KRISHNAMURTI E LA DIRETTA PERCEZIONE DELLA VERITÀ
Krishnamurti
Krishnamurti
è stato uno dei più originali pensatori del nostro tempo, investigò le
fondamentali questioni della vita, il vero significato dell’amore, della
religione, del tempo e della morte senza cercarne le risposte nei
libri, nelle Sacre Scritture, senza accettarne alcuna credenza, né
alcuna religione organizzata, né alcun sistema di pensiero.
Come il Buddha, Krishnamurti
cercava la risposta a queste domande mediante l’osservazione, la ricerca
e la conoscenza di sé, giungendo a una percezione diretta della verità
che va oltre i concetti individuali, alle teorie e alle descrizioni.
Egli non era né un erudito né un intellettuale; non si occupava né di
teorie né di concetti, parlava soprattutto delle sue ricerche e delle
sue indagini...
Ciò che lui ha detto può essere stato detto prima da altri, ma Krishnamurti giunse alla verità da se stesso.
In un’epoca dominata dalla scienza e
dall’intelletto, egli ha indicato i limiti del pensiero e della
conoscenza come mezzo di vero cambiamento. In questo articolo propongo
di riflettere su alcuni aspetti essenziali del suo insegnamento come
pure delle grandi verità da lui esposte.
La fonte di tutti i problemi umani, grossi e piccoli, si trova nella psiche dell’individuo
L’uomo esiste su questo pianeta da oltre
un milione di anni, la sua conoscenza del mondo esterno è molto
progredita e sono aumentati e accresciuti il suo potere e la sua abilità
nel fronteggiare le calamità naturali ma, interiormente, nella sua
coscienza, l’uomo non è molto evoluto. E’ ancora assai simile all’uomo
primitivo: pauroso, insicuro, forma gruppi (religiosi e laici), combatte
e prepara la guerra, cerca vantaggi propri e biasima gli altri.
Jiddu Krishnamurti
E’ capace di viaggiare sulla luna e di
comunicare con tutto il globo in pochi minuti, ma non riesce ad amare i
suoi simili e a vivere in pace. L’uomo moderno è ancora brutale,
egoista, violento e possessivo come l’uomo primitivo, anche se ora si
nasconde dietro parole e pensieri nobili. Questo disarmonico sviluppo
dell’essere umano lo ha portato all’annullamento di se stesso. L’uomo è
sull’orlo della guerra nucleare, prossimo alla totale estinzione. Questi
suoi accresciuti poteri e conoscenze non sono uniti alla giusta
intelligenza e alla giusta visione che sono invece necessari.
Perché? Perché non ci siamo evoluti
psicologicamente? Perché non abbiamo mai diretto la nostra attenzione
interiormente, per comprendere i nostri pensieri e i nostri sentimenti?
Siamo così soddisfatti, così abbagliati dai nostri conseguimenti, dal
nostro “progresso” nel mondo esteriore, che abbiamo trascurato
completamente il mondo interiore della nostra coscienza. L’ostilità
dell’uomo primitivo poteva fare solo poco danno, ma quella dell’uomo
moderno, con tutto il suo potere, è molto più devastante e ne stiamo
subendo le disastrose conseguenze.
Crediamo di poter risolvere il problema
organizzando meglio la società ma è una radicata illusione realizzare
una società produttiva e non violenta, con milioni di individui violenti
e aggressivi. Anche se è possibile contenere la violenza in qualche
direzione, essa si esprimerà in altri modi. Le rivoluzioni vanno e
vengono, il dispotismo dell’uomo contro l’uomo non è ancora superato, ha
soltanto assunto altre forme.
Una società veramente non violenta e
pacifica è possibile soltanto se l’individuo si trasforma
psicologicamente e fondamentalmente. Qualsiasi altro cambiamento è
insignificante, temporaneo, non risolverà mai i problemi
definitivamente. Le caratteristiche di una società sono determinate da
quelle degli individui. Tutti i problemi che si manifestano oggi nella
società riflettono i problemi della psiche dell’individuo. Quindi
dobbiamo soprattutto occuparci della trasformazione interiore dell’uomo e
non semplicemente di come organizzare la società.
L’individuo cambia soltanto quando cambia la coscienza. La virtù non può essere imposta
Tutte le religioni hanno tentato di
cambiare l’uomo ma non ci sono riuscite. Se ci fossero riuscite, non
avremmo tanta crudeltà, guerre e odio. Dobbiamo quindi prendere in
considerazione come mai le religioni non sono riuscite a trasformare
l’uomo e imparare da questo. Tutte le religioni hanno indicato un
sentiero, una serie di virtù da praticare, dei vizi da evitare.
