martedì 17 giugno 2014

 Tutti pazzi per lo yoga cristiano

Video-lo yoga cristiano

 https://www.youtube.com/watch?v=uHSlcfvS1cA

 

Yoga

Harold Rahm il “gesuita terribile” afferma

 “Yoga significa unione con Dio, con la natura e con se stessi”


MARCO TOSATTI ROMA

Yoga è una parola di origine sanscrita, che significa “Unione”. E a dispetto di molte discussioni e controversie quello che generalmente viene definito “yoga cristiano” viene praticato sempre più spesso e più ampiamente, soprattutto dall’altra parte dell’oceano. 

Uno dei casi più interessanti, da un punto di vista religioso e umano, forse è quello di un gesuita statunitense di nascita, naturalizzato brasiliano, Harold Rahm, che dopo aver messo in piedi una quantità di attività assistenziali e di recupero da cinque anni (ne ha 93!) si è dedicato quasi completamente alla pratica e all’insegnamento di quello che definisce Yoga Cristã, Yoga cristiano.


“Un gesuita terribile” si chiama una sua biografia  in portoghese. E in effetti padre Harold ha un curriculum impressionante. Dal 1952 al 1964 lavora a El Paso con giovani e adolescenti marginalizzati; si trasferisce in Brasile, e crea il movimento di Liderança Cristã –TLC, che si diffonde in tutto il Brasile e anche in Italia, e si occupa della formazione di giovani leader cristiani. Dal 1978 si occupa di comunità terapeutiche, per il recupero di adulti dipendenti da alcol e droghe. Un’attività che lo porta a fondare la Federazione brasiliana prima, e poi latino-americana di comunità terapeutiche. Nel frattempo mette in piedi il movimento “Amore esigente” di sostegno alle famiglie, e un centro di studio e promozione delle donne marginalizzate. Poi, nel 2007, essendo giunto all’età di 88 anni (è nato nel 1919) inizia i corsi di Yoga cristiano, diffondendo questa pratica in varie città del Brasile.

“Yoga significa unione con Dio, con la natura e con se stessi”, spiega il “gesuita terribile”. “Vogliamo raccomandare lo Yoga cristiano come una delle basi per capire che cosa è pregare. E’ un modo che ci può aiutare a incontrare e a sentire la presenza della Santissima Trinità nel nostro cuore, il luogo segretissimo dove risuona la sua voce”.

Le tensioni e l’affanno di ogni giorno, secondo padre Harold, impediscono di prendere coscienza della presenza di Dio in noi; e la pratica dello yoga invece “può aiutarci a prendere coscienza del Dio vivo in noi”. L’intelletto non basta all’uomo per giungere a Dio, spiega il sacerdote; “L’uso corretto dei sensi, dell’intuizione e del cuore può avvicinarci all’obiettivo. Usando correttamente tutte le sue facoltà nell’orazione l’uomo, con la grazia divina, raggiunge una capacità illimitata di Dio. Gesù Cristo era un orientale, e pensando come gli orientali forse possiamo capire meglio le sue parole”.

Da molto lontano a nord, dall’Alabama (ma potremmo scegliere in molti altri luoghi) gli fa eco Susan Borderkircher, un’istruttrice ei Yoga dell’Unione Metodista. “Crediamo che Dio benedirà il nostro sincero sforzo di approfondire una relazione con Lui”. Susan guida i suoi allievi verso “una ricerca Cristocentrica di guarigione fisica e di crescita spirituale”. Questo approccio “ci permette di combinare questi due aspetti: diventare sani fisicamente e sani spiritualmente”.

Ancora più a nord, in Colorado, a Denver, Joseph Lagae parla apertamente di se stesso come di un “Catholic Yogi”. Di più: sostiene che è stato grazie allo Yoga che è tornato a credere in Dio, e nel Dio dei cattolici romani. “Lo yoga ha aiutato Joseph a essere ricettivo alla grazia di Dio e a tornare alle sue radici cattoliche. Ora Joseph sta imparando a incorporare tecniche yoga in pratiche di meditazione cristiana, e nello stesso tempo ad aprire la mente e il corpo all’amore di Gesù”.

Come è ovvio perplessità e ipotesi contrarie non mancano; la Civiltà Cattolica, qualche anno ha negato la possibilità che questi percorsi siano fruttuosi, e anche in campo protestante le voci contrarie non mancano. Da parte indù citiamo Rajiv Malhotra, un esperto indiano praticante di yoga. “Anche se lo yoga non è una religione nel senso abramitico del termine, è un cammino spirituale ben stabilito. Le sue posizioni fisiche sono solo la punta dell’iceberg, al disotto delle quali c’è una precisa metafisica con ampiezza e estensione profonde.

 I suoi benefici spirituali sono ottenibili da chiunque, indipendentemente dalla religione. Ma le premesse e le conseguenze dello yoga vanno contro molto di ciò che è il cristianesimo, così come è compreso oggi”. Ma dispetto dei messe in guardia, o aperte contrarietà, il fenomeno è in espansione, negli Stati Uniti in particolare e un po’ in tutto il mondo occidentale.



Lo Yoga per i cristiani 
intervista a P. Dechanet, monaco benedettino e cultore di Yoga

Lo Yoga per i cristiani
Lo Yoga per i cristiani
Ormai la stampa le attribuisce il titolo di «yoghi dell’Occidente»; vorrebbe spiegarci come si è interessato allo yoga?



Non mi sono interessato allo yoga; l’ho incontrato casualmente sulla mia strada. Posso dire che quando ne sono venuto a conoscenza attraverso la Lettura di un articolo, già lo praticavo a mio modo. Sono stato malato fino all’età di quarant’anni, quando un medico ha scoperto la causa della mia malattia e mi ha ridonato la salute

Soffrivo di una gravedepressione intellettuale e fisica, che paralizzava ogni mia attività. La salute mi ha fatto sentire il bisogno di liberarmi attraverso l’azione e il movimento. Una ginnastica dura e difficile (posso dire di aver praticato tutti i tipi alla moda) mi ha aiutato a guarire.



