domenica 6 luglio 2014

Il VUOTO INTERIORE




Premessa
Tratteremo questo tema in modo un pò inconsueto: daremo cioè spazio e voce a tradizioni diverse, lasciando ad ognuna il commento dei propri testi. Proporremo testi e commenti Tantra, Tao Te Ching e  del  Misticismo Cristiano.


Potrebbe sembrare imprudente accogliere nella stessa relazione tradizioni tanto lontane per chiarire uno stesso concetto Ma non vi saranno raffronti né contrasti, perché noi non commenteremo i testi delle tradizioni orientali, e queste non commenteranno i nostri.  Di più, il vuoto interiore, come lo spirito, è un valore fondante, universale, lo stesso per tutti e per ciascuno. Non c’è un vuoto nostro da difendere e uno altrui da  disprezzare, né una religione estrinseca, superficiale da accettare o rifiutare: il discorso sul vuoto si colloca al di là della dialettica degli opposti, oltre  il principio di non contraddizione e del terzo escluso, e si sviluppa secondo la  “logica”  della mistica, che si fonda sulla coincidentia oppositorum  - la “ identità degli opposti” -  e sui “concetti  dialettici”.

Che poi, per la nostra razionalità duale, questo modo di procedere importi una assurdità, è  evidente: si tratta di un paradosso. Ma non ne consegue che le cose cui si giunge debbano essere assurde.
Scrive Marco Vannini nel prologo al suo La mistica delle grandi religioni, Mondatori, Milano 2004:
“Religioni come luogo di separatezza, di distinzione, spesso di opposizione e conflitto: non v’è dubbio che sia così; ma anche religioni come luogo di incontro e unione tra gli uomini, proprio in ciò che l’uomo ha di fondamentale.
Il primo senso è quello legato alla dimensione superficiale, super-stiziosa appunto, rappresentativa, determinata, sociale e psicologica, delle religioni;
il secondo è quello che si esprime nella loro dimensione profonda, universale, spirituale, che oggi si indica spesso col termine “mistica”. In tale senso notava, ad esempio, Simone Weil (in Lettera a un  religioso, Adelphi, Milano 1996, p. 49) come i mistici di quasi tutte le religioni si assomigliano fin quasi all’identità”.



à l a y a


Da  Tantra - la comprensione suprema - di Bhagvan Rajneesh, Bompiani Milano

Alaya è  un  termine  buddista. Vuol dire  “la dimora”.   E’  la  dimora interna, il vuoto interno, il cielo interno.


Poichè àlaya non è mai nata
non conosce macchia né ostruzione

La tua purezza interna  è assoluta!  E’ impossibile macchiarla. Perciò non preoccuparti! Il tuo essere interno non è mai nato (e) non può morire. Dalla sorgente viene ogni cosa. E’ inutile che tu  ti intrometta.  Non cercare di spingere il fiume, che  già scorre per conto suo verso il mare. Lascia che le cose succedano.

Il mondo va avanti anche senza di te: i fiumi scorrono verso il mare, le stelle si muovono nel cielo, il sole sorge al mattino, le  stagioni si succedono, gli alberi crescono, mettono fiori e foglie, poi  invecchia- no e muoiono. Il tutto va avanti senza di te. Non sei capace di lasciarti in pace, di restare sciolto e naturale e di lasciarti trasportare dal tutto?

Non c’è bisogno di migliorarsi, non c’è bisogno di cambiare. Resta sciolto e naturale, e i miglioramenti verranno da sé.


Sarai trasformato, ma non per opera tua.

Se tu (in quanto “io”)  cerchi  di trasformarti,  è come  se cercassi  di sollevarti da solo tirandoti su per i lacci delle scarpe. Non provarci neppure. Entra nella “dimora interna” e limitati ad aspettare, consapevole  che  non  è possibile migliorare nulla. Le cose sono già al meglio delle loro possibilità. Non devi far altro che goderne. Tutto è pronto per la celebrazione, non manca nulla: non farti prendere dalla smania di assurde attività. E lavorare alla propria crescita, alla crescita spirituale dell’io è una delle attività più assurde.


...Non conosce né macchia né ostruzione.

Puoi aver fatto milioni di cose. Non preoccuparti: nessuna tua azione può macchiare il tuo essere interno o renderlo impuro. (*)

(*) Questa è la base del mito della  verginità  di  Maria: il mito esprime un atteggiamento  di  totale  distacco da parte di Maria. Come  è  possibile  che un  amplesso macchi la verginità dell’essere interno?  L’essere interno non è neppure coinvolto, è un puro testimone. La sua verginità non conosce macchia.

Qualsiasi cosa tu faccia, la tua cavità ne resta al di fuori. Nessuna tua azione lascia una cicatrice: è impossibile. E quando ti rilassi te ne rendi conto; perciò smetti di preoccuparti di cosa fare e di cosa non fare, e lascia che le cose seguano il loro corso. Allora galleggi nel cielo come una nuvola bianca, senza andare da nessuna parte, godendoti semplicemente il movimento: il viaggiare in se stesso è bello.


...Non conosce macchia né ostruzione;
Dimorando nella sfera dell’innato
le esperienze si dissolvono nel Dharmata. ...

Il Dharmata è la natura elementare propria a ogni cosa.
Se resti nella tua dimora interna, ogni cosa pian piano si dissolve nei propri elementi naturali. (E’ questo un buon modo per liberarti dell’ego)

Sei tu, ora, che crei la confusione;  se resti dentro di te, nell’ àlaya, nel cielo interno, scopri che in quell’assoluta purezza, come nel cielo, le nubi vanno e vengono senza lasciare traccia.

Le azioni passano, i pensieri passano, succedono molte cose; ma dentro, in profondità, non succede nulla: le azioni, i pensieri non scendono a quella profondità.  Dharmata è la natura elementare propria a ogni cosa.; quando tu torni alla tua dimora, ogni cosa spontaneamente torna alla propria, e non c’è più alcuna turbolenza.


Quando la Luce dello Spirito colma di sé una cavità vi resta come nella propria dimora.

Allora, se il corpo ha fame, il corpo va alla ricerca del cibo.
Il corpo ha fame, lo Spirito osserva; il corpo mangia, Lui osserva. Lui si limita a guardare, non fa nulla: sono le forze elementari che agiscono. Quando dici: “ho sete”, fai confusione. Non sei tu che hai sete: il corpo ha sete, e agisce di conseguenza, va verso l’acqua.

Restando all’interno scopri che le cose accadono da sé.


