Cancro emozionale
nov 9 2012
di Tom
Kenyon
Il concetto mi venne in mente, la prima volta,
durante un corso di formazione ad Anchorage, Alaska, parecchi anni addietro.
Stavo insegnando come utilizzare il suono per
scaricare l’emozione, ai fini della guarigione psicologica. Una donna, che
chiameremo Rose, si offrì volontaria per la sessione in cui avrei esemplificato
la tecnica. Come parte della dimostrazione, le chiesi di concentrarsi su una
zona del suo corpo che le desse fastidio; l’idea era che le emozioni, spesso,
sembrano risiedere in certe aree del corpo.
Ella disse che i reni le dolevano ed erano gonfi.
Rose riferì spontaneamente di essere appena uscita dall’ospedale, dove era stata
curata per un blocco renale. Per lei era stata una prova molto spaventosa, come
si può ben immaginare. Al momento era in dialisi e il suo nome era in lista di
attesa per un trapianto del rene.
Le insegnai come spostare la propria
consapevolezza sui reni e come emettere suoni quando espirava. Le dissi di
immaginare che i suoni provenissero proprio dai reni e di ascoltare i propri
suoni, mentre si rilassava più profondamente nelle espirazioni.
Per quanto strano possa sembrare, è piuttosto
facile farlo e, ben presto, ella iniziò a produrre dei lievi lamenti. Poi i
suoni cambiarono. Dapprima sembravano quelli di una bimba piuttosto piccolina e
poi diventarono le grida disperate di una bambina che soffre. Tutti noi nella
stanza eravamo presi dall’intensità del momento, mentre osservavamo una donna
adulta, sui quarant’anni, che gridava come una ragazzina terrorizzata.
Alla fine, le sue grida si attenuarono e
tornarono ad essere dei tenui lamenti. Allungando le mani, si toccò la parte
bassa della schiena, nella zona dei reni. Rose aprì gli occhi.
Incredula, mi guardò. “Il dolore è sparito”
disse. “Il dolore è sparito!”
Le chiesi di descrivere la sua esperienza
interiore durante il processo, ed ella rispose che era tornata indietro all’età
di circa due anni. Era seduta su un seggiolone, che ricordava dalla sua
infanzia. Mentre la sua voce districava l’energia intrappolata nei suoi reni, la
sua mente veniva catapultata indietro nel tempo, fino ad un ricordo
dell’infanzia.
In quel momento della sua giovane vita, sua madre viveva con un compagno. La madre era andata a lavorare e il compagno avrebbe dovuto prendersi cura della bambina. Ma, evidentemente, egli non gradiva che lei distogliesse l’attenzione da lui. Invece di darle normalmente da mangiare, le gettava il cibo.
Questo la spaventava e fu questo il terrore che lei rivisse durante la dimostrazione. In qualche modo, i reni fisici avevano tratto beneficio dal ricordo e dall’espressione vocale di questa paura risalente alla prima infanzia.
In quel momento della sua giovane vita, sua madre viveva con un compagno. La madre era andata a lavorare e il compagno avrebbe dovuto prendersi cura della bambina. Ma, evidentemente, egli non gradiva che lei distogliesse l’attenzione da lui. Invece di darle normalmente da mangiare, le gettava il cibo.
Questo la spaventava e fu questo il terrore che lei rivisse durante la dimostrazione. In qualche modo, i reni fisici avevano tratto beneficio dal ricordo e dall’espressione vocale di questa paura risalente alla prima infanzia.
Nella discussione che seguì la dimostrazione,
qualcuno raccontò di aver avuto un fratello che era morto di cancro allo
stomaco. La cosa strana era che il padre era molto violento con lui, da bambino.
E, ogni volta che si ubriacava o si arrabbiava, prendeva a calci e pugni il
figlio nello stomaco, dicendogli che era spazzatura.
L’esperienza di Rose aveva innescato un “ah-ha” e
la sorella del ragazzo morto, parlò attraverso le lacrime. Ella capì come la
rabbia del padre era stata ripetutamente immessa coi pugni nell’addome del
fratello.
Per lei, questo spiegava il cancro e la prematura
dipartita del fratello.
L’idea che i tessuti trattengano le emozioni fu
proposta dallo Psicologo Occidentale Wilhelm Reich.
Ma l’idea risale a molto tempo prima, addirittura all’antica arte dell’Agopuntura. I Cinesi codificarono questo sistema di medicina dell’energia sottile migliaia di anni fa e uno dei concetti chiave riguarda l’emozione. Secondo la teoria dell’Agopuntura, organi diversi tendono a conservare diversi tipi di emozione. I polmoni, per esempio, tendono a conservare il dispiacere e la tristezza e i reni la paura.
Ma l’idea risale a molto tempo prima, addirittura all’antica arte dell’Agopuntura. I Cinesi codificarono questo sistema di medicina dell’energia sottile migliaia di anni fa e uno dei concetti chiave riguarda l’emozione. Secondo la teoria dell’Agopuntura, organi diversi tendono a conservare diversi tipi di emozione. I polmoni, per esempio, tendono a conservare il dispiacere e la tristezza e i reni la paura.