A questo punto è avvenuto l’incontro con lo yoga; i suoi esercizi mi hanno dato la grandegioia del silenzio mentale (così infatti ho intitolato il mio primo saggio sull’argomento). Ho risentito un. nuovo bisogno di pregare. Il mio spirito riprendeva a lavorare in profondità, avevo la possibilità di pensare a qualcosa come di non pensare assolutamente a niente. In me si risvegliava una energia fino allora addormentata; più tardi ho imparato a chiamarla la «conoscenza attraverso la via del cuore». Avevo già avuto un presentimento per aver studiato i mistici del Medio Evo che parlano di una doppia conoscenza: una conoscenza intellettuale-razionale, sul piano delle idee, e una conoscenza al di là del pensiero, sul piano del cuore, chiamata «intellectio amoris». 
Mentre in me si svolgeva questa esperienza, ho scoperto pure che lo yoga si poteva adattare alla nostra mentalitàoccidentale e alla nostra fede. Lo yoga è stato a servizio di tutte le religioni e di tutte leideologie! Il Buddismo, il Bramanesimo, il Vedantismo, il Taoismo; si è adattato al Buddismo ateo come al Buddismo teista. Perché non poteva servire anche ilCristianesimo? Mi veniva sempre più chiara l’idea che poteva nascere uno yoga adatto alla nostra mentalità occidentale, al nostro temperamento e alla nostra attività; al nostro bisogno di espansione e alla nostra fede. Mi sembrava che lo yoga non dovesse servire solamente agli asceti che si ritirano sull’Himalaia.

LO YOGA: FONTE DI UNITA’ COL TUTTO
Ormai la sua esperienza di yoga occidentale e in particolare di yoga cristiano è abbastanza lunga. Vorrebbe precisarci quali sono le esigenze fondamentali del nostro vivere quotidiano a cui lo yoga dà una risposta?



Lo yoga pone l’uomo in relazione con il suo ambiente e con il mondo: è questo ciò che ho imparato seguendo la «via del silenzio» o «via del cuore», che è la stessa cosa. In Occidente infatti si ha una spiritualità idealista che da secoli predica la fuga dal mondo. Viviamo un Cristianesimo di «fuga», a causa dell’influenza del manicheismo e del protestantesimo. La nostra spiritualità è basata sull’opposizione tra ciò che è fisico emateriale e ciò che è spirituale, tra ciò che è umano e ciò che è divino, tra la carne e lo spirito, il mondo e Dio. Questi elementi invece non si contraddicono, ma sono complementari; la vera liberazione dell’uomo sta nel vivere la pienezza della vita, sfuggendo il dualismo. 



Non vivere solamente con il cuore, né solamente con lo spirito, ma vivere coscienti che lo spirito è incarnato. In fondo, l’opposizione che viviamo è paradossale, l’uomo deve vivere interamente, non solamente con lo spirito o solamente con la carne. L’uomò è più profondo della riduzione che ne fa il materialismo o lospiritualismo. La spiritualità orientale invece è più preoccupata di aiutare a raggiungere l’unità, anziché portare alla santità morale. E giustamente lo yoga cerca l’unità, la gioia; cerca di unire quello che sembra diviso, contraddittorio. Ricostruire l’unità di tutte le componenti dell’essere umano, fatto di cose eterogenee: il corpo e lo spirito, la carne e l’io profondo. E’questo bisogno di unità che più mi ha impressionato nella mia esperienza dello yoga.

Penso che sia particolarmente interessante quello che lei ha detto sulla realizzazione dell’unità attraverso lo yoga. In genere si crede che siano gli orientali a sfuggire il mondo, non noi che lo abbiamo dominato con le scoperte geografiche e con ta tecnica. Ma come spiega lei il fatto che gli orientali chiamino il mondo «maya», da noi tradotto con «illusione», se sono tesi a questa unità con le cose?


Questo termine è inteso male: non vuol dire illusione, nel senso nostro, mamanifestazione del reale. Tutto è simbolo, tutto è immagine, tutto è figura. Si tratta di cogliere da questo simbolo e da questa figura la realtà di cui essi sono messaggeri. Compito dell’uomo è di giungere alla vera essenza delle cose, andando al di là della forma nella quale esse ci appaiono: in questo senso il mondo è «maya». Lo yoga cristiano poi ha una parola in più da aggiungere; si può comprendere meglio questaconcezione se si pensa alla figura della Genesi, in cui Dio ha preso del fango e ha modellato il corpo dell’uomo, e poi ha dato vita a questo corpo, per mezzo del suo soffiovitale. L’uomo respira per mezzo del soffio divino; apre gli occhi: ecco che la sua vita incomincia. L’uomo deve prendere coscienza di essere stato plasmato dalla terra e di riunire in sé elementi divini e terrestri: è lui la ricapitolazione dell’ordine universale.


CONOSCERE ATTRAVERSO IL CUORE
Se ho ben capito, lo yoga propone l’unità di corpo, spirito, cosmo; e solo dopo questa unità l’uomo può avere esperienza di Dio. Ci vorrebbe precisare la funzione del corpo in questa ricerca?


L’errore di una certa filosofia religiosa è stato quello di separare l’uomo dal mondo e dallanatura, pretendendo che vivesse solo con lo spirito. Da qui nasce l’incapacità dell’uomo di comprendere la sua vera realtà ed il continuo contrasto con la materia e quindi con il suo corpo. Bisogna prendere coscienza che il corpo umano è il punto di partenza dellaricerca di Dio (questo devo riconoscere di averlo imparato da Guglielmo di S. Tierry, un monaco medioevale). Non bisogna certo vivere per il corpo, ma bisogna pure ricordare che non possiamo vivere senza di lui. Bisogna di conseguenza trattarlo con saggezza. Si deve ritornare all’immagine del soffio divino, il soffio che Dio ha immesso nell’uomo. Questo soffio divino è una scintilla di vita divina ed essa è nel profondo del cuore di ognuno di noi. Ed è per mezzo di questo io intimo e profondo che Dio si fa conoscere. Infatti se c’è equilibrio nel corpo c’è equilibrio anche nello spirito e in tutto l’uomo. La materia non è mai sola e lo spirito non ì mai solo. La filosofia antica non metteva in opposizione la vita fisica con la vita spirituale; secondo la religione antica tutto era unito, tutto era avvolto dalla sacralità delle cose, tutto era marcato dal segno divino, tutto era la vita che si manifesta nell’unità del Cosmo. Gli indù avevano capito il valore di questo cuore che fa l’unità dell’uomo. In fondo a questo cuore esiste il «purusha» (ciò che è spirito), ma «purusha» può manifestarsi soltanto attraverso la materia. Devo perciò dire che il corpo manifesta lo spirito.

