarne le conseguenze.
Nel 2007 al posto di Nestor Kirchner venne eletta sua
moglie, Cristina Fernadez de Kirchner, che credette e intraprese alla lettera
l’applicazione della teoria del moltiplicatore keynesiano: nel 2008 salvò e
nazionalizzò la compagnia di bandiera Aerolineas Argentinas e Austral Lineas
Aereas, nazionalizzò il sistema aeroportuale e attuò importanti investimenti
nei principali scali nazionali.
Ma non si limitò a questo e, infatti,
nazionalizzò anche l’azienda aeronautica Lockeheed Martin. Nazionalizzò i fondi
pensionistici consentendo la salvaguardia delle pensioni. Creò il polo
scientifico tecnologico di Buenos Aires, creò il Ministero della scienza e
attuò un programma per il rimpatrio di 800 ricercatori argentini dall’estero.
Nel 2009 fu stabilito per decreto che per ogni figlio minore di 18 anni fosse
assegnato un assegno che consentisse alla famiglia di uscire dalla soglia
di povertà e con l’unico obbligo di frequentare l’istruzione obbligatoria tra i
5 e i 18 anni e tra il 2006 e il 2009 la soglia di povertà in Argentina è scesa
dal 21% all’11,3% e fino al 9,6% nelle aree metropolitane.
Dunque l’Argentina, nonostante il silenzio imposto ai
giornali italiani e europei, ha mostrato a tutto il mondo che si può uscire
dalla crisi e dalla recessione senza affamare la popolazione e distruggere la
rete produttiva. Ma quello che è ancora più importante è stato dimostrare che
si può uscire dalla crisi senza rinunciare alla sovranità nazionale e senza il
commissariamento della Troika. Ma non solo si può, si deve.
Tratto da: http://terrarealtime.blogspot.it/
http://lospecchiodelpensiero.wordpress.com
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