L’esperienza di paura dell’infanzia di questa
donna, aveva forse indebolito l’energia dei suoi reni (detta “Chi”),
predisponendola ad un blocco renale più avanti nella vita? O le due cose non
erano collegate? Ma, che fossero collegate direttamente o meno, era interessante
il fatto che rivivere il dolore e vocalizzare la paura, riducesse la sensazione
di dolore e fastidio nei reni fisici.
Cominciai a guardare il dolore emozionale e il
suo rapporto con la salute in una luce nuova. Ora, a quei tempi, i primi anni
’90, la medicina allopatica non riconosceva (e per lo più ancora non riconosce)
un rapporto diretto fra l’emozione e la salute.
Francamente, penso che si tratti soprattutto di
una questione di denaro. La medicina allopatica è sempre più un’impresa fondata
sulla farmaceutica. E le grandi compagnie farmaceutiche non sono interessate a
sponsorizzare progetti di ricerca che non rendano un profitto.
Nonostante la presa granitica sulla medicina da
parte delle compagnie farmaceutiche, comunque, sta prendendo piede una nuova
area di ricerca. Si chiama Psiconeuroimmunologia, cioè lo studio di
come la mente influisce sulla salute.
Agli inizi degli anni ’90, questa nascente area della medicina si chiamava Psicoimmunologia. Immagino sia segno che ora è un settore più rispettabile, il fatto che la parola sia più lunga e più difficile da pronunciare.
Agli inizi degli anni ’90, questa nascente area della medicina si chiamava Psicoimmunologia. Immagino sia segno che ora è un settore più rispettabile, il fatto che la parola sia più lunga e più difficile da pronunciare.
Ma, comunque vogliate chiamarlo, questo campo
della medicina sta evidenziando alcuni legami molto chiari fra le nostre vite
emozionali e la nostra salute.
Con l’unirsi della neurologia e della psicologia,
per esplorare questo terreno, prima inviolato, della biologia umana, stanno
emergendo alcuni schemi interessanti.
Un’area in cui questo è più evidente è quella del
cancro. Come forse sapete, il cancro sta raggiungendo
proporzioni epidemiche nei paesi industrializzati. E c’è un crescente corpo di
ricerca che mostra che questo è dovuto in gran parte alla crescente
contaminazione tossica del nostro cibo, dell’aria e dell’acqua.
Ma non sperate che i Ragazzoni di Washington, o se per quello anche i vostri governanti, facciano gran che al riguardo. Il denaro sembra essere l’unica cosa che conta, nell’arena politica, e pare non ci siano grandi profitti nel ripulire l’aria e l’acqua, oggi.
Ma non sperate che i Ragazzoni di Washington, o se per quello anche i vostri governanti, facciano gran che al riguardo. Il denaro sembra essere l’unica cosa che conta, nell’arena politica, e pare non ci siano grandi profitti nel ripulire l’aria e l’acqua, oggi.
Trovo interessante che le attuali Compagnie
Petrolifere Americane, scusatemi, volevo dire l’attuale Amministrazione
Americana, abbia virtualmente spazzato via, dalla mattina alla sera, decenni di
protezioni ambientali, duramente conquistate.
Ma torniamo all’argomento in questione. Non
volevo fare una dichiarazione politica. Però, non si può nemmeno separare del
tutto la salute pubblica dalle questioni politiche e sociali. Nonostante i loro
giochi di mano, i nostri leader politici non possono cambiare il fatto che la
salute pubblica e la qualità del nostro ambiente siano intimamente connessi.
Mentre la qualità del nostro ambiente esteriore
ha un forte peso sullo stato della nostra salute, è un altro il genere di
ambiente di cui voglio parlare.
Non lo potete vedere, ma potete sentirlo. È il
vostro ambiente mentale. E, come psicoterapeuta che osserva la nostra società,
mi torna in mente una strofa del musical The Music Man – “Ci sono guai a River
City”.
Io lo chiamo cancro emozionale
e, come il cancro in genere, può essere mortale. Lasciato a sé stesso, può
distruggere una vita. Come minimo, può invalidare psicologicamente un individuo,
al punto che lui o lei non riesce più a fare scelte di vita appropriate. Nelle
sue forme più aggressive, può veramente interferire con la biologia cellulare,
portando alla malattia fisica.
Ironia, ho scoperto che questo tipo di cancro
emozionale si mostra spesso nelle comunità spirituali, indipendentemente dalla
loro filosofia e/o dalle convinzioni religiose. C’è un motivo per questo, e
spero di parlarvene tra poco. Ma prima vorrei preparare un po’ il terreno.
Meditazioni Pericolose
Un mio amico, che abita a Santa Fe, Nuovo Messico, partecipò, qualche anno fa, ad una conferenza sui trattamenti per la depressione omeopatici ed erboristici, presso un negozio di cibi naturali della zona.