L’uomo è un piccolo mondo e può condurre una sua vita personale; egli può vivere senza tener conto del mondo di cui fa parte, ma in questo modo non raggiunge la pienezza dellavita. Egli deve prendere coscienza del mondo che lo circonda, inserirvisi, integrarvisi. L’uomo non riuscirà a realizzare veramente se stesso se si scinde dall’universo che lo circonda. La disarmonia del suo essere e la sua insoddisfazione nascono quando non riesce ad integrare il mondo intellettuale con quello fisico. Egli è spesso incapace di fare la sintesi tra i due elementi: il corpo e l’anima. La scissione dell’uomo con il cosmo che lo circonda o la scissione dell’uomo con se stesso è stata approfondita dalla divisione che si è fatta, a partire dal tredicesimo secolo, tra soprannaturale e naturale.
Mi sembra che secondo lei la conoscenza dell’uomo non si ha né attraverso la ragione, né attraverso la sua realtà materiale, ma attraverso quello che lei definisce in alcuni momenti «l’io profondo», in altri semplicemente «cuore». La disciplina yoga fermerebbe la sua attenzione soprattutto su questa capacità umana, e ogni posizione del corpo dovrebbe servire a risvegliare questa «conoscenza per amore» (intellectio amoris). Ma cos’è questo cuore, questo io profondo? Lei ha scritto un libro dal titolo: «Va dove ti porta il cuore».



La cosa più importante della nostra vita è quella di saper comunicare con gli elementi che Dio ha messo a nostra disposizione. Gli organi dei sensi hanno un valore primario. L’energia entra in noi non soltanto per mezzo della respirazione: essa entra in noi prima di tutto attraverso i sensi. Una delle arti dello yoga è quella di saper rieducare gli organi sensoriali. Attraverso i sensi noi possiamo arrivare a sentire delle sensazioni profonde, interiori. C’è uno stretto rapporto tra i sensi del corpo e i sensi spirituali. Si arriva a Dio, alla sua conoscenza, per mezzo di sensazioni interiori profonde. Queste sensazioni profonde sono come il simbolo delle sensazioni esteriori, delle sensazioni del corpo e viceversa. La vita naturale deve portarci a questa vita profonda che è una comunioneintensa con Dio. Lo yoga ci può aiutare a comprendere meglio la nostra vita naturale e le nostre percezioni per farci arrivare a conoscere Dio.


Lo yoga ha lo scopo di farci vivere in vera pienezza e di sviluppare in noi una certa comunione con Dio. Troppo spesso ci si limita solo ad un certo numero di posizioni che si fanno per avere un miglior portamento: lo yoga invece deve far sviluppare l’uomo nella sua vita profonda. Per mezzo della comunione con le forze esteriori, con le forze della natura, si crea in noi l’equilibrio e l’armonia. Un altro aspetto importante dello yoga è quello di saper comunicare agli altri l’energia ricevuta. Noi riceviamo la vita e l’energia, raggiungiamo la nostra pienezza; dobbiamo però essere capaci di donarla a coloro con cui siamo in contatto.
Lo yoga cristiano è uno yoga interiore, uno yoga integrale che tiene conto della pienezzadell’essere che si è integrato con le forze che Dio mette a sua disposizione. L’obiezione che questo io profondo può portare ad un qualunquismo morale, mi sembra non abbia senso. Ci siamo scagliati troppo contro i cosiddetti «peccati della carne», dimenticando che esistono anche delle «passioni intellettuali», che fanno più male di tutte le concupiscenze della carne.
DAL COSMO AL DIO PERSONALE
Ma in definitiva lo yoga orientate confonde Dio con il cosmo o con il tutto. Come può questa concezione essere messa in accordo con la concezione di un Dio personale, propria del cristianesimo?



La contraddizione è puramente nella mente e l’intellettuale non arriva a conoscere, con il suo metodo, che una minima parte della realtà e di Dio. La visione cristiana è un completamento, perché vi aggiunge il dialogo interpersonale tra Dio e l’uomo. Nel nostro mondo esiste una rottura tra l’uomo e il mondo e di conseguenza tra l’uomo e Dio. L’uomo deve ritornare a Dio comprendendo il valore sacro delle cose, rispettando il pensiero di Dio ed integrandosi a questo pensiero, e nello stesso tempo egli deve integrarsi nel mondo. Tutte le manifestazioni della vita religiosa, tutte le strade, tutti i gesti liturgici, ed anche i sacramenti, hanno lo scopo di reintegrare l’uomo in un cosmo in cui le cose hanno un valore sacro. Bisogna vedere la bellezza della creazione: in tutto ciò che Dio ha creato non c’è rottura, non c’è disunione: tutto è segnato dalla sua mano.

 Il corpo umano deve essere considerata come un tempio, il tempio di Dio. Bisogna arrivare a fare l’unione tra il mondo materiale e il mondo di Dio. Lo yoga, uno yoga ben fatto ci aiuta a posare sulla creazione uno sguardo comprensivo, uno sguardo che ci unisce ad essa. Gli esercizi dello yoga e la meditazione ci aiutano a sentire la vita che palpita nella natura, con cui si ristabilisce un equilibrio. Così solamente si può esperimentare che si è degli esseri creati da Dio e Lo si comprende meglio. Si ha una gioia profonda, si sente vibrare tutta la creazione: è una ripresa di contatto con Dio. Bisogna arrivare a ricollegare tra loro il corpo, l’intelligenza e il cuore. Ogni ascesi dell’amore è sacra: Dio è presente in tutte le manifestazioni della vita.

Noi siamo dei mediatori e se non lo siamo manchiamo alla nostra vocazione di uomini.
Lo yoga in fondo è una disciplina indiana. Non è forse solo un gusto esotico il pretendere di trasportarlo in Europa?