Gli alberi trovano le sorgenti nascoste nel terreno pur non avendo ego né mente  C’è un albero; e trenta metri più a nord c’è una piccola sorgente nascosta. Come fa l’albero a sapere dove spingere le proprie radici ? Non ha nessun indizio a disposizione: e del resto non ha né ego né mente. Ma, per azione delle forze elementari, le sue radici si estendono verso il nord e arrivano all’acqua.

Quando siedi tranquillo nella tua dimora interna, le forze elementari funzionano nella loro cristallina purezza.



N o n    m e t t e r t i    d i   m e z z o  !

Il corpo ha fame e si muove verso il cibo: è una delle esperienze più belle, vedere il proprio corpo muoversi da sé, e trovare acqua e cibo, o amore. Tu continui a sedere nella tua dimora interna, e assisti ad azioni che non ti appartengono, non sei attore ma spettatore.

Quando arrivi a questa consapevolezza, hai raggiunto l’irraggiungibile  “Hai attraversato la porta, anche se nessuno ha attraversato la porta, anche se non c’è stata mai una porta da attraversare”.


...Dimorando nella sfera dell’ignoto
le apparenze si dissolvono nel Dharmata,
e volontà autonoma e orgoglio
svaniscono nel nulla.


Quando ti accorgi che le cose accadono da sé, come puoi inorgoglirti, come puoi servirtene per alimentare il tuo ego?
Come puoi dire  “io” , quando ti sei accorto che la fame segue il suo corso, si soddisfa da sé e diviene sazietà? ; quando ti sei accorto che la vita segue il proprio corso e diventa morte, riposo?
Chi sei tu per affermare “io sono”?

L’orgoglio, l’io, la tua volontà si dissolvono. Non fai più nulla, non vuoi più nulla; ti limiti a sedere nel profondo del tuo essere;  e l’erba cresce da sé!
Le cose accadono da sé: ti riesce difficile capirlo, perché sei stato educato ad agire, a lottare.
L’ambiente in cui sei cresciuto ti ha insegnato che altrimenti sei perduto, che non arrivi a nulla.
Ma le cose succedono da sé, è nella loro natura. Lasciale accadere.

Il Maestro di Lin Chi morì.
Era un Maestro famoso,  ma Lin Chi  era più famoso del suo Maestro, perchè il Maestro viveva in silenzio, ed era stato Lin Chi a farlo conoscere alla gente.
Si  radunò  una  folla  di diverse migliaia di persone, per rendere omaggio  al  morto, che, come  il  suo discepolo era  un Illuminato. E  al  funerale  trovarono Lin Chi che piangeva a dirotto, come un bambino cui è morta la madre.
La gente non credeva ai propri occhi. Era un comportamento ammissibile in un ignorante; ma in un Illuminato, in uno che insegna che l’essere interno è immortale?
Se l’essere interno è immortale perché piangi?
Alcuni intimi andarono da Lin Chi e gli dissero: “Smetti di piangere !  Non è bene; cosa penserà la gente di te ? Si sta già spargendo la voce  che  non  sia  vero  che sei un Illuminato; è in gioco il  tuo  prestigio. E un uomo come te non ha bisogno di piangere”!
Ma  Lin Chi disse loro  “Cosa  posso  farci?  Le  lacrime sgorgano da sé, è il loro Dharmata. Chi sono io per fermarle? Lasciate pure che la gente pensi che non sono un Illuminato.  Cosa posso farci?   Non c’è più nessuno in me che agisce; succede, semplicemente. I miei occhi piangono per conto loro. Non vedranno più il Maestro, che era il cibo di cui vivevano.
Lo so che  l’anima  è  immortale, che  in  verità  nessuno muore ! Ma come farlo capire a questi miei occhi ? Essi non ascoltano, non hanno le orecchie!
Come si fa a insegnar loro a non piangere, perché la vita è eterna? E chi sono io  per insegnar loro qualcosa?  Se hanno voglia di piangere, piangano”.

Questo è restare sciolti e naturali: le cose succedono da sé, non sei tu che le fai.
Senza accettare né rifiutare nulla, ogni traccia di volontà svanisce; il concetto di forza di volontà si svuota, e l’orgoglio si dissolve nel nulla.
E’ difficile capire un Illuminato; le rappresentazioni mentali non servono.
Cosa pensare di Lin Chi, che dice: “Lo so, ma i miei occhi piangono ugualmente. Lasciateli piangere; li aiuta a rilassarsi. Non vedranno più quest’uomo, il suo corpo sta per essere bruciato.  E  i  miei occhi  erano abituati a nutrirsi di lui, non conoscevano altra grazia, altra bellezza che la  sua. Per troppo tempo si sono nutriti della forma di quest’uomo: è naturale che ora si sentano mancare il terreno sotto ai piedi. Perciò piangono”. Un uomo naturale siede al proprio interno e lascia che le cose succedano.

Non fa!

Solo allora appare Mahamudra, l’orgasmo ultimo con l’esistenza. Allora non si è più separati; il cielo interno si fonde con il cielo esterno e non ci sono più due cieli, ma uno solo.
Tutti nasciamo liberi ma moriamo in schiavitù...!

Il bambino è malleabile, può essere plasmato in qualsiasi modo. La società, i genitori, gli insegnanti lo plasmano e ne fanno un personaggio con una certa struttura caratteriale. A poco a poco impara le regole della convivenza civile, e diventa un conformista, che è una forma di schiavitù; oppure un ribelle, che è un’altra forma di schiavitù: i reazionari e i rivoluzionari sono nella stessa barca; viaggiano schiena a schiena, senza guardarsi in faccia, ma sono sulla stessa barca, dipendono entrambi dalla stessa cosa.

L’uomo religioso (nel senso di ri-legato alla dimora interiore), non è reazionario, né rivoluzionario. L’uomo religioso è semplicemente sciolto e naturale. Non è pro né contro nulla; è solo se stesso, non obbedisce ad alcuna regola e non si ribella ad alcuna regola; si limita a non avere regole, è libero nel proprio essere.

Non è il prodotto di una cultura.

Tuttavia non è primitivo, incivile; anzi, è la possibilità più alta della civiltà e della cultura; ma non è “educato”.

Non ha bisogno di regole perché la sua consapevolezza è cresciuta, e ha trasceso le regole. Dice la verità, ma non per obbedienza ad una regola.
Essendo sciolto e naturale, è anche sincero: è una cosa che viene da sé.

Ha compassione, ma non perché segua un precetto. Essendo sciolto e naturale, diffonde la propria compassione su tutto ciò che lo circonda. Lui non ci può fare nulla, è un effetto della sua accresciuta consapevolezza.