All’epoca era lui stesso depresso, ma si stupì nel vedere un pubblico tanto numeroso. Il locale era gremito. E, secondo la sua stima, circa il 90% dei presenti erano persone che praticavano regolarmente la meditazione, come seguaci di qualche tipo di tradizione spirituale. E, di questi, più della metà erano Buddisti praticanti!
Ora, non so per voi, ma per me qui c’è qualcosa
che non quadra. E, dato che mi accingo a bastonare qualche dogma, intendo essere
molto preciso in quel che sto per dire.
Per cominciare, io sono uno che pratica la
meditazione. In effetti, pratico svariate forme di meditazione da più di
quarant’anni. E sono anche Buddista.
Beh, veramente sono un Buddista Tibetano Neo-pagano e un Taoista part-time, ma non ne parlerò qui. Basti dire che credo che le idee fondamentali del Buddismo siano una descrizione accurata del mistero che chiamiamo coscienza.
Beh, veramente sono un Buddista Tibetano Neo-pagano e un Taoista part-time, ma non ne parlerò qui. Basti dire che credo che le idee fondamentali del Buddismo siano una descrizione accurata del mistero che chiamiamo coscienza.
Perciò, il mio sconforto non deriva dal Buddismo
o dalla meditazione in generale, ma piuttosto dal modo in cui vengono praticati.
Quando vengono utilizzati per penetrare la natura autentica della nostra mente,
essi possono avere un valore inestimabile.
Ma quando vengono usati per evitare una verità emozionale, sono auto-distruttivi. E non importa quante prostrazioni facciate, quanti incensi bruciate o quanto a lungo rimaniate inginocchiati in contemplazione – questo genere di meditazione non conduce all’illuminazione.
Ma quando vengono usati per evitare una verità emozionale, sono auto-distruttivi. E non importa quante prostrazioni facciate, quanti incensi bruciate o quanto a lungo rimaniate inginocchiati in contemplazione – questo genere di meditazione non conduce all’illuminazione.
Penso che il motivo per cui la sala era così
piena di meditatori praticanti, è che essi usassero la meditazione come una
droga.
Avevano scoperto di poterla utilizzare come mezzo
per evitare il dolore emozionale. Ora, la maggior parte delle persone che medita
e cade in questa trappola non si rende necessariamente conto che sta evitando il
dolore emozionale. Essi pensano soltanto che si sentiranno da cani se non si
prendono il tempo di meditare. Una cosa è godersi i panorami della mente che la
meditazione regala. Un’altra è dipendere da essa per sentirsi bene.
Questo genere di quasi-meditazione produce un
effetto sedativo sulla mente, che ottunde o attenua (per un po’) il dolore
emozionale. Lo fa alterando i livelli di serotonina nel cervello. In altre
parole, siete fatti. Il cervello è il mastro farmacista, che fa mangiare la
polvere anche alle compagnie farmaceutiche più all’avanguardia.
Il cervello è capace di produrre una miriade di
sostanze psicoattive e drogarsi è molto facile, una volta scoperto come si fa.
Un gran numero di persone che meditano, in realtà, si fanno e basta.
Ora, guardate, non ho nessun problema con lo sballo, specie quando è prodotto dal proprio sistema nervoso. Ma questo non significa penetrare il mistero della propria mente. È semplicemente un galleggiare in uno stato samsarico auto-creato.
Ora, guardate, non ho nessun problema con lo sballo, specie quando è prodotto dal proprio sistema nervoso. Ma questo non significa penetrare il mistero della propria mente. È semplicemente un galleggiare in uno stato samsarico auto-creato.
Per coloro che non conoscono il termine
samsarico, esso si riferisce al termine Sanscrito samsara, il mondo
dell’illusione. Ciò che non è reale, nel Buddismo viene detto samsara. Quindi,
ciò che intendo con questa dichiarazione, è che l’esperienza di essere fatti di
meditazione è una gioia samsarica o illusoria. Non è reale, è auto-creata.
Ed è qui che la cosa si fa delicata. La natura
della coscienza è la gioia (o annanda, in Sanscrito). Ma questo genere di gioia
non è lo stesso dello stato oppiaceo che sperimentano alcuni in meditazione. La
gioia del bodhicitta (mente del Buddha) ha la caratteristica di essere sia
espansiva che chiaramente presente. Non si evita nulla. Tutti gli aspetti del sé
sono presenti, compreso quello emozionale.
Nella Meditazione di Elusione, un termine coniato
da me, si usa l’oppiaceo della chimica cerebrale per evitare un’esperienza del
proprio dolore emozionale. Questa meditazione non porterà nulla che abbia un
vero valore. Vi aiuterà soltanto ad evitare un’esperienza autentica del vostro
sé.
È naturale per noi evitare il dolore. Tutti gli
organismi biologici hanno questa tendenza innata. Ma quando evitiamo la
consapevolezza del nostro dolore o disagio emozionale, affievoliamo la luce
della consapevolezza di sé. E, per chiunque segua il cammino spirituale, è una
maledizione.