Credo veramente di no, se si fanno le cose seriamente. Nel suo spirito originario lo yoga non ha niente a che vedere con lo sforzo di ricupero che noi facciamo in Occidente di un uomo disumanizzato, ridotto dalla società ad essere un puro strumento e un soggetto di consumo.

Lo yoga dello yoghi autentico è senza dubbio un’arte di vivere a solo vantaggio dello spirito, nello sforzo di penetrare tutto quello che nell’universo non è che un simbolo (maya), apparenza fuggitiva del reale, manifestazione effimera dell’assoluto. Uno yoghi è un grande saggio che ha lasciato tutto «per realizzarsi come Dio o particella di Dio». Un vero yoghi è più distaccato dal mondo e dalle sue tentazioni del più severo monaco dell’Occidente. E’ bene ricordare questo per mettere in luce i limiti materialistici dello yoga della maggior parte dei professori e maestri occidentali in questo campo. Ma si deve rivendicare allo yoga integrale la sua qualità di disciplina dello spirito umano nel senso più profondo e unitario al quale abbiamo accennato. Ho una larga esperienza di questi casi per cui spesso dico a questa gente: «Se il vostro allievo, dopo aver ricuperato quellaserenità fisica che ricercava, vi porrà, come abbastanza spesso succede, dei problemispirituali, risponderete con la teologia religiosa dell’Induismo?».
Che cosa cerca in genere una persona che si rivolge ai centri yoga o che viene al suo eremo?


Ci sono le situazioni più complesse. Talvolta c’è un bisogno diverso di andare a Dio, una fatica e una disillusione nella preghiera tradizionale; altre volte si desidera solo star meglio fisicamente o migliorare il proprio portamento fisico. Per alcuni è una fuga, undesiderio di fuggire la realtà quotidiana. Al fondo di tutti c’è una insoddisfazione confusa. Così inizia l’esperienza yoga, che poi in genere matura verso una ricerca spirituale. Lentamente queste persone si convincono che non si tratta di fuggire ma di incontrare: incontrare la famiglia, incontrare l’uomo o la donna, incontrare la comunità. Lo yoga orientale nel suo spirito più genuino vuole portare a vivere in armonia con il mondo, perché non si ha responsabilità in un’azione finché non ci si entra con tutte le dimensioni della nostra personalità. Si comprende lentamente che: lo yoga non è una ginnastica muscolare, per far lavorare le ghiandole; è una vita più profonda, è una, vita contemplativa. Voi dite “DIO”, ma che cosa vuol dire questa parola? Bisogna far esperienza di Dio che sta al fondo dell’essere umano, all’ interno di noi, che è la santificazione, l’unità, una unità sempre più grande; Dio è in noi e noi siamo in Dio. Per molti cultori dello yoga Dio non è una persona; non tentano neppure di definirlo; Dio è la Forza vitale, è la Natura. Si tratta allora di comunicare con questa Natura.

Lo yoga cristiano aiuta a capire che Dio è persona in perpetuo rapporto con il mio io persona; Dio è una realtà a cui voglio partecipare sempre di più, come un altro da me, e un altro in cui mi riconosco, che entra nella mia contemplazione. Un vero contatto non porta a definire la verità; la verità ci deve impressionare come viene impressionata una lastra fotografica. Io penso che su questo piano l’annuncio cristiano porta un completamento qualitativo allo yoga orientale.

LEGGI :

Libro  “Lo yoga per i cristiani”

Intervista a P. Dechanet, monaco benedettino e cultore di yoga

Ormai la stampa le attribuisce il titolo di «yoghi dell'Occidente»; vorrebbe spiegarci come si è interessato allo yoga?
Non mi sono interessato allo yoga; l'ho incontrato casualmente sulla mia strada. Posso dire che quando ne sono venuto a conoscenza attraverso la Lettura di un articolo, già lo praticavo a mio modo. Sono stato malato fina all'età di quarant'anni, quando un medico ha scoperto la causa della mia malattia e mi ha ridonato la salute. Soffrivo di una grave depressione intellettuale e fisica, che paralizzava ogni mia attività. La salute mi ha fatto sentire il bisogno di liberarmi attraverso l’azione e il movimento. Una ginnastica dura e difficile (posso dire di aver praticato tutti i tipi alla moda) mi ha aiutato a guarire.

A questo punto è avvenuto l'incontro con lo yoga; i suoi esercizi mi hanno dato la grande gioia del silenzio mentale (così infatti ho intitolato il mio primo saggio sull’argomento). Ho risentito un. nuovo bisogno di pregare. Il mio spirito riprendeva a lavorare in profondità, avevo la possibilità di pensare a qualcosa come di non pensare assolutamente a niente. In me si risvegliava una energia fino allora addormentata; più tardi ho imparato a chiamarla la « conoscenza attraverso la via del cuore ». Avevo già avuto un presentimento per aver studiato i mistici del Medio Evo che parlano di una doppia conoscenza: una conoscenza intellettuale-razionale, sul piano delle idee, e una conoscenza al di là del pensiero, sul piano del cuore, chiamata «intellectio amoris». 

Mentre in me si svolgeva questa esperienza, ho scoperto pure che lo yoga si poteva adattare alla nostra mentalità occidentale e alla nostra fede. Lo yoga è stato a servizio di tutte le religioni e di tutte le ideologie! il Buddismo, il Bramanesimo, il Vedantismo, il Taoismo; si è adattato al Buddismo ateo come al Buddismo teista. Perché non poteva servire anche il Cristianesimo? Mi veniva sempre più chiara l’idea che poteva nascere uno yoga adatto alla nostra mentalità occidentale, al nostro temperamento e alla nostra attività; al nostro bisogno di espansione e alla nostra fede. Mi sembrava che lo yoga non dovesse servire solamente agli asceti che si ritirano sull’Himalaia.
LO YOGA: FONTE DI UNITA' COL TUTTO
Ormai la sua esperienza di yoga occidentale e in particolare di yoga cristiano è abbastanza lunga. Vorrebbe precisarci quali sono le esigenze fondamentali del nostro vivere quotidiano a cui lo yoga dà una risposta?
Lo yoga pone l’uomo in relazione con il suo ambiente e con il mondo: è questo ciò che ho imparato seguendo la « via del silenzio » o « via del cuore », che è la stessa cosa. In Occidente infatti si ha una spiritualità idealista che da secoli predica la fuga dal mondo. Viviamo un Cristianesimo di « fuga », a causa dell'influenza del manicheismo e del protestantesimo. La nostra spiritualità è basata sull'opposizione tra ciò che è fisico e materiale e ciò che è spirituale, tra ciò che è umano e ciò che è divino, tra la carne e lo spirito, il mondo e Dio. Questi elementi invece non si contraddicono, ma sono complementari; la vera liberazione dell’uomo sta nel vivere la pienezza della vita, sfuggendo il dualismo. 