Non è né pro, né contro la società: è al di là della società. E’ tornato bambino; è il bambino di un mondo sconosciuto, di una nuova dimensione; è rinato.
Ogni bambino nasce sciolto e naturale, poi interviene la società a plasmarlo. E’ inevitabile che intervenga, non c’è nulla di male. Lasciato a se stesso il bambino non crescerebbe e non sarebbe mai in grado di diventare religioso. Resterebbe un animale.

E’ necessario passare  attraverso la società.

Basta ricordare che è solo un passo da attraversare, e che non si dovrebbe costruire lì la propria dimora.
Bisogna prima adattarsi alla società, poi trascenderla, prima imparare le regole e poi disimpararle.
Le regole entrano nella tua vita perché esistono anche gli altri, perché non sei solo.
Una buona società, una società autenticamente religiosa, insegna ai propri membri la civiltà e la trascendenza della civiltà.

Una società che non insegna la trascendenza è una società puramente secolare e politica, priva di religione.

Fino a un certo punto bisogna ascoltare gli altri; poi bisogna cominciare ad ascoltare se stessi.

Alla fine bisogna tornare al proprio stato originario.
Prima di morire bisogna tornare all’innocenza, ridiventare sciolti, naturali; con la morte si rientra nella dimensione della solitudine, proprio come nell’utero; la società non c’è più.

E durante la vita bisogna trovare dei momenti, degli spazi simili a oasi nel deserto, in  cui si chiudono  gli occhi e  si  va  al  di là della società,    s i   r i e n t r a   i n   s é,  n e l   p r o p r i o  u t e r o:  q u e g l i  s p a z i    s o n o    l a    m e d i t a z i o n e .

Fuori la società continua ad esistere; ma tu te ne dimentichi e torni ad essere solo. Non ci sono più regole, né morale, né linguaggio, e non c’è bisogno di armatura  caratteriale:  dentro  di te puoi essere sciolto e naturale:  e s s e r e   a   c a s a    è   l a    m e d i t a z i o n e.

Siamo tutti diventati eccentrici.

Questa è una parola molto bella: significa fuori dal centro e la si usa per indicare i pazzi.

Ma tutti siamo eccentrici, fuori dal nostro centro. E’ la dimensione in cui ci troviamo; e non può che durare finché continuiamo a dar retta a tutto fuorché   a l   n o s t r o   c e n t r o   i n t e r n o .

Tutta la meditazione serve per centrarsi, per arrivare al proprio centro    p e r   n o n   e s s e r e   e c c e n t r i c i !

La femmina mistica

Da Lao -Tzu, Tao Te Ching, commento di Bhagwan Rajneesh, Ed. Mediterranee

La cavità


Il Tao è un recipiente cavo,
il cui uso è inesauribile,
insondabile
.

Lo Spirito della Valle

Lo Spirito della Valle non muore mai.
Si chiama la Femmina Mistica.
La porta della Femmina Mistica
è la radice del Cielo e della Terra.

Estasi

Incessantemente perdura.
E quando attingi alla sua fonte
ti serve senza fatica.


“...La casa è lo spazio interno, non le pareti. Non si vive nelle pareti, ma nel vuoto che racchiudono,   n e l l a   c a v i t à :   quella  è  la vera casa.  ...La sola abitabile.

Ci sono muri ricchi e muri poveri: ma non esiste una cavità ricca e una cavità povera; tutte le cavità sono uguali. ...Quando guardi un essere umano guardi soltanto il corpo? Allora vedi soltanto le pareti. Si può andare al mercato e comprare un vaso di coccio, oppure a comprare un vaso d’oro: la cavità interna è la stessa. Dentro non c’è che vuoto.
Lao-Tzu dice: guarda l’interno, non l’esterno: dentro non c’è nessuno. Il qualcuno è tutto all’esterno;  dentro non c’è nessuno, l’interno è cavo.  L’ego  è  solo  in  superficie: dentro c’è assenza di ego. C’è  precisamente il nulla; perciò sei vasto;  perciò  la tua natura è quella di Brahma; e perciò non trovi Dio da nessuna parte. Dio   è  l a  c a v i t à   d e l   t u t t o ;  e tu continui a cercarne il corpo.
Nessuno cerca la cavità interna;  altrimenti dove ci sarebbe bisogno di andare?

Lo spazio (il vuoto) ti circonda da ogni lato.
Questo è Dio, lo spazio; lo spazio in cui sei nato, lo spazio in cui vivi, lo spazio in cui ti dissolverai.

Il pesce nasce nel mare, vive nel mare, muore e si dissolve nel mare, non è altro che acqua marina. E così sei tu: la cavità  ti  circonda da tutte le parti, e la stessa cavità c’è dentro di te.

Tu  sei  così  attaccato alle pareti, che  non  vedi  che non significano nulla. Uno che  fa  qualcosa  che tu chiami buono, lo chiami santo; e uno che fa qualcosa che  tu  chiami  cattivo, lo  chiami  peccatore. La cavità interna  può forse  diventare impura  per  via  delle azioni?
Si può macchiare il vuoto?
Lo si può purificare?  Il vuoto  è semplicemente vuoto, come  può  essere puro o impuro?  Il vuoto resta sempre intatto.  Se faccio qualcosa, lo faccio con le pareti: il vuoto non fa nulla.
Se  Dio  non  fosse vuoto,  non potrebbe essere inesauribile. Un bel giorno Dio sarebbe esaurito, E se Dio potesse consumarsi, come si potrebbe chiamarlo Dio?

... Il Tao è un recipiente cavo

…E’ un gran vuoto, e  da quel vuoto sorge ogni cosa; e in esso ritorna, cade.   Ed è inesauribile perché non ha limiti.
Allora sorge una domanda: come possono esistere le cose?
Chiedilo ai fisici. Essi ci dicono, oggi, che man  mano che ci si addentra nella materia, la materia scompare, finché non resta più nulla. All’interno   l a   m a t e r i a   è   c a v a .
A lungo hanno cercato di afferrare la sostanza della materia.  Oggi dicono che non sanno più cosa sia. Prima l’hanno cercata nelle molecole; poi sono andati più a fondo, negli atomi; poi hanno spezzato gli atomi e si sono addentrati negli elettroni. Ora la materia è completamente scomparsa. Essi sono arrivati, oggi, alla stessa comprensione di Lao-Tzu:   i l   n u l l a .   L a   m a t e r i a   è   c a v a.
Anche questi muri di pietra sono cavi, perciò gli Indù chiamano il mondo della materia illusione: ha un’aria molto solida e sostanziale, ma, internamente ogni cosa è cava.

Non aver paura della cavità, del vuoto. Se ti fai prendere dalla paura, resti aggrappato alle pareti; e, in ultima analisi, anche queste sono cave. L’esistenza è un gran vuoto, e in ciò sta la sua bellezza.