La Meditazione di Elusione è solo un modo di
evitare la consapevolezza emozionale, per quanto ingegnoso. Fra la “gente
spirituale”, un altro metodo popolare per evitare la consapevolezza emozionale è
servire gli altri.
Servire gli Altri per Evitare la Consapevolezza di Sé
Secondo molte tradizioni esoteriche e mistiche, la sorgente di tutte le cose (chiamatela Dio, se volete) può esprimere il suo amore per noi solo attraverso le azioni dei nostri fratelli umani. Perciò, siamo indispensabili al divino. Senza di noi, non può esprimere il suo amore infinito in questo mondo.
Ma, per molti di coloro che sono sul cammino
spirituale, servire gli altri è un modo per evitare la consapevolezza
del proprio dolore e/o delle proprie necessità. La strategia, di
solito, viene applicata inconsciamente, con una consapevolezza quasi nulla dei
propri piani segreti. Ma, concentrandosi sulle necessità di altra gente,
possiamo perderci facilmente ed evitare la consapevolezza delle nostre necessità
non soddisfatte.
Si dice che un’immagine valga più di mille
parole, quindi ne dipingerò una per voi. La figura centrale era una potente
guaritrice, di cui mi avevano parlato parecchi suoi amici, preoccupati. Era una
guaritrice famosa in tutto il mondo e la gente veniva letteralmente da tutte le
parti del mondo per incontrarla. Benché avesse guarito molte persone, lei era
malata. Aveva molte inspiegabili ondate di spossatezza, ma gli esami clinici non
avevano rivelato nulla di fisico.
La Guaritrice Ferita
Aveva resistito alle insistenze dei suoi amici
che volevano mi incontrasse, ma un incidente recente l’aveva convinta a fare un
tentativo. All’epoca, ella soffriva di uno dei tanti episodi di spossatezza e
stanchezza.
Quella notte, sul tardi, qualcuno bussò alla sua porta. Venivano da molto lontano per incontrarla e accompagnavano una persona che era alle prese con quella che era stata diagnosticata come una malattia terminale. Nonostante fosse lei stessa esausta, Lily (non è il suo vero nome), assistette questa persona per tutta la notte e il giorno seguente.
Quella notte, sul tardi, qualcuno bussò alla sua porta. Venivano da molto lontano per incontrarla e accompagnavano una persona che era alle prese con quella che era stata diagnosticata come una malattia terminale. Nonostante fosse lei stessa esausta, Lily (non è il suo vero nome), assistette questa persona per tutta la notte e il giorno seguente.
Ci fu una svolta e la persona, miracolosamente,
sopravvisse. I visitatori, grati, se ne andarono pieni di riconoscenza verso
questa notevole guaritrice. Lily era soddisfatta di aver servito i desideri
dello spirito, anche se, a livello energetico, lei aveva esagerato.
E allora si scontrò con “il muro”. Ogni guaritore
che abbia dato troppo di se stesso in una sessione, sa che cos’è “il muro”. È un
blocco energetico che influenza il sistema nervoso. Il corpo le faceva male. Si
sentiva debole e febbricitante.
Rimase per due giorni sospesa fra due mondi, troppo debole persino per alzarsi dal letto e nutrirsi. Durante questo viaggio interiore, ebbe un incontro con se stessa. Sapeva che, se non avesse cambiato qualcosa nel suo modo di lavorare, il suo servizio all’umanità avrebbe finito per ucciderla.
Rimase per due giorni sospesa fra due mondi, troppo debole persino per alzarsi dal letto e nutrirsi. Durante questo viaggio interiore, ebbe un incontro con se stessa. Sapeva che, se non avesse cambiato qualcosa nel suo modo di lavorare, il suo servizio all’umanità avrebbe finito per ucciderla.
La cruda verità era che Lily non sapeva come fare
a dire di no. Sentiva che chiunque si presentasse alla sua porta era stato
“inviato dallo spirito” e ci si aspettava che lei ci lavorasse. Non importava
che fosse giorno o notte. E le necessità di questi estranei prendevano la
precedenza sulle necessità dei suoi stessi figli. I figli di Lily avevano
espresso lamentele, al riguardo, ma lei lo aveva imputato semplicemente al
fastidioso fatto che erano adolescenti.
Le chiesi come fosse stata la sua infanzia. “Che
c’entra?” mi domandò. Diffidava dei terapeuti e del loro eccessivo interesse per
il passato.
“Beh, per quanto sembri strano, trovo che le
questioni dell’infanzia spesso si nascondano più avanti nella vita”.
“Di questa roba ne ho vista fino alla nausea”
disse lei.
“Bene, mi assecondi per un momento” replicai “Le
prometto che non perderemo troppo tempo. Ho solo bisogno di un rapido quadro
della famiglia”.