Non vivere solamente con il cuore, né solamente con lo spirito, ma vivere coscienti che lo spirito è incarnato. In fondo, l'opposizione che viviamo è paradossale, l'uomo deve vivere interamente, non solamente con lo spirito o solamente con la carne. L'uomò è più profondo della riduzione che ne fa il materialismo o lo spiritualismo. La spiritualità orientale invece è più preoccupata di aiutare a raggiungere l'unità, anziché portare alla santità morale. E giustamente lo yoga cerca l’unità, la gioia; cerca di unire quello che sembra diviso, contraddittorio. Ricostruire l’unità di tutte le componenti dell’essere umano, fatto di cose eterogenee: il corpo e lo spirito, la carne e l'io profondo. E’questo bisogno di unità che più mi ha impressionato nella mia esperienza dello yoga.
Penso che sia particolarmente interessante quello che lei ha detto sulla realizzazione dell'unità attraverso lo yoga. In genere si crede che siano gli orientali a sfuggire il mondo, non noi che lo abbiamo dominato con le scoperte geografiche e con ta tecnica. Ma come spiega lei il fatto che gli orientali chiamino il mondo «maya», da noi tradotto con «illusione», se sono tesi a questa unità con le cose?
Questo termine è inteso male: non vuol dire illusione, nel senso nostro, ma manifestazione del reale. Tutto è simbolo, tutto è immagine, tutto è figura. Si tratta di cogliere da questo simbolo e da questa figura la realtà di cui essi sono messaggeri. Compito dell'uomo è di giungere alla vera essenza delle cose, andando al di là della forma nella quale esse ci appaiono: in questo senso il mondo è « maya ». Lo yoga cristiano poi ha una parola in più da aggiungere; si può comprendere meglio questa concezione se si pensa alla figura della Genesi, in cui Dio ha preso del fango e ha modellato il corpo dell’uomo, e poi ha dato vita a questo corpo, per mezzo del suo soffio vitale. L’uomo respira per mezzo del soffio divino; apre gli occhi: ecco che la sua vita incomincia. L'uomo deve prendere coscienza di essere stato plasmato dalla terra e di riunire in sé elementi divini e terrestri: è lui la ricapitolazione dell’ordine universale.
CONOSCERE ATTRAVERSO IL CUORE
Se ho ben capito, lo yoga propone l’unità di corpo, spirito, cosmo; e solo dopo questa unità l’uomo può avere esperienza di Dio. Ci vorrebbe precisare la funzione del corpo in questa ricerca?
L'errore di una certa filosofia religiosa è stato quello di separare l'uomo dal mondo e dalla natura, pretendendo che vivesse solo con lo spirito. Da qui nasce l’incapacità dell’uomo di comprendere la sua vera realtà ed il continuo contrasto con la materia e quindi con il suo corpo. Bisogna prendere coscienza che il corpo umano è il punto di partenza della ricerca di Dio (questo devo riconoscere di averlo imparato da Guglielmo di S. Tierry, un monaco medioevale). Non bisogna certo vivere per il corpo, ma bisogna pure ricordare che non possiamo vivere senza di lui. Bisogna di conseguenza trattarlo con saggezza. Si deve ritornare all’immagine del soffio divino, il soffio che Dio ha immesso nell’uomo. 