Perché questa insistenza sulla cavità?

Lao-Tzu cerca di indicarti qualcosa.
Lao-Tzu  cerca di  mostrarti che l a   c a v i t à   è   l a   t u a   v e r i t à;  e, a meno che tu non divenga cavo, ti toccherà soffrire, perché l’irrealtà è  sofferenza.
Questo  è  il  significato  della   meditazione :   d i v e n t a r e    c a v i, v u o t i  d e n t r o , senza neppure un pensiero che svolazza, senza contenuto, puro spazio.

Allora ogni sofferenza svanisce, perché la sofferenza esiste nel pensiero ;  il  passato  svanisce,  perché il peso del passato è portato dal pensiero; l’ambizione svanisce,   perché non  si può essere  ambiziosi senza  pensiero.

Quando Budda raggiunse l’illuminazione coniò una parola che non esisteva prima di lui:   a  n  a  t  t  a

A n a t t a significa   a n a t m a  ,   n o n - io.
A n a t t a significa   che  “tu”  non ci sei.
A n a t t a significa    “che non c’è”, “tu” non ci sei.
A n a t t a significa    i l   n u l l a,   l a  c a v i t à .

Diventa cavo, come un bambù cavo.  Vivi come una cavità:  fai  quel che  devi  fare, ma  fallo  come  se  fossi  cavo internamente.
Allora il karma (seme di ulteriori azioni) non ti tocca; allora le tue azioni non ti diventeranno un peso;  allora non  ci  resti  impigliato, perché una cavità non può restare impigliata in nulla.

Lo Spirito della Valle

Lo Spirito della Valle non muore mai.
Si chiama la Femmina Mistica.

Sono analogie.
L’uomo  è una vetta, la donna  è una valle. L’uomo  è aggressività, la  donna  è ricettività, (accoglienza), come la  Femmina  Mistica.
Per Lao-Tzu la Femmina Mistica   è   la   r e a l t à   u l t i m a ;  per Lao-Tzu la natura dell’esistenza è più femminile che maschile.

L’uomo ha in sé qualcosa di innaturale, mentre la donna è simmetrica, bilanciata.  La donna è più bella, più rotonda, senza spigoli, mentre l’uomo è angoloso.
La donna è un fenomeno più equilibrato; perciò non cerca di creare, di inventare, di fare, di andare.
La donna non è in movimento. L’uomo è sempre in movimento.  E’ incapace  di accettarsi  semplicemente così com’è: ha bisogno di fare qualcosa per provare la propria esistenza. E’ incapace di esistere semplicemente, e di gioire. C’è in lui uno squilibrio in profondità, che gli impedisce di star semplicemente seduto, ed essere.
La donna gioisce del fatto di esistere; lei  è  bilanciata. Non  ha  molti bisogni: cibo, riparo, un po' di calore intorno, una casa, e basta. Non si preoccupa di null’altro. Nessuna donna ha dato origine ad una scienza, nessuna donna ha fondato una religione.

Molti  si  chiedono:  perché  tutte  le  religioni sono  state  fondate  da uomini?  Perché l’uomo è in stato di tensione, e sente il bisogno di fare qualcosa. Se si sente frustrato da questo mondo, si mette a fare qualcosa con quell’altro, ma qualcosa deve sempre fare.  N o n  è  m a i   q u ì   e   o r a :   è   i n c a p a c e   d i   e s s e r e   q u ì   e   o r a.
Nell’analogia di Lao-Tzu, la  natura  dell’esistenza  è  più  femminile, più bilanciata. L’analogia è bella. Non vuol dire che l’esistenza è femmina, bada; la sua non è un’argomentazione femminista. E non è  un’asserzione logica, ma un’analogia.

Anche  un  uomo  può  essere femminile:
- Budda  è  femminile,  Lao-Tzu  è  femminile,  Gesù  è  femminile.

Un  uomo  femminile  vive nel  presente,  senza fretta, e senza fretta gioisce di ogni momento.
Gesù dice ai discepoli: “Guardate come sono belli i  gigli  dei  campi. Neppure  Salomone in tutta la sua  gloria  era così bello”.
Qual  è  il segreto dei gigli ?  Sbocciano semplicemente quì e ora; cosa avverrà fra un istante non è causa di nessuna preoccupazione.
Quando  un  uomo  vive  un’esistenza  femminile, diventa  un  mistico.

E’   l a   s o l a   v i a !

Tutti i mistici, perciò, sono in un certo  modo  femminili. Essi  sono i veri uomini religiosi, non fondatori di religioni. Sono due cose diverse.
Non è stato Budda a fondare il Buddhismo, ma i suoi discepoli. Non è stato Gesù a fondare il Cristianesimo, ma sono stati gli apostoli. Non è stato Mahavir a fondare il Jainismo (*),  ma è stato il suo allievo Gautam, un dotto e un grande pandit.
Quelli sono gli uomini.
Ma Gesù è femminile.
Per  esprimere  questo fatto, in India, le incarnazioni divine (Avatara), i “fondatori  del  cammino”  del  Jainismo , Budda, li  abbiamo  sempre raffigurati senza barba e baffi.  E’ un  modo  di  indicare  la  loro natura femminile. Non che fossero carenti di ormoni, che fossero il terzo sesso Erano  uomini,  e   avevano  la  barba.    Ma  è  una  analogia: abbiamo omesso la barba per indicare che sono    d i v e n u t i    f e m m i n i l i, che  in essi  la  Femmina  Mistica    è    s b o c c i a t a .
Sono  vissuti  senza  fretta; non  tesi  come  uomini, ma rilassati come donne;    e  intorno   a   loro puoi   cogliere  un  calore  femminile, la rotondità di Budda.

La porta della Femmina Mistica
è la radice del Cielo e della Terra.

...la radice del Cielo e della Terra:  se trovi la chiave che apre la porta della  Femmina  Mistica,  hai  aperto  la  porta  dell’esistenza.  Per quella  porta  si  passa  rilassati,  equilibrati,  contenti:
è  i l  s e g r e t o    d e l l ‘ e s s e r e   f e m m i n i l e.
Quando  dico  questo,  potete  fraintendermi  in  due  modi.  Le donne possono fraintendermi e pensare di non aver più bisogno di nulla; e gli uomini possono fraintendermi e pensare che Lao-Tzu non faccia per loro.  No, Lao-Tzu è per tutt’e due.  Le  donne  non  sono  puramente donne:  hanno perso anch’esse la mistica femminile; devono ritrovarla.
Tutti,  uomini  e  donne, devono  ritornare  alla  Madre. Sei  nato dal grembo  materno, devi ritrovare il grembo materno  (Questo passo Ricorda quanto Gesù disse a Nicodemo).