Lily proseguì raccontandomi, in maniera piuttosto
realistica, che sua madre era morta quando lei aveva nove anni. Lei era la
maggiore di sette figli e assunse subito il ruolo di madre per i fratelli e le
sorelle più piccini. Quando si ammalavano, lei stava in piedi tutta la notte per
accudirli. Era stato allora che Lily aveva scoperto le sue capacità di
guarigione. Non sapeva come, ma poteva porre le mani su qualcuno che era malato
e farlo stare meglio.
“Dunque, Lily, ti senti in colpa per la morte di
tua madre?”
“Che cosa vuoi dire?” mi chiese con tono di
sfida.
“Beh, mi sembra che, avendo scoperto le tue doti
di guaritrice dopo che tua madre era morta, potresti avere qualche rammarico per
non averlo scoperto prima e poter guarire la tua mamma”
“Ma avevo nove anni quando morì!” C’era
un’angoscia inconfondibile nella voce di Lily.
“Lo so, lo so. E non c’era niente che tu potessi
fare”. Feci una pausa per lasciarle assimilare le mie parole.
Lily iniziò a singhiozzare, e un grande rilascio
di dolore e tristezza, accumulati in una trentina d’anni, cominciò ad
abbandonarla.
Dopo svariati minuti ricominciammo a parlare.
Stava diventando chiaro che Lily era stata stimolata da un dolore non
riconosciuto per la perdita della madre. Siccome non aveva accettato o
riconosciuto il proprio dolore emozionale al riguardo, ella lo proiettava sulle
persone che venivano da lei per farsi guarire.
Era abituata a prendersi cura delle persone. Dopo
tutto, aveva iniziato in tenera età. Ed era brava in quello che faceva. Non
c’erano dubbi che Lily avesse aiutato centinaia di persone.
Ma aveva abbandonato se stessa. Concentrandosi
eccessivamente sulle necessità degli altri, aveva perso contatto con le sue
necessità – semplici necessità, come prendersi del tempo per riposare.
La situazione era esasperata dall’immenso
sviluppo spirituale di Lily. Sì, per quanto strano possa sembrare, lo sviluppo
spirituale non porta necessariamente il benessere psicologico o fisico.
Ella aveva un profondo senso di compassione per
gli altri esseri, e un desiderio profondamente radicato di aiutarli. Ma non
includeva se stessa nell’equazione. Se qualcuno soffriva, nella sua mente, le
necessità di quella persona superavano di gran lunga le sue, persino le
necessità dei suoi figli.
Ora, questo proprio non funziona nel mondo degli
esseri incarnati. Come animali umani, abbiamo dei bisogni autentici che devono
essere soddisfatti. Se non lo sono, pagheremo un prezzo in sofferenza fisica e/o
mentale.
Lily non si era occupata delle proprie necessità
e la stava pagando. Era vittima del cancro emozionale.
Il cancro si ha quando le cellule iniziano a
moltiplicarsi fuori controllo. Se non individuate, possono uccidere le cellule
sane e, alla fine, uccidere persino l’ospite.
I cancri emozionali agiscono in maniera molto
simile. Uno schema emozionale non riconosciuto inizia a proliferare. In questo
caso, lo schema di Lily era quello di occuparsi degli altri, per evitare di
avvertire il dolore riguardo alla morte di sua madre. Il problema non era che
lei fosse una guaritrice. Il problema era che non riusciva a riconoscere quando
non era giusto che lei andasse troppo in là.
Ma, sotto le grinfie del cancro emozionale, ella
non aveva il diritto o il permesso di prendersi cura di sé in presenza delle
necessità altrui. Farlo l’avrebbe fatta sembrare “egoista”. Non solo, ma
prendere del tempo per sé, mentre altri soffrivano, l’avrebbe messa di fronte ai
sentimenti irrisolti riguardo la morte della madre.
Tutta la faccenda era resa ancora più complicata
dalla fede di Lily nel servizio spirituale tramite il sacrificio. Questo è un
vecchio modello spirituale che ci ha accompagnato, qui sulla Terra, per
moltissimo tempo. E Lily lo aveva accettato come parte della sua spiritualità.
Per la cronaca, io penso che ci siano momenti in cui sacrificarsi può essere un
gesto nobile, ma il sacrificio inconscio cronico è solamente stupidità.
Mentre Lily cercava un modo per integrare le
nuove rivelazioni nel suo dilemma di guaritrice, ella dovette raggiungere una
comprensione più matura delle sue proprie necessità, in relazione alle necessità
degli altri.
Se non era capace di integrare i suoi bisogni
nella sua visione di sé stessa e del mondo, il suo cancro emozionale avrebbe
finito per ucciderla. Ora, sia chiaro – lo schema emozionale non uccide in
maniera diretta. Ma conduce a comportamenti autodistruttivi. Se Lily non avesse
iniziato a prendersi delle pause, si sarebbe bruciata o, peggio, avrebbe
contratto qualche malattia.
In alcuni casi, i cancri emozionali
diventano dei veri e propri cancri fisici. Fino a poco tempo fa, il
meccanismo che cambiava l’emozione in malattia non era stato capito. Ma,
attraverso l’operato del Dr. Candace Pert e il concetto
dei neuro peptidi, questo mistero è stato svelato.