Questo soffio divino è una scintilla di vita divina ed essa è nel profondo del cuore di ognuno di noi. Ed è per mezzo di questo io intimo e profondo che Dio si fa conoscere. Infatti se c’è equilibrio nel corpo c’è equilibrio anche nello spirito e in tutto l'uomo. La materia non è mai sola e lo spirito non ì mai solo. La filosofia antica non metteva in opposizione la vita fisica con la vita spirituale; secondo la religione antica tutto era unito, tutto era avvolto dalla sacralità delle cose, tutto era marcato dal segno divino, tutto era la vita che si manifesta nell'unità del Cosmo. Gli indù avevano capito il valore di questo cuore che fa l'unità dell'uomo. In fondo a questo cuore esiste il « purusha » (ciò che è spirito), ma «purusha» può manifestarsi soltanto attraverso la materia. Devo perciò dire che il corpo manifesta lo spirito.
L'uomo è un piccolo mondo e può condurre una sua vita personale; egli può vivere senza tener conto del mondo di cui fa parte, ma in questo modo non raggiunge la pienezza della vita. Egli deve prendere coscienza del mondo che lo circonda, inserirvisi, integrarvisi. L’uomo non riuscirà a realizzare veramente se stesso se si scinde dall’universo che lo circonda. La disarmonia del suo essere e la sua insoddisfazione nascono quando non riesce ad integrare il mondo intellettuale con quello fisico. Egli è spesso incapace di fare la sintesi tra i due elementi: il corpo e l’anima. La scissione dell'uomo con il cosmo che lo circonda o la scissione dell'uomo con se stesso è stata approfondita dalla divisione che si è fatta, a partire dal tredicesimo secolo, tra soprannaturale e naturale.
Mi sembra che secondo lei la conoscenza dell'uomo non si ha né attraverso la ragione, né attraverso la sua realtà materiale, ma attraverso quello che lei definisce in alcuni momenti «l’io profondo», in altri semplicemente «cuore». La disciplina yoga fermerebbe la sua attenzione soprattutto su questa capacità umana, e ogni posizione del corpo dovrebbe servire a risvegliare questa «conoscenza per amore» (intellectio amoris). Ma cos'è questo cuore, questo io profondo? Lei ha scritto un libro dal titolo: «Va' dove ti porta il cuore ».
La cosa più importante della nostra vita è quella di saper comunicare con gli elementi che Dio ha messo a nostra disposizione. Gli organi dei sensi hanno un valore primario. L’energia entra in noi non soltanto per mezzo della respirazione: essa entra in noi prima di tutto attraverso i sensi. Una delle arti dello yoga è quella di saper rieducare gli organi sensoriali. Attraverso i sensi noi possiamo arrivare a sentire delle sensazioni profonde, interiori. C'è uno stretto rapporto tra i sensi del corpo e i sensi spirituali. Si arriva a Dio, alla sua conoscenza, per mezzo di sensazioni interiori profonde. Queste sensazioni profonde sono come il simbolo delle sensazioni esteriori, delle sensazioni del corpo e viceversa. La vita naturale deve portarci a questa vita profonda che è una comunione intensa con Dio. Lo yoga ci può aiutare a comprendere meglio la nostra vita naturale e le nostre percezioni per farci arrivare a conoscere Dio.
Lo yoga ha lo scopo di farci vivere in vera pienezza e di sviluppare in noi una certa comunione con Dio. Troppo spesso ci si limita solo ad un certo numero di posizioni che si fanno per avere un miglior portamento: lo yoga invece deve far sviluppare l'uomo nella sua vita profonda. Per mezzo della comunione con le forze esteriori, con le forze della natura, si crea in noi l'equilibrio e l’armonia. Un altro aspetto importante dello yoga è quello di saper comunicare agli altri l'energia ricevuta. Noi riceviamo la vita e l’energia, raggiungiamo la nostra pienezza; dobbiamo però essere capaci di donarla a coloro con cui siamo in contatto.
Lo yoga cristiano è uno yoga interiore, uno yoga integrale che tiene conto della pienezza dell'essere che si è integrato con le forze che Dio mette a sua disposizione. L'obiezione che questo io profondo può portare ad un qualunquismo morale, mi sembra non abbia senso. Ci siamo scagliati troppo contro i cosiddetti « peccati della carne », dimenticando che esistono anche delle « passioni intellettuali », che fanno più male di tutte le concupiscenze della carne.
DAL COSMO AL DIO PERSONALE
Ma in definitiva lo yoga orientate confonde Dio con il cosmo o con il tutto. Come può questa concezione essere messa in accordo con la concezione di un Dio personale, propria del cristianesimo?
La contraddizione è puramente nella mente e l'intellettuale non arriva a conoscere, con il suo metodo, che una minima parte della realtà e di Dio. La visione cristiana è un completamento, perché vi aggiunge il dialogo interpersonale tra Dio e l’uomo. Nel nostro mondo esiste una rottura tra l'uomo e il mondo e di con-seguenza tra l'uomo e Dio. L'uomo deve ritornare a Dio comprendendo il valore sacro delle cose, rispettando il pensiero di Dio ed integrandosi a questo pensiero, e nello stesso tempo egli deve integrarsi nel mondo. Tutte le manifestazioni della vita religiosa, tutte le strade, tutti i gesti liturgici, ed anche i sacramenti, hanno lo scopo di reintegrare l’uomo in un cosmo in cui le cose hanno un valore sacro. Bisogna vedere la bellezza della creazione: in tutto ciò che Dio ha creato non c'è rottura, non c’è disunione: tutto è segnato dalla sua mano. 

Il corpo umano deve essere considerata come un tempio, il tempio di Dio. Bisogna arrivare a fare l'unione tra il mondo materiale e il mondo di Dio. Lo yoga, uno yoga ben fatto ci aiuta a posare sulla creazione uno sguardo comprensivo, uno sguardo che ci unisce ad essa. Gli esercizi dello yoga e la meditazione ci aiutano a sentire la vita che palpita nella natura, con cui si ristabilisce un equilibrio. Così solamente si può esperimentare che si è degli esseri creati da Dio e Lo si comprende meglio. Si ha una gioia profonda, si sente vibrare tutta la creazione: è una ripresa di contatto con Dio. Bisogna arrivare a ricollegare tra loro il corpo, l'intelligenza e il cuore. Ogni ascesi dell' amore è sacra: Dio è presente in tutte le manifestazioni della vita.
Noi siamo dei mediatori e se non lo siamo manchiamo alla nostra vocazione di uomini.
Lo yoga in fondo è una disciplina indiana. Non è forse solo un gusto esotico il pretendere di trasportarlo in Europa?
Credo veramente di no, se si fanno le cose seriamente. Nel suo spirito originario lo yoga non ha niente a che vedere con lo sforzo di ricupero che noi facciamo in Occidente di un uomo disumanizzato, ridotto dalla società ad essere un puro strumento e un soggetto di consumo.
Lo yoga dello yoghi autentico è senza dubbio un’arte di vivere a solo vantaggio dello spirito, nello sforzo di penetrare tutto quello che nell’universo non è che un simbolo (maya), apparenza fuggitiva del reale, manifestazione effimera dell'assoluto. Uno yoghi è un grande saggio che ha lasciato tutto « per realizzarsi come Dio o particella di Dio». Un vero yoghi è più distaccato dal mondo e dalle sue tentazioni del più severo monaco dell’Occidente. E' bene ricordare questo per mettere in luce i limiti materialistici dello yoga della maggior parte dei professori e maestri occidentali in questo campo. Ma si deve rivendicare allo yoga integrale la sua qualità di disciplina dello spirito umano nel senso
più profondo e unitario al quale abbiamo accennato. Ho una larga esperienza di questi casi per cui spesso dico a questa gente: « Se il vostro allievo, dopo aver ricuperato quella serenità fisica che ricercava, vi porrà, come abbastanza spesso succede, dei problemi spirituali, risponderete con la teologia religiosa dell'Induismo? ».
Che cosa cerca in genere una persona che si rivolge ai centri yoga o che viene al suo eremo?
Ci sono le situazioni più complesse. Talvolta c’è un bisogno diverso di andare a Dio, una fatica e una disillusione nella preghiera tradizionale; altre volte si desidera solo star meglio fisicamente o migliorare il proprio portamento fisico. Per alcuni e una fuga, un desiderio di fuggire la realtà quotidiana. Al fondo di tutti c'è una insoddisfazione confusa. Così inizia l’esperienza yoga, che poi in genere matura verso una ricerca spirituale. Lentamente queste persone si convincono che non si tratta di fuggire ma di incontrare: incontrare la famiglia, incontrare l'uomo o la donna, incontrare la comunità. 