(*) JAINISMO: (pr. gainismo; scritto anche giainismo) Religione sorta in India nel sec. VI a. C. ; deriva dal bramanesimo ed è caratterizzata da un rigido ascetismo e dal precetto della non violenza, anche verso gli animali e le piante. Deriv.  Del sanscr. Jainì  ‘dottrina dei  Jaina ‘ cioè dei seguaci del Jina che significa propr.  ‘vincitore ‘,  appellativo di ciascuno dei 24 maestri di questa dottrina.

Se sai ritrovare   i l   g r e m b o   d e l l ’ e s i st e n z a , lo stesso calore, la  stessa vita, lo stesso amore, la stessa cura, l’esistenza  diventa  per  te   l  a   M a d r e,   c a s a   t u a.

La Femmina Mistica, lo Spirito della Valle, la cavità incessantemente perdura.  E  quando attingi  alla  sua fonte ti  serve senza fatica: e  ti riporta a casa.

Ti conduce a rilassarti.

Non  guardare  l’esistenza  come  lotta,  ma  come  gioia;  non guardare l’esistenza come conflitto, ma come celebrazione. E la celebrazione è infinita, infinita la possibilità di estasi.

I sogni

La notte i sogni sorgono dal nulla, e sembrano realtà;
di giorno i sogni emergono dal nulla, e sembrano realtà.

La sola differenza fra notte e giorno è che il sogno notturno è privato, e  quello  diurno  è pubblico. Nel  sogno  diurno puoi invitare gli amici: è un sogno pubblico, la tua casa diurna è pubblica.
Come esiste la possibilità di sognare privatamente, così esiste la possibilità di sognare pubblicamente.

Se noi tutti, qui presenti, ci addormentassimo, ci sarebbero tanti sogni diversi quanti individui. Sogni privati. Nessun sogno entrerebbe nel  sogno  di un altro, nessun sogno  entrerebbe in conflitto con un altro sogno; ciascuno si dimenticherebbe di  tutti  gli  altri, vivrebbe nel proprio sogno e nella propria realtà onirica.
Invece  siete  svegli, mi  guardate  e  io  vi  parlo.   Questo  è  un  sogno collettivo, state sognando tutti insieme. In  ciò  sta la vera differenza fra sogno diurno e sogno notturno.

...E c’è un risveglio più grande:   è  q u a n d o   c i   s i   r i s v e g l i a   a n c h e   d a l   s o g n o   c o l l e t t i v o.   Q u e l   r i s v e g l i o  è   l ‘ i l l u m i n a z i o n e.

Improvvisamente  il  mondo  è  maya.

Proponiamo in chiusura tre brani tratti dal libro Semi di saggezza di Bhagwan Shree Rajneesh, Edizioni Sugarco, tasco 57.

Brano 29
Vedo la gente così presa da se stessa che mi fa pietà. In queste persone non vi è nessuno spiraglio di apertura, nessuno spazio vuoto. Come può essere liberato chi non ha alcuno spazio dentro di sé? Perché avvenga una liberazione è essenziale avere spazio dentro di sé, non al di fuori. Colui che ha spazio dentro di sé, ha spazio anche al di fuori. Quando lo spazio interiore è collegato allo spazio dell’universo, quella comunione, quell’incontro, quella trasformazione è liberazione. Infatti là si realizza Dio.
Per questo non spingo nessuno a colmare il proprio essere con Dio, ma dico: “Fai il vuoto in te, e comprenderai che Dio ti ha ricolmato”.
Nella stagione delle piogge, quando le nuvole si sciolgono in pioggia, i terrapieni restano secchi, ma i fossati ne vengono riempiti. Siate come fossati e non come terrapieni. Non riempite il vostro essere. Conservatevi vuoti. Il divino si riversa ovunque, in ogni momento. Chi è vuoto per riceverlo ne viene inondato e ne è ricolmo.
Il valore di una brocca è questo: è vuota. L’oceano la riempie in proporzione allo spazio vuoto che ha in sé.
Anche il valore dell’uomo è proporzionale al suo vuoto. L’oceano si riversa in questo spazio e lo riempie.

Brano 25, stralci.
Il crepuscolo s’è mutato nella notte. Alcune persone son venute da me. Mi dicono che insegno il nichilismo, l’annullamento. Ma al solo pensiero del vuoto si spaventano. (…)
Racconto loro una storia.
Una notte senza luna un viaggiatore, trovandosi a passare in una strana regione attraverso montagne desolate, s’avvide di essere caduto in un burrone. I piedi scivolarono, si afferrò ad un arbusto e restò là sospeso.  Intorno a lui era oscurità. E oscurità era nell’abisso sottostante. Per ore rimase sospeso a quel modo. E per tutto il tempo soffrì le pene di una morte prematura. Era una notte invernale, e pian piano le mani divennero fredde e intirizzite. Alla fine incominciò a mollare la presa. Stava per precipitare nell’abisso. Nessuno sforzo lo poteva aiutare. Si vide precipitare negli artigli della morte. Cadde, ma di fatto non precipitò. Non c’era affatto un burrone. Quando cadde si ritrovò in piedi.
Anch’io mi sono trovato nelle stesse circostanze. Cadendo nel vuoto ho scoperto che il vuoto stesso era il terreno d’appoggio. Colui che abbandona gli appoggi e gli aiuti della mente ottiene l’appoggio del divino. L’unica meta nella vita dell’uomo è diventare vuoto, e coloro che non trovano il coraggio di diventarlo, si svuoteranno con le loro mani.

Brano 17
Ho sentito questa storia.
Un fachiro chiedeva l’elemosina.  Era molto vecchio e ci vedeva poco. Si fermò di fronte ad una moschea e chiamò a gran voce.  Un passante gli disse: “Và via.  Questa  non  è la casa di  un uomo che ti possa dare qualcosa”. Il fachiro chiese:  “Ma, dimmi, come si chiama il padrone di questa casa, così avaro da non dare nulla nessuno?”.  E l’altro:  “Pazzo, non  sai  che  questa  è una  moschea?  Il  padrone  di  questa casa è  il Sommo Padre: Dio, l’Anima Suprema”
Il fachiro alzò la testa e diede un’occhiata alla moschea. Il suo cuore si colmò di una  sete  ardente.  (Aveva trovato la casa di Dio !).  La  sua voce interiore parlò:  “Ahimè, è una sofferenza atroce allontanarsi da questa porta. Questa è l’ultima soglia. Dove potrei trovare un’altra porta simile a questa?”.  Simile ad una solida roccia il suo cuore esplose in questa decisione: “ Da qui non me ne andrò a mani vuote”.
Si fermò vicino a quei gradini. Alzò le nude mani al cielo. Era assetato e la sete è preghiera.
Passarono i giorni. I mesi fuggirono via. Passò l’estate. Venne la pioggia e se ne andò. Anche l’inverno trascorse. Era passato circa un anno. Anche la vita di quell’uomo giunse alla fine. Ma negli ultimi istanti della sua vita la gente lo vide danzare.
I suoi occhi erano ricolmi di uno splendore ultraterreno. Raggi splendenti si irraggiavano da quel corpo vecchio ed emaciato.
Prima di morire disse a qualcuno: “Colui che mendica, ottiene. Si deve solo avere il coraggio di impegnare se stessi”.