Secondo l’attuale teoria dei neuro peptidi,
questi attivatori biochimici altamente attivi interagiscono con i punti
recettori sulla superficie delle cellule. Secondo il Dr. Pert, le
emozioni represse sono immagazzinate nel corpo per mezzo dei neuro
peptidi, e i ricordi sono immagazzinati nei recettori dei neuro
peptidi.
Già da tempo i terapeuti concentrati sul corpo
hanno osservato che il corpo conserva il ricordo. E questo tipo di memoria può
rimanere depositato per anni.
Ricordo che dimostrai una tecnica di ipnosi,
parecchi anni fa, durante un corso di addestramento professionale. Quando
suggerii che la giovane donna tornasse indietro ad un tempo passato, costei
incominciò a piangere. Quando si riprese, le chiesi che cosa fosse successo.
Raccontò di avere avuto un flash-back di quando
aveva circa sette otto anni. Giocava a soft ball e fu colpita in viso da una
mazza. Suo padre era l’allenatore della squadra e lei ricordò di non avere
pianto dopo il colpo. Il padre, tornando a casa, le disse che era orgoglioso di
lei per non avere pianto.
Durante il breve stato ipnotico, ella rivisse il
dolore fisico del colpo, come se fosse stata colpita di nuovo. Il dolore non fu
ricordato, attenzione, ma sperimentato fisicamente!
Non solo, ma il rendersi conto che il padre
avrebbe voluto un figlio maschio, invece di una femmina, le piombò addosso.
Aveva cercato per tutta la vita di essere all’altezza delle aspettative di suo
padre.
Mi sono trovato in presenza di centinaia di
persone che hanno rivissuto il dolore del passato, nel mio studio. E, basandomi
su questa ventina d’anni di osservazione, direi che la teoria del Dr. Pert è
piuttosto calzante.
Anche se la maggior parte delle persone non è
particolarmente interessata alla biochimica e ai meccanismi che stanno dietro la
malattia, è però interessata a rimanere in salute.
Ho intitolato questo articolo Cancro Emozionale,
perché credo che le emozioni tossiche si trasformino effettivamente in
malattie. Ora, chiariamo di nuovo – io non credo che tutte le malattie
siano provocate da emozioni negative non scaricate. Alcune hanno di certo
origine fisica. Ma altre possono essere fatte risalire a schemi di sentimento e
questo non è più comprensibile di quanto lo siano le forme fisiche del
cancro.
La Psicologia del Cancro
Per dirne una, un discreto numero di psicologi ha
osservato che le donne con il cancro al seno spesso hanno il sacrificio di sé
come parte della loro vita psicologica.
Sovente, inoltre, esse sentono di non avere diritto ad avere necessità proprie. Si prendono cura delle esigenze di chi le circonda, molto prima di occuparsi di sé stesse. I loro bisogni, per usare un detto proverbiale, sono stati messi “in secondo piano”. E molti pazienti con il cancro sono spesso schivi e cercano sempre di essere “gentili” indipendentemente dalla situazione.
Sovente, inoltre, esse sentono di non avere diritto ad avere necessità proprie. Si prendono cura delle esigenze di chi le circonda, molto prima di occuparsi di sé stesse. I loro bisogni, per usare un detto proverbiale, sono stati messi “in secondo piano”. E molti pazienti con il cancro sono spesso schivi e cercano sempre di essere “gentili” indipendentemente dalla situazione.
La funzione base del sistema immunitario è di
distinguere fra “sé” e “non-sé”. E lo fa tramite una vasta gamma di processi,
compresi i recettori sulla superficie cellulare.
Se un oggetto estraneo invade il corpo, diciamo
un virus o dei batteri, il sistema immunitario invia un mucchio di cellule
specializzate, come le cellule citotossiche, i microfagi, ecc. sul luogo
dell’invasione. Questi micro-guerrieri non fanno altro che accerchiare gli
invasori e distruggerli.
Ora, io credo che i nostri sé emozionali
utilizzino processi simili a quelli del nostro sistema immunitario. Anche la
funzione dell’immunità emozionale è di distinguere fra il sé e il non-sé. Se
qualcuno è tossico o offensivo, per noi, la nostra immunità emozionale ci separa
da lui. Abbiamo il senso di una sana autonomia psicologica. C’è il
riconoscimento che siamo esseri separati e che non siamo obbligati ad accettare
il loro abuso.
Ma questo avviene solo con un sistema immunitario
emozionale sano. Se esso è danneggiato, accetteremo l’abuso o la manipolazione
degli altri. In questi casi, non c’è un senso innato di autonomia psicologica e
noi sentiamo di non avere diritti se non quello di accettare l’abuso.
L’abuso può assumere molte forme. L’abuso fisico è ovvio, ma quello mentale o emozionale può essere difficile da individuare. Però, gli elementi tossici dell’abuso, che siano fisici, mentali o emozionali, sono simili, nel senso che sono tutti dannosi per l’immunità emozionale.