Lo yoga orientale nel suo spirito più genuino vuole portare a vivere in armonia con il mondo, perché non si ha responsabilità in un'azione finché non ci si entra con tutte le dimensioni della nostra personalità. Si comprende lentamente che: 'lo' yoga non è una ginnastica muscolare, per far lavorare le ghiandole: è una vita più profonda, è una, vita contemplativa. Voi dite ” DIO", ma che cosa vuol dire questa parola? Bisogna far esperienza di Dio che sta al fondo dell’essere umano, all’ interno di noi, che è la santificazione, l’unità, una unità sempre più grande; Dio è in noi e noi siamo, in Dio. Per molti cultori dello yoga Dio non è una persona; non tentano neppure di definirlo; Dio è la Forza vitale, è la Natura. Si tratta allora di comunicare con questa Natura.
http://dimensionesperanza.it/aree/spiritualita/item/3164-lo-yoga-per-i-cristiani-intervista-a-p-dechanet.html



yoga e cristianesimo


esicasmo - lo yoga cristiano 

 



VIDEO-Yoga e Cristianesimo - Padre Griffiths 

(parte I-II-III-IV) 

https://www.youtube.com/watch?v=FONtm4S5QbQ

 https://www.youtube.com/watch?v=0dawABL4vnk

 https://www.youtube.com/watch?v=wYmyi8_mk8w

 https://www.youtube.com/watch?v=AMXQuzsJdEI

 

Amen & Om

Un padre barnabita scopre nella disciplina indiana un canale di incontro con Dio. Yoga Journal lo ha intervistato
di Gordana Stojanovic
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Chi ha detto che preghiera cristiana e yoga non abbiano alcun punto in comune? Per Padre Antonio Gentili, uno dei nove Frati Barnabiti che vivono nella “Casa per Ritiri Spirituali” di Eupilio, in provincia di Como, ne hanno, e parecchi. Per lui, asana e meditazione sono due preziosi strumenti per avvicinarsi a Dio. Ci ha spiegato perché.

Padre Gentili, lei appartiene all’ordine dei Barnabiti e pratica yoga e meditazione, cosa assai strana per un frate cristiano. Qual è stato il percorso che l’ha portata a questa scelta? 

«A partire dagli anni Sessanta, in ambito cattolico hanno cominciato a diffondersi le tecniche meditative dell’Asia, in particolare dello Zazen. L’orientalista tedesco, Karlfried Von Dürckheim ebbe l’occasione di soggiornare in Giappone dove conobbe tale metodo. Tornato in Germania ne parlò con il catecheta K lemens Tilmann, che cominciò a praticare e scrisse diversi libri. “Guida alla Meditazione” (Ed. Queriniana, pp. 432,  16,53), per esempio, è un vero e proprio decalogo che insegna a noi occidentali come meditare». E cosa dice a riguardo? «Il metodo proposto da Tilmann è quello dello Zazen impostato sul respiro nelle sue quattro fasi. Le prime due si focalizzano sull’espiro che prevede una durata prolungata, la fase intermedia vede la ritenzione a polmoni vuoti, infine, segue l’inspiro. Le parole che si legano ai diversi stadi sono: abbandonare, discendere, unirsi, rinnovarsi; trasformate da ll’autore in “via da me, verso di Te, tutto in Te, rinnovato da Te” dove questo “Te” si riferisce a Dio. Contemporaneamente ai testi di Tilmann, il monaco trappista statunitense Thomas Merton scrisse diversi volumi sulle grandi tradizioni mistiche e meditative dell’Oriente. La ricerca di Merton mi ha molto incuriosito. Per quanto riguarda lo yoga, ho iniziato a praticare quando sono arrivato a Eupilio seguendo una brava insegnante. Successivamente mi sono trasferito per 6 anni a Roma e ho continuato con una suora, anch’essa insegnante yoga, nell’Oratorio di San Paolo (di fronte a San Paolo Fuori le Mura)».

Oggi, anche lei insegna yoga? 

Amen__Om_3«Più che insegnante sono un praticante. Qua ndo sono tornato da Roma, fra il 1994 e il 1995, ho iniziato a svolgere delle sessioni di yoga con Mari Colombo, insegnante che lavora con il dottor M. V. Bhole, celebre medico ay urvedico india no. Ma ri Colombo attualmente tiene tre incontri al lunedì. Da due-tre anni si è aggiunto anche l’insegnante Alessandro Cravera che conduce due ore di lezione ogni mercoledì. Io mi affianco a loro per guidare la fase della meditazione. Tutti i giorni abbiamo in programma un’ora di pratica dove si eseguono esercizi per sciogliere, rilassare e rinvigorire il corpo che attingono sì alla disciplina indiana ma anche al Tai Chi e al Qi Gong. Questi incontri, se l’insegnante di yoga è assente, li seguo io. In generale i corsi che organizziamo sono veri esercizi spirituali».

In vari periodi dell’anno organizzate intere settimane dedicate al digiuno. Ci spiega l’importanza di questa pratica? 

«Dovremmo digiunare un giorno alla settimana. La breve astensione al cibo può essere considerata una sorta di terapia dell’anima che rivela l’inutilità di tanti altri atteggiamenti fisici e psichici. Inoltre è un metodo utile per aiutare ad aumentare la forza d i volontà. Seg uo ta le pratica per quattro settimane all’anno. Dura nte l’estate orga n izzia mo due periodi di digiuno, una settimana a giugno e una a luglio, e poi tre giorni a settembre (da venerdi sera a domenica ). Si comincia con i metodi di purificazione tipici della disciplina indiana: lavaggi yogici dell’intestino, dello stomaco, jala neti e pulizia della lingua. Gli aspetti più tecnici sono guidati dal naturopata che è anche insegnante yoga, mentre io curo l’aspetto piùmeditativo. Abbiamo un medico che viene all’inizio e alla fine del ritiro. Durante il corso è richiesto il silenzio, cosicché all’oralità in entrata (assunzione dei cibi) corrisponda la stessa disciplina dell’oralità in uscita (uso della parola)».