Il coraggio di impegnare se stessi.
Il coraggio di distruggere de stessi.
Il coraggio di divenire vuoto.

Colui che è disposto a morire consegue la propria realizzazione. Colui che è disposto a morire consegue la vita.
(Gesù Cristo ha detto:  “Colui che cerca di salvarsi si perde, e colui che si perde si salva”. Non ho altro da aggiungere. Solo questo è amore.  Perdere se stessi è amore.  Accettare la morte in amore è la via per conseguire la vita divina).

La donna mistica

Breve premessa
Concluderemo la nostra breve relazione sul vuoto interiore accennando al pensiero mistico cristiano. Noteremo senz’altro delle differenze tra quanto detto nelle precedenti serate e quanto diremo questa sera:

- Per la tradizione Tantra, “àlaya” è la dimora interna, il cielo interno la cui purezza è assoluta. Durante la vita bisogna trovare degli spazi simili a oasi nel deserto, in cui si rientra in sé, nel proprio utero: quegli spazi sono la meditazione. Non c’è bisogno di migliorarsi: entra nella dimora interna e limitati ad aspettare. Non ti preoccupare: nessuna tua azione può macchiare il tuo essere interno. Lascia che le cose seguano il loro corso. E allora galleggi nel cielo  come una nuvola bianca. Se resti nella tua dimora interna, vedi ogni cosa dissolvesi nei propri elementi naturali. Non metterti di mezzo. Siedi in te, al tuo interno e lascia che le cose accadano. E raggiungi l’irraggiungibile.

- Per il Taoismo, la cavità interiore è femminile, è la Femmina Mistica, la porta del cielo e della terra, la vera casa dell’uomo, la sola abitabile. Dentro non c’è nessuno: l’ego è solo in superficie. C’è precisamente il nulla, perciò l’uomo è vasto, perciò la sua natura è quella di Brahma: Dio è la cavità del tutto, lo spazio, lo spazio in cui l’uomo è nato, lo spazio da cui sorge ogni cose ed in cui ogni cosa ritorna, cade.  Lao-tzu dice  che la cavità è la verità dell’uomo: non muta mai, non è mai nata, non può morire. La si realizza con la meditazione:: il fine della meditazione è diventare cavi, senza  neppure un pensiero. Budda definisce il vuoto interiore  a n a t t a, anatma, non-io. Per Lao-tzu  la Femmina Mistica è la r e a l t à   u l t i m a : chi trova la chiave che apre la porta della Femmina Mistica,  trova il grembo dell’esistenza, la Madre, casa sua, il luogo del risveglio dal sogno collettivo. Quel risveglio è l’illuminazione. E improvvisamente il mondo è maya.

- Per il misticismo cristiano, l’anima umana è divina nel suo fondo e deve diventare ciò che è. Per mezzo dei sensi e con le sue facoltà inferiori, essa si lega bensì all’esterno,  perdendo così la sua libertà e dimenticando se stessa. Per portarla alla sua meta suprema la si deve subordinare all’intelletto, svincolandola da tutto ciò che è immagine,  come dall’ “io” e dal “mio”, e da quanto di irrazionale, di sentimentale e di impulsivo pretende di dirigere la sua esistenza. Solo così ritrova la sua essenza, libera la sua cavità e diventa vergine.
Ma la verginità non rappresenta la meta ultima per il misticismo cristiano: In questo soprattutto, come avremo modo di vedere, sta la differenza sostanziale fra le tradizioni finora considerate ed il misticismo cristiano.



Iniziamo con una frase di san Massimo il Confessore:


Occorre approfondire la parola fino a quando Cristo non s’è formato in noi:  il Cristo si genera nell’anima, facendo dell’anima che lo accoglie una madre  vergine”.

Riportiamo ora due brani del Vangelo, già visti in altra occasione.


Primo brano:

“Noi leggiamo nel Vangelo : Or, sua Madre e i suoi fratelli vennero a trovarlo; ma  a  causa della folla, non poterono avvicinarsi a lui. E gli fu riferito: “Tua Madre e i tuoi fratelli son là fuori e desiderano vederti”. Ma  egli  rispose  loro: “Mia madre e i miei fratelli son coloro  che  ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.(Lc. 8, 19 –21)



Secondo brano:

“Quando nostro Signore aveva dodici anni, andò con Maria e Giuseppe a Gerusalemme nel Tempio; e quando essi tornarono Gesù rimase nel Tempio senza che essi lo sapessero. E quando furono vicini a casa e si accorsero della sua assenza, lo cercarono tra i conoscenti e gli ignoti, fra i parenti e la folla e non lo trovarono: essi lo avevano perduto in mezzo alla moltitudine. Perciò non rimase loro che di tornare indietro donde erano partiti; e quando furono arrivati al punto di partenza, al Tempio, là lo trovarono”. ( Lc. 2, 41- 46)

Dice Meister Eckhart: E’ così veramente; se tu vuoi trovare in te questo nobile Figlio, devi abbandonare la moltitudine e tornare al punto di partenza, al fondo, dal quale sei venuto.
Tutte le potenze dell’anima con la loro attività, ecco la moltitudine: la memoria, l’intelligenza e la volontà, sono esse che ti trascinano nel molteplice;  perciò tu devi abbandonarle tutte, e abbandonare l’attività dei sensi, l’attività immaginativa e tutto ciò in cui ti senti e ti vedi. Allora potrai trovare il Figlio, non altrimenti.

Egli non è mai stato trovato presso gli amici, i parenti, i conoscenti: là piuttosto è stato perduto...


Qui si presenta subito una obiezione:

- Un uomo nato e cresciuto nella vita cosciente, come potrebbe essere così libero da ogni impressione come quando non era ancora nato? Egli sa un mucchio di cose, tutte immagini di qualcuna!  Come può nello stesso tempo esserne libero?