Mettere in pratica le virtù non altera
di per sé la coscienza dell’uomo. Praticare deliberatamente,
intenzionalmente azioni gentili non produce la gentilezza della propria
coscienza, diventa un’altra acquisizione, un’altra meta nella vita, un
altro metodo per ricercare la propria soddisfazione. La gentilezza del
cuore invece si esprime spontaneamente in ogni pensiero, in ogni parola e
in ogni azione.
Similmente non si può praticare la non
violenza, finché si è aggressivi, finché si odia e finché si è violenti
interiormente. La non violenza diventa solo una facciata, un’esteriorità
ipocrita, una fredda e calcolata commedia. E’ soltanto osservando le
cause della violenza ed eliminandole che la violenza finirà. Così la
virtù non può essere né praticata né coltivata. E’ uno stato mentale,
uno stato della coscienza che sopraggiunge quando c’è la conoscenza di
sé, la comprensione, la chiarezza e la visione intuitiva.
Non può essere acquisita con uno sforzo
di volontà, richiede ‘insight’. E l’insight giunge con l’osservazione,
con la riflessione e con la consapevolezza sensibile. E’ la percezione
della verità che libera la coscienza dalla sua ignoranza e dalle sue
illusioni; è l’ignoranza che genera il disordine della psiche. La bontà
deve essere spontanea, altrimenti non è bontà.
Qualsiasi cambiamento nella condotta
esteriore dell’uomo, generato dalla paura, dall’imposizione, dal
conformismo, dall’imitazione e dalla propaganda, non costituisce un vero
cambiamento nella nostra coscienza. Ed è perciò superficiale e
contrastante.
La Verità, la liberazione e
l’illuminazione non possono dipendere da un altro. Da tempo immemorabile
l’uomo dipende da un Guru, da una religione o da un libro per conoscere
il proprio cammino.
Krishnamurti mette in rilievo che la verità è una terra senza sentiero: “Dovete essere luce a voi stessi e non cercare la luce da un altro”. Il ruolo di un Guru è solo d’indicare la via: è l’individuo stesso che deve imparare. Saper imparare è molto più importante che sapere insegnare e nessuno può insegnare se non conosce se stesso.
Ognuno deve pervenire alla verità da se
stesso. Le nostre esperienze, le tradizioni della nostra cultura e della
nostra religione non trovano la vera risposta ad alcuna seria
questione. Le nostre credenze, le nostre opinioni, conclusioni e
pregiudizi, ci impediscono di vedere le cose nella loro vera prospettiva
poiché colorano la nostra visione.
Dobbiamo renderci conto di ciò e
dubitare di qualsiasi opinione, qualsiasi conclusione che ci venga alla
mente poiché ciò non rappresenta la verità. E’ quando si indaga in se
stessi per ricercare la verità e non semplicemente per ricercare
soddisfazioni che potremo apprendere, in un costante stato di ricerca e
di dubbio, senza cercare di arrivare.
Quel che possiamo ricevere da un altro è
un pensiero, una domanda, ma l’esplorazione deve essere propria. Finché
da voi stessi non pervenite alla verità, la verità è soltanto una
descrizione. C’è differenza tra il Buddha e il professore di filosofia
buddista; il primo ha il vero insight, la coscienza, l’altro ne ha
soltanto una descrizione.
L’uomo spesso confonde il simbolo, la
parola e il concetto con la cosa reale. Vero cristiano è colui che vive
secondo il sermone della montagna (e voi potete farlo se avete la
coscienza del Cristo) e non l’uomo che va in chiesa e ne adempie i riti.
Tutte le chiese, tutte le religioni organizzate sono solamente riuscite
a ridurre la grande verità semplicemente a un sistema, a un simbolo, a
un rito.
Ciò che importa non è l’abito,
l’etichetta, ma il contenuto della coscienza interiore. Il ruolo
dell’insegnante, del Guru, è quello di fare luce lungo la via. Non si
resta ad adorare la lampada, ma si percorre quella strada.
Krishnamurti ripetutamente enfatizzava che aveva poco significato accettare o respingere quello che lui diceva. Ha valore soltanto quando esaminiamo e scopriamo personalmente.