Come si pone la chiesa di fronte allo yoga? 

«Ricordo che il cardinale Martini si espresse in modo lusinghiero, lodando l’integrazione che si compie nel nostro centro tra le diverse discipline meditative, nel pieno rispetto della tradizione cristiana, anzi nella sua più piena valorizzazione. Il magistero ecclesiastico (Vaticano) è intervenuto in merito con la lettera sulle forme di preghiera (Orationis formas), firmata dall’allora cardinale Ratzinger. In questo testo l’attuale papa si esprimeva in maniera circospetta, facendo vedere i pro e i contro e soprattutto la differenza che caratterizza le prassi meditative asiatiche una volta trasposte in ambito cristiano. Si sa che lo Zazen è a-teistico (non ateo!), non implica un riferimento esplicito a Dio. Chi medita secondo le metodologie dello Zazen si pone dinanzi al “nulla”. Esistono alcuni autori cristiani che spiegano come questo “nulla”, questo “vuoto”, corrisponda al Tutto, a Dio. Nulla– Tutto è la famosa dialettica di cui parlano i mistici. Possiamo acquisire un tipo di meditazione che, nel suo originario contesto, è a-teistico, dal momento che si basa sul silenzio, secondo quanto ci chiede la stessa Scrittura: “Sta’ in silenzio davanti a Dio e spera in Lui: è Lui che agisce”».

Seguite le giornate di pratica e meditazione indipendentemente dai seminari? 

«I Barnabiti, così come i Gesuiti, sono nati in un’epoca in cui aveva molta importanza la meditazione. Per altri ordini monastici, invece, ha sempre avuto un peso maggiore la liturgia delle ore: l’attività del silenzio veniva lasciata alla libera iniziativa dei monaci e di solito si collocava alla fine di questa pratica. La meditazione è una preghiera in cui viene sottolineato l’aspetto interiore dell’assenza di parola. Nelle prime costituzioni dei Barnabiti si dice che la preghiera interiore apporta l’energia necessaria per conseg uire u n’evolu zione e u n prog resso spirituale. Qui si pratica meditazione mezz’ora ogni mattina (7 alle 7:30) e ogni sera».

Possiamo paragonare asana e preghiera? 

Amen__Om_4«Noi qui ci dedichiamo all’Hatha Yoga, quindi asana e pranayama che sconfinano nel Raja Yoga e nella pratica meditativa–introspettiva. La visione yogica pone l’accento sul rapporto stretto fra l’esterno e l’interno. Considerandoche “yoga” vuol dire “unione”, si capisce che l’esercizio fisico con i movimenti e le posizioni stabili aiuta a raggiungere pienamente quelle condizioni di armonia e ordine interiore che portano allo stato meditativo. Con il pratyahara (ritiro dei sensi) e con il mantenimento prolungato degli asana ci si av vicina sempre più a una dimensione di beatitudine».

E riguardo l’uso dei mantra? 

«La famosa preghiera del cuore “Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore” è un mantra. Nella tradizione dei padri del deserto, invece, era per eccellenza la frase “O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni e prestami aiuto”. Nelle Upanishad la “Om”, il mantra dei mantra, è l’arco che consente alla freccia dell’anima di raggiungere il bersaglio (Brahman). Tale definizione corrisponde a quella che viene data in Occidente alla giaculatoria. “Iaculum” in latino, infatti, equivale a giavellotto. Quindi, il signif icato del mantra presente nella letteratura induista è simile a quello elaborato dalle tradizioni cristiane. “La nube della non–conoscenza”, testo mistico inglese che abbiamo curato e tradotto, suggeriva come sostegno di una preghiera contemplativa le parole “Dio amore” che polarizzano la mente e la bloccano. Da qui si arriva a un risveglio del cuore. La dimensione del sentire, quindi, si sviluppa quando tace quella del pensare».

Si possono paragonare i concetti yogici di yama (astensioni) e niyama (osservanze) ai 10 comandamenti cristiani?
«Noi qui diciamo spesso: “Voi che venite a praticare avete già al vostro attivo i primi due gradini”. Per passare al pranayama, al pratyahara e al resto, è necessario condurre una vita integra. Yoga non v uol dire andare a rilassarsi o togliere la pancia, bisogna avere le carte in regola, le vere motivazioni, altrimenti fallisce il vero scopo».

Come viene interpretato il karma in ambito cristiano ?
«Non si mette in dubbio questa legge. Ci si può domandare, però, come viene applicata quando il ladro crocifisso accanto a Gesù gli dice: “Ricordati di me quando sarai in paradiso”. Gesù risponde “Oggi sarai con me in paradiso”. La legge del karma è infranta per una grazia. Il ladro ha avuto il coraggio di chiedere perdono, di affidarsi a quel dono di grazia (favore) che Gesù è venuto a portare. Dobbiamo ripensare a questa legge nella quotidianità: un principio universale dentro un’iniziativa salvifica, gratuita, che ha compiuto Dio per amore degli uomini».

Si può essere, allora, più rilassati nei confronti del peccato ?
«Certo. Per quanto si possa sbagliare esiste sempre la possibilità di riscattarsi: tutto ciò è liberatorio. La confessione con “Io ti assolvo” è un attestato di fiducia e significa “Rialzati, cammina”. Viene confermata, così, quel la giusta autostima che una persona deve sempre avere».
La Bhagavad Gita, uno dei testi fondamentali dello yoga, dedica un capitolo alla natura divina e a quella demoniaca dell’uomo. Dice che si possono trascendere l’una e l’altra e realizzare “l’Uno-senza secondo” dentro di sé. Cosa ne pensa? 

«Il nostro fondatore Sant’Antonio Maria Zaccaria (che scriveva nel 1500) nel suo libro “Interroga il tuo cuore” dice : “È tanta l’eccellenza del libero arbitrio, mediante la grazia di Dio, che l’uomo può diventare e demonio e Dio, secondo che gli pare”».

 http://www.yogajournal.it/joomla/saggezza/incontri/item/1374-amen-om.html

 



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