Lasciate dunque che vi spieghi. Se tutte le immagini che lo spirito umano ha mai accolto in sé, fossero davanti alla mia coscienzasenza tuttavia che io le considerassi come mie, proprio che nel mio fare ed agire non mi attaccassi ad alcuna di esse con il suo prima e con il suo poi, ma invece ora, in questo momento presente, stessi libero e vuoto a disposizione di Dio, queste immagini mi sarebbero di tanto poco impedimento come quando ancora non ero, e  l’anima mia sarebbe vergine.

E tuttavia, penso che tale specie di verginità non toglie affatto all’uomo nulla di tutte le opere che ha già dietro di sé: ma egli, per niente impacciato, si erge libero in verginale purezza, realizzando completamente soltanto allora il suo vero io.

Ora esaminate e osservate accuratamente.
Chi  è  vergine  non dà frutto:   per diventare fecondo è necessario che d i v e n t i   d o n n a.

“Donna” è il nome più nobile che si possa dare all’anima, molto più nobile che quello di “vergine”. Che l’uomo accolga Dio in se stesso è bene  - e in tale accoglimento  si manifesta  la  sua verginità; ma che Dio diventi fecondo in lui è meglio (...) E che l’anima in un ritorno di gratitudine faccia rinascere Gesù nel cuore  paterno  di  Dio è   c o s a   d a   d o n n a !    (...)   La verginità non serve all’anima, se essa non è anche donna con la sua fecondità.

Il fondo dell’anima


“Fondo dell’anima”, Scintilla animae, castellum animae, apex mentis, sono alcuni dei modi con cui Eckhart indica la parte  più profonda e  pura  dell’anima, nella quale avvengono tutte le operazioni superiori, essenziali.

Luogo della nascita di Dio, intellectus inquantum intellectus ed essenza dell’anima sono, rispettivamente, i tre aspetti cui si può riassumere questo concetto fondamentale, che ha dunque una triplice connotazione:


- m i s t i c a :  Luogo della nascita di Dio;

-
i n t e l l e t t i v a , da intelletto: (*) facoltà che intuisce, contempla, coglie in modo immediato l’universale;


- p s i c o l o g i c a : che comprende percezione, associazione delle idee, memoria, immaginazione, ragione; suoi atti importanti sono: distinguere e generalizzare.

I due ultimi aspetti presentano la maggiore rilevanza: la scintilla dell’anima, scintilla divina o fondo dell’anima, è l’elemento essenziale di noi stessi, il “Sé” eterno, l’unico elemento di purezza e di libertà nell’universo del condizionamento, per cui chi non lo conosce naufraga perduto nel mare della dissomiglianza, incalzato dall’onda inarrestabile del divenire, senza mai giungere a conoscere né Dio né se stesso.


Questo “fondo”, sempre rivolto al bene, permane immutabile nell’uomo (anche nell’inferno, dice paradossalmente Eckhart), ma appare alla luce solo quando le altre potenze dell’anima tacciono, cioè quando il distacco da esse è completo.

(*) INTELLETTO: -Termine usato dalla Scolastica medioevale per tradurre il greco nous che indica la facoltà che intuisce, contempla, coglie in modo immediato l’universale; si distingue dal termine ragione (ratio; in greco dianoia) che è caratterizzata dallo sviluppo discorsivo, dialettico, non immediato.
Per Platone è l’organo che permette di “vedere”, intuire in modo diretto, immediato le idee costituenti un mondo intelligibile, distinto dal mondo sensibile.
Aristotele distingue un intelletto attivo e uno passivo; il primo non ha contenuti, è al di fuori dei princìpi fondamentali del pensiero ( identità, non contraddizione, terzo escluso) e dei princìpi comuni alle varie scienze, su cui le scienze si fondano.  E’ la facoltà che astrae la forma universale del sensibile (mentre l’intelletto passivo la riceve).



“Fondo dell’anima”, tempio di Dio
(Meister Eckhart, Opere tedesche, Sermone 1, p. 123, a  cura  di  Marco  Vannini, Firenze 1982)

“…Entrò  Gesù  nel Tempio, e ne scacciò tutti quelli che compravano e vendevano” (Matt. 21,12).
Leggiamo nel Vangelo che Nostro Signore entrò nel Tempio, scacciò quelli che compravano e vendevano, e disse agli altri, che tenevano tortore e altre cose simili: togliete queste cose, portatele via!

Perché Gesù cacciò quelli che compravano e vendevano e ordinò a quelli che tenevano delle tortore di portarle via ?  Non indicava niente altro se non la sua volontà di vedere vuoto il Tempio, proprio come se avesse voluto dire: io ho un diritto su questo Tempio, voglio starvi da solo ed averne sovranità. Cosa intende con ciò ? Questo Tempio in cui Dio vuole regnare da signore secondo la sua volontà, è l’anima umana, che egli ha formata e creata perfettamente simile a se stesso; infatti noi leggiamo che il Signore dice in Gen. 1, 23: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. E  così  ha fatto.


Spiega la nota immagine aristotelica:
De anima III 429 b
: “Quando voglio scrivere in una tavoletta di cera,  per quanto nobile sia ciò che è scritto sulla tavoletta, ciò non può fare a meno di ostacolarmi, in  modo tale che non  posso scrivervi,  e se tuttavia io voglio scrivervi, occorre che cancelli quel che sta sulla tavoletta. Essa non è mai tanto pronta alla scrittura come quando non v’è niente su  di essa. Nello stesso modo, se Dio deve  scrivere  nel mio cuore secondo la maniera  più elevata, bisogna che dal  cuore  esca  tutto quel  che  può  chiamarsi questo o quello, e tale è il cuore distaccato.”


(Meister Eckhart, già cit., p. 116)

Chi erano le persone che compravano e vendevano, e chi sono ancora?
Fate bene attenzione! Non voglio parlare ora altro che delle persone dabbene. Tuttavia voglio stavolta indicare chi erano e sono questi mercanti che compravano e vendevano in tal modo e che Nostro Signore cacciò e mise fuori. Egli lo fa ancora con tutti quelli che comprano e vendono in questo tempio: Non vuole lasciarne alcuno.

Vedete, sono tutti mercanti quelli che si astengono dai grossolani peccati, che vorrebbero essere gente dabbene e compiono buone opere in onore di Dio, come digiunare, vegliare, pregare ed altre cose simili - ogni sorta di opera buona - e le compiono perché Nostro Signore dia loro qualcosa in cambio o faccia in cambio qualcosa di piacevole per loro: questi sono tutti mercanti. Bisogna intenderlo in questo senso generale, infatti essi vogliono dare una cosa in cambio di un’altra, ed in questo modo commerciare con Nostro Signore (...)
Sono persone del tutto sciocche quelle che vogliono commerciare in questo modo con Nostro Signore; persone che non sanno della verità che poco o nulla. Perciò Nostro Signore le cacciò dal Tempio e le espulse.