L’abuso può assumere molte forme. L’abuso fisico è ovvio, ma quello mentale o emozionale può essere difficile da individuare. Però, gli elementi tossici dell’abuso, che siano fisici, mentali o emozionali, sono simili, nel senso che sono tutti dannosi per l’immunità emozionale.
Joan (nome fittizio) aveva subito abusi sessuali
da parte del padre, che, ironia della sorte, era un ministro di culto. Egli
rivestiva una posizione altolocata, in un’ampia congregazione e, a quanto pare,
viveva due vite. Nonostante l’abuso fisico fosse terminato quando Joan aveva
circa dodici anni, l’abuso emotivo andò avanti. Il padre dispotico controllava
ogni sua mossa e sminuiva ogni suo singolo risultato.
La stessa Joan si definiva la perfetta figlia di
un sacerdote. Aveva sempre il sorriso sulle labbra e sapeva sempre cosa dire per
far sentire meglio qualcuno. Quando i suoi genitori non erano a casa, spesso lei
assisteva i parrocchiani che avevano problemi.
Al liceo e al college era molto popolare e aveva
moltissimi amici. Ma qualcosa mancava. Ella era distaccata dai propri sentimenti
e, benché sapesse come comportarsi a livello sociale, non aveva idea di che cosa
fare quando era sola. Era stata derubata del proprio senso del sé e nemmeno far
parte della migliore associazione universitaria femminile poteva farla sentire
meglio.
Mentre frequentava il college, Joan ebbe due
gravidanze indesiderate al di fuori del vincolo matrimoniale. Abortì il primo
figlio, con l’orrore dei genitori. Quando rimase di nuovo incinta, decise di
tenere il bambino. Riflettendo a posteriori sulla propria decisione, Joan mi
disse che proprio non sarebbe riuscita a sopportare il giudizio dei genitori una
seconda volta.
All’apparenza, Joan viveva una vita felice. Si
era sposata e aveva concepito un altro figlio. Le cose andavano bene – almeno in
superficie. Poi, quando Joan compì quarant’anni, iniziò a fare una serie di
sogni. Questi la perseguitarono per quasi tre anni, in sfumature differenti e
varie ambientazioni, ma sempre con il medesimo tema.
Una donna di colore le dava la caccia. La donna,
nera come la pece, aveva il colore della notte più buia. Era spaventosa e spesso
scopriva i denti e produceva dei sibili. Diceva sempre la stessa cosa “Cambia o
ti ucciderò!”
Dopo circa tre anni, i sogni cessarono. Joan, a
suo dire, non era cambiata quasi per niente. E poi, circa due anni dopo, a Joan
fu diagnosticato un cancro al seno.
La donna nera era un messaggero dal profondo, che
Joan aveva ignorato. Qualche parte, la parte autentica di Joan, era arrabbiata.
Per questo motivo la figura scura aveva scoperto i denti e sibilato come un
serpente. Il messaggero dell’inconscio inviava un richiamo di pericolo. Era
necessario che cambiasse qualcosa, o la vita non avrebbe potuto continuare. Il
“qualcosa” che aveva bisogno di cambiare era il modo di Joan di vivere per gli
altri anziché per se stessa.
Alla fine, Joan fu sopraffatta dalla malattia,
nonostante i valorosi sforzi dei medici per fermarla.
Ho menzionato questo caso, perché è un esempio
toccante di quello che io chiamo Cancro Emozionale e del prezzo che può
costare.
Il senso del sé di Joan era stato violato dal
padre e la sua immunità emozionale era stata danneggiata. Ad un livello
emozionale profondo ella sentiva di non avere diritto di fare scelte diverse da
quelle di chi le stava intorno. E, mentre questo Cancro Emozionale proliferava,
lei si era sentita progressivamente impotente.
Le sue relazioni somigliavano sempre più a delle ragnatele. Essendo piuttosto sensitiva, Joan riferì che spesso avvertiva i desideri delle persone che aveva intorno. Temeva le folle, i desideri conflittuali erano troppo, per lei.
Le sue relazioni somigliavano sempre più a delle ragnatele. Essendo piuttosto sensitiva, Joan riferì che spesso avvertiva i desideri delle persone che aveva intorno. Temeva le folle, i desideri conflittuali erano troppo, per lei.
A Joan non sfuggì l’ironia dell’aver sviluppato
il cancro al seno. Mi disse che, negli anni, si era sentita come una madre
involontaria del mondo intero.
Joan non riuscì a capire come poter reclamare il
proprio senso del sé e la vita che ne conseguiva. Non riuscì a cambiare il suo
mondo interiore e la figura oscura del suo inconscio venne a prenderla.
