LA MEDITAZIONE
JIDDU KRISHNAMURTI
Una mente meditativa
Una mente meditativa
è silenziosa. Non quel silenzio che può
essere concepito dal pensiero; non il silenzio di una placida sera; ma
quel silenzio che sorge quando il pensiero, con tutte le sue immagini,
tutte le sue parole e tutte le sue percezioni, è interamente cessato.
Questa mente meditativa è la mente religiosa: la religione in cui non vi
sono chiese, templi, canti.
La mente religiosa è l’esplosione
dell’amore: l’amore che non conosce separazione. Per questo amore il
lontano è vicino. Non è l’uno né i molti, bensì quello stato di amore in
cui cessano tutte le divisioni. Come la bellezza, non è a misura delle
parole. Solo a partire da questo silenzio agisce la mente meditativa.
La meditazione è una delle più grandi arti della vita,
forse la più grande, e non la si può
assolutamente imparare da nessuno, questa è la sua bellezza. Non c’è
tecnica e quindi non c’è autorità. Quando imparate qualcosa su di voi,
osservatevi, osservate il modo in cui camminate, il modo in cui
mangiate, ciò che dite, le chiacchiere, l’odio, la gelosia: se siete
consapevoli di tutte queste cose dentro di voi, senza alternativa, ciò
fa parte della meditazione.
Può esserci meditazione, dunque,
quando sedete in un autobus o passeggiate in un bosco pieno di luce e
di ombre, o ascoltate il canto degli uccelli o guardate il viso di
vostra moglie o del vostro bambino.
È strano come la meditazione divenga totalizzante;
non ha fine né principio. È come una
goccia di pioggia: in quella goccia ci sono tutti i corsi d’acqua, i
grandi fiumi, i mari e le cascate; la goccia nutre la terra e l’uomo:
senza quella goccia la terra sarebbe un deserto. Senza la meditazione
il cuore diventa un deserto, una landa desolata.
Meditazione è scoprire
se il cervello, con tutte le sue
attività, le sue esperienze, può essere assolutamente acquietato. Non
costretto, perché quando c’è costrizione, c’è dualità. L’entità che
dice: «Vorrei avere esperienze meravigliose, perciò devo costringere il
mio cervello a essere quieto», non ci riuscirà mai. Ma se cominciate a indagare, a osservare, ad ascoltare tutti i movimenti del pensiero,
i suoi condizionamenti, i suoi slanci, le sue paure, i suoi piaceri, a
guardare come funziona, allora vedrete che il cervello diventerà
estremamente quieto; una quiete che non è sonno ma è straordinariamente
attiva e quindi è quiete. Una grossa dinamo che funzioni perfettamente,
quasi non fa rumore; soltanto quando c’è attrito c’è rumore.
Il silenzio e la vastità si accompagnano.
L’immensità del silenzio è l’immensità della mente in cui non esiste un centro.
La meditazione è ardua.
Esige la più alta forma di disciplina:
non vuole conformismo, non vuole imitazione, non vuole obbedienza, ma
vuole una disciplina che passi attraverso la costante consapevolezza
delle cose fuori di te e delle cose dentro di te. La meditazione,
quindi, non è attività nell’isolamento, bensì azione nella vita
quotidiana che esige cooperazione, sensibilità e intelligenza. Senza il
fondamento di una vita retta la meditazione diventa una fuga e non ha
più valore. Una vita retta non è obbedienza alla morale sociale, bensì
libertà dall’invidia, dalla cupidigia e dalla ricerca del potere, che
generano l’inimicizia. La libertà da questi mali non passa attraverso
l’attività della volontà, ma attraverso la consapevolezza che ne
acquistiamo con l’autoconoscenza. Senza conoscere le attività del sé la
meditazione diventa esaltazione dei sensi e perde ogni significato.
La continua ricerca di esperienze più vaste,
più profonde e trascendenti è una forma
di fuga dalla realtà effettiva di “ciò che è”, vale a dire da noi
stessi, dalla nostra mente condizionata. Perché una mente sveglia,
intelligente, libera, dovrebbe aver bisogno di esperienze, perché
dovrebbe avere “esperienze”? La luce è luce; non richiede altra luce.
La meditazione è una cosa tra le più straordinarie.
Non conoscerla vuol dire essere come un
cieco in un mondo di colori splendenti, di ombre e luci cangianti. Non è
questione di intelletto, ma, quando il cuore entra nella mente, la
mente assume una qualità completamente diversa; diviene realmente
illimitata, non solo quanto alla sua capacità di pensare, di agire in
modo efficace, ma anche per la sensazione di vivere in un vasto spazio
nel quale siamo parte di tutto.
La meditazione è il movimento
dell’amore. Non l’amore del singolo o di molti. È come l’acqua che tutti
possono bere da qualsiasi recipiente, che sia un vaso d’oro o una
brocca d’argilla: è inesauribile. E accade una cosa particolare, che né
le droghe né l’autoipnosi possono dare: è come se la mente entrasse in
se stessa, dapprima alla superficie, per poi penetrare sempre più
profondamente, finché profondità e altezza non hanno più senso e ogni
sistema di misura scompare. In questo stato vi è una pace totale, non la
soddisfazione che deriva dalla gratificazione, ma una pace che ha in
sé ordine, bellezza e intensità. Può essere distrutta, così come si può
distruggere un fiore, eppure, proprio a causa della sua vulnerabilità, è
indistruttibile. Questa meditazione non la si può apprendere da un
altro. Dovete cominciare senza saperne nulla e muovervi nell’innocenza.
Il terreno in cui può nascere la mente
meditativa è quello della vita quotidiana, la lotta, il dolore e la
gioia fugace. È lì che deve nascere, e recare ordine, e da lì muoversi
all’infinito. Ma se vi interessa solo l’ordine, allora l’ordine stesso
porterà con sé il proprio limite, e la mente ne sarà prigioniera. In
questo movimento dovete in qualche modo cominciare dall’altro estremo,
dalla sponda opposta, e non curarvi soltanto di questa sponda e di
come attraverserete il fiume. Dovete gettarvi nel fiume senza saper
nuotare. E il bello della meditazione è che non sapete mai dove siete,
dove andate e qual è la meta.
LA MEDITAZIONE – JIDDU KRISHNAMURTI
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