Qualsiasi organizzazione che tenta di
propagare la verità con la fede, ortodossia o propaganda, serve soltanto
a condizionare ulteriormente la mente dell’individuo e a renderlo
schiavo. Una significativa ricerca richiede libertà dalle credenze, dai
pregiudizi, dalle conclusioni e dai condizionamenti. Ciò richiede una
profonda conoscenza di se stessi. La verità non può essere organizzata e
diffusa, le organizzazioni che cercano di fare questo non hanno valore.
La comprensione intellettuale non è vera comprensione
Spesso una risposta intellettuale
soddisfa le nostre domande e ciò pone fine alla nostra ricerca. Quando
ciò accade, la comprensione intellettuale è un ostacolo alla scoperta
della verità. La verità è molto più profonda della logica e della
ragione e la risposta intellettuale non è una risposta completa. La
comprensione intellettuale può servire soprattutto a qualcosa di
superficiale.
La comprensione può essere confermata
dai libri o da parte di altri, ma è solo un modello di pensiero, parte
della memoria, da non confondere con la realizzazione della verità di
qualcosa. Così, se la comprensione intellettuale è limitata, allora
cos’è che rivela la verità? Si deve osservare noi stessi come fa uno
scienziato quando osserva un fenomeno che gli interessa; non vuol
cambiarlo, l’osserva senza scegliere, senza far sì che le sue scelte
interferiscano con quello che osserva.
Guarda Krishnamurti in video
Quando osserviamo noi stessi in quello
stesso modo, con passiva consapevolezza, senza formare una frettolosa
opinione o una conclusione, agendo con pazienza e con scetticismo,
soltanto allora potremo scoprire cosa è vero e cosa è falso e il falso
cadrà da solo senza alcuno sforzo di volontà. Allora l’ignoranza si
dissolverà alla luce della comprensione. Senza questo obiettivo e senza
l’appassionata, autentica ricerca delle nostre conclusioni, fedi,
attaccamenti, desideri e motivazioni, ha poco significato identificarsi a
un gruppo, a una teoria, a una fede e a un giudizio.
E’ una tragedia della nostra vita non
essere stati educati a guardarci nel modo giusto. Ci occupiamo solo del
mondo esterno affrontando in parte i suoi problemi. Si può essere abili
in certe attività ma non sappiamo se il piacere porta felicità, se il
desiderio e l’attaccamento sono la stessa cosa come l’amore e perché le
diversità fra gli uomini si trasformano in ineguaglianze. Se vediamo con
chiarezza che perseguire il piacere non porta la felicità, allora la
nostra prospettiva verso la vita si trasforma e il perseguimento del
piacere cade senza alcuno sforzo o sacrificio o soppressione.
Allora c’è una naturale austerità,
totalmente diversa dalla pratica auto imposta dell’austerità. E colui
che è realmente realizzato si rende conto che non è diverso da un altro
essere umano. Come mai diamo tanta importanza alle differenze
relativamente superficiali pur essendo tutte solo acquisizioni e perché
ci sentiamo diversi quando in realtà facciamo parte della stessa
coscienza umana?
Se, per ipotesi, togliamo a un uomo i
suoi averi, la sua conoscenza, le sue credenze, ecc. e guardiamo nella
sua coscienza, è essa veramente diversa da quella di un altro essere
umano? Come la casta, il colore, la fede di un essere umano non mutano
la composizione del suo sangue, i suoi requisiti sia mentali che
materiali non alterano la sua coscienza. E’ l’ignoranza dell’uomo che ci
divide, non le differenze fra di noi.
Conclusione
L’umanità è presa da una grande
illusione, crede di poter risolvere i suoi problemi mediante la
legislazione, le riforme politiche e sociali, il progresso scientifico e
tecnologico, una maggiore conoscenza, una grande ricchezza, un grande
potere e un grande controllo. L’umanità potrà risolvere qualche problema
con tutto ciò, ma si tratterà di problemi superficiali, temporanei;
hanno l’effetto dell’aspirina e non curano la malattia.
Continueremo a creare nuovi problemi da
una parte e cercheremo di risolverli da un’altra parte per mantenere
l’illusione di “progresso”. Non resta molto tempo ormai perché la
malattia si aggrava rapidamente e sta per estinguere l’”Uomo”. Se l’uomo
non si trasforma interiormente, mutando nella sua psiche, presto farà
parte di quelle sfortunate creature che sono vissute a lungo su questo
pianeta e poi si sono estinte perché non hanno saputo adattarsi.
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