Guarire dal Cancro
Ho un’amica a cui capitò molti anni fa. Le era
stato diagnosticato un cancro in fase terminale e le fu consigliato di sistemare
ciò che doveva. Ella tornò a casa e annunciò ai familiari sgomenti, che stava
per lasciarli. Disse che, dato che la sua vita stava per finire, avrebbe fatto
qualcosa che aveva sempre desiderato fare – visitare il Giappone. Partì per
Tokio e si divertì talmente a viaggiare in Giappone e nel resto dell’Asia, che
il cancro andò in remissione!
Costruire l’Immunità Emozionale
Il primo obiettivo è riconoscere se si soffre di
sistema immunitario emotivo debole. Una sistema immunitario emotivo forte si
basa sul fatto di avere la capacità di riconoscere le proprie autentiche
necessità (e non voglie) e il permesso interiore di occuparsi di tali necessità.
Esso comprende anche un chiaro senso di se stessi come essere autonomo, separato
dagli altri.
Ora, questo a volte pone dei problemi per le
persone che seguono un cammino spirituale. Il motivo è che, a livello del cuore,
riconosciamo che siamo tutti Uno. Vediamo che c’è una vita, una coscienza, che
vive attraverso una moltitudine di forme. C’è un naturale senso di
interconnessione con gli altri, quando è attivato lo spazio del cuore. E, dal
punto di vista della coscienza superiore, non c’è comunque un sé separato dagli
altri.
E, anche se questo è vero, è vero anche che noi
abbiamo dei corpi che sono separati dagli altri corpi. E l’intelligenza innata
della nostra biologia impone che onoriamo tali differenze. Se non lo facciamo,
ci ammaleremo. I nostri sistemi immunitari seguono questa immutabile legge della
natura.
Anche i nostri sistemi immunitari emozionali
seguono questa legge. Se non diventiamo consapevoli degli elementi
psicologicamente tossici, e non li evitiamo, ci ammaleremo, fisicamente o
emozionalmente.
Spero sia chiaro, ormai, che il Cancro Emozionale
viene creato violando il senso del sé di una persona. Questo, normalmente,
avviene in seguito a qualche tipo di abuso. E, mentre l’abuso fisico, sessuale
ed emozionale sono ampiamente riconosciuti, c’è una forma di abuso che spesso
passa inosservata. Io lo chiamo abuso spirituale.
Nella sua forma più semplice, l’abuso spirituale
porta la persona a dimenticarsi del sé. Le proprie necessità vengono soppiantate
da un ideale che viene percepito come assai più elevato del mero sé. Questo
genere di rapina spirituale si manifesta in una miriade di forme e nessuna linea
spirituale ne è immune. Se siete parte di un gruppo o una scuola che nega la
validità dei vostri sentimenti e/o disonora le vostre necessità, allora vi
suggerisco di “fuggire da Dodge City!”
Il motivo per cui dico questo, è che la radice
della parola “holy” (santo) significa “rendere intero” (whole). Ciò che aumenta
la nostra interezza è sacro e ciò che la fa diminuire è profano. Il compito di
ricordare se stessi attraverso la coltivazione della consapevolezza emozionale è
un lavoro sacro.
In fin dei conti, il modo per proteggere la
nostra immunità emozionale è prestare attenzione alle nostre esigenze. Prima,
dobbiamo dare a noi stessi il permesso di riconoscere che le abbiamo. E,
secondo, dobbiamo trovare il modo di integrare le nostre necessità nella miriade
di richieste della nostra vita quotidiana. Non è un compito facile, specialmente
in una società che sembra del tutto propensa ad evitare
l’autoconsapevolezza.
Può esserci un sacco di pressione sociale
affinché una persona rimanga all’oscuro delle proprie necessità ed emozioni
autentiche – specialmente nelle “comunità spirituali”. Ad esempio, io ho
scoperto che coloro che non sono a proprio agio con le proprie necessità e
sensazioni, sono spesso a disagio con le necessità e i sentimenti degli
altri.
Che cosa fate con in vostri sentimenti, quando
essi si scontrano con quelli delle persone intorno a voi? Che cosa fate quando
le vostre necessità sono diverse da quelle di chi vi sta intorno? Queste sono
domande fondamentali e il modo in cui rispondete avrà un impatto significativo
sulla vostra “immunità emozionale”.
Per coloro che che scelgono il sacro lavoro di
ricordare il sé, non c’è altra maniera. Si deve trovare il sistema per essere
onesti con se stessi e accogliere le proprie necessità, mentre si vive in un
mondo che scoraggia la consapevolezza di sé e l’onestà.
È tosto, ma è uno dei giochi migliori che ci sono
in circolazione.
© 2011 Tom Kenyon. Tutti i diritti
riservati. È possibile copiare e divulgare questo materiale attraverso
qualunque mezzo, purché nulla venga alterato, sia citato l’autore e vengano
incluse le note di copyright e l’indirizzo web.
Autore:
Tom Kenyon
Traduttore: Nicoletta Ricci
Fonte web: tomkenyon.comEditing grafico: Hearthaware blog
Traduttore: Nicoletta Ricci
Fonte web: tomkenyon.comEditing grafico: Hearthaware blog
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