La luce e le tenebre non possono dimorare insieme.

Dio è la verità e la luce in se stessa.

Quando dunque Dio entra in questo tempio, ne caccia l’ignoranza, ovvero le tenebre, e si rivela in luce e verità.

Quando la verità è riconosciuta se ne sono andati i mercanti, e la verità non desidera alcun mercanteggiare. Dio non cerca il proprio bene; in tutte le opere è libero, e le compie per vero amore. Lo stesso fa l’uomo che è unito a Dio: anche egli è libero in tutte le opere, e le compie soltanto per l’onore di Dio, senza cercare il proprio bene, e Dio le compie in lui.



Dico ancora di più: finché l’uomo cerca in tutte le sue opere qualcosa di ciò che Dio può o vuole donare, egli è uguale a questi mercanti. Se tu vuoi essere completamente libero da questo mercanteggiare, perché Dio possa ammetterti nel Tempio, devi fare tutto quello di cui sei capace in ogni opera unicamente a lode di Dio, e ne devi esser tanto distaccato quanto lo è il nulla, che non è né qui né là. Quando agisci così, le tue opere sono spirituali e divine, e allora i mercanti sono tutti cacciati dal tempio e Dio vi abita da solo; infatti quest’uomo non ha che Dio in vista (...)


Così dovrebbe essere l’uomo che vuole rendersi accessibile alla verità più alta, e vivere senza un prima e un poi, senza essere ostacolato da tutte le opere e da tutte le immagini di cui ha avuto conoscenza, libero e distaccato, ricevendo incessantemente il dono divino nel presente, e di rimando generandolo senza ostacolo in questa stessa luce. (...)

...Così se ne andrebbero le tortore, ovvero gli ostacoli dati dall’attaccamento al proprio io in tutte quelle opere, che paraltro sono buone, nelle quali l’uomo non cerca soltanto il proprio bene.
Perciò Nostro Signore dice benevolmente: Toglietele, portatele via ! come se avesse voluto dire: Ciò è bene, ma porta con sé degli ostacoli.

Quando  questo tempio si libera così da tutti gli ostacoli, ovvero  dal- l’attaccamento  a  se  stessi  e  dall’ignoranza, il suo splendore è così bello, esso brilla con tanta purezza e chiarezza al di sopra di tutto ciò che Dio ha creato, che niente può avere altrettanto splendore, se non il solo Dio increato. Con tutta verità, nessuno  è  veramente uguale a questo tempio, se non il solo Dio increato.

Tutto ciò che è al di sotto degli angeli non assomiglia assolutamente a questo tempio. Gli angeli più elevati assomigliano fino a un certo grado a questo tempio dell’anima nobile, ma  non  completamente. E’ esatto  che assomigliano all’anima in qualche modo, per  quanto  concerne la conoscenza  e l’amore. Tuttavia a loro è fissato un segno, ed essi non possono passarlo. Invece l’anima può andare oltre.

Se l’anima di un uomo che vive nel tempo fosse alla stessa altezza dell’angelo più elevato, questo uomo potrebbe ancora, grazie alla sua libera possibilità, giungere incomparabilmente più in alto.
(...) Come ho detto prima, Gesù era penetrato nel Tempio e ne aveva espulso quelli che compravano e vendevano, e cominciò a dire agli altri:  Togliete ciò !   Ora, vedete, io  prendo  questa  piccola  parola:
- Gesù entrò e cominciò a dire: Togliete ciò ed essi lo tolsero. Vedete, a quel punto, non c’era nel Tempio altri che Gesù  ...e d    e g l i    a l l o r a c o m i n c i ò    a   p a r l a r e.

Vedete, sappiatelo in verità ! se qualcuno diverso da Gesù solo vuole parlare nel tempio, ovvero nell’anima, Gesù tace, come se non fosse a casa propria, ed egli non è a casa propria nell’anima, giacchè essa ha degli ospiti stranieri con i quali parla.
Ma  se  Gesù deve parlare nell’anima, bisogna che essa sia sola e che taccia, se deve sentir parlare Gesù.

A l l o r a    e g l i    e n t r a    e    c o m i n c i a    a    p a r l a r e.
Cosa dice  Gesù?
D i c e   c o s a   e g l i    è.   Cosa  è  dunque?
Egli è il Verbo del Padre. In questo stesso Verbo, il Padre stesso si esprime con tutta la natura divina, e tutto ciò che Dio è e tal quale lo conosce, e lo conosce tal quale è. E, come egli è perfetto nella sua conoscenza e nella sua potenza, così è perfetto anche nella sua parola.

Richiamaci perciò, alla comprensione del tuo Verbo, che è Dio presso di te Dio, il quale è eternamente detto ed in cui tutte le cose sono eternamente dette, perchè in Lui non si termina ciò che si diceva prima per dire altre cose e per poter dire tutto;  ma tutte simultaneamente sono dette eternamente. Altrimenti si avrebbe il tempo ed il mutamento; non la vera eternità né la vera immortalità.
Comprendiamo, o Signore, comprendiamo come una cosa in quanto non è più ciò che era ed è ciò che non era, in tanto muore e nasce.
Nulla, perciò, nel tuo Verbo passa, nulla sopravviene, poichè è veramente immortale ed eterno. Perciò con il tuo Verbo, a te coeterno, tu dici in un punto simultaneamente ed eternamente tutte le cose che dici, ed è fatto tutto ciò che dici sia fatto; né lo fai altrimenti che dicendolo.
(Sant’Agostino, Le Confessioni, cap.VII)

Esprimendo il Verbo Dio esprime se stesso e tutte le cose in un’altra persona; le dà la sua stessa natura, ed esprime nello stesso Verbo tutti gli spiriti dotati di intelletto, simili a questo stesso Verbo secondo l’immagine, nella misura in cui questa permane all’interno, non tuttavia simile in ogni modo a questo stesso Verbo, secondo che essa si spanda al di fuori, avendo ogni immagine per sé un proprio particolare essere, ma le immagini hanno ricevuto la possibilità di ottenere per grazia una somiglianza con questo stesso Verbo. E questo stesso Verbo, tal quale è in se stesso, il Padre lo ha completamente espresso: il Verbo e tutto ciò che è nel Verbo

Essendosi il Padre così espresso, cosa dice dunque Gesù nell’anima?

Come ho detto: il Padre esprime il Verbo e si esprime nel Verbo, non altrimenti. Gesù parla nell’anima. Il modo della sua parola è il rivelare se stesso, come tutto ciò che il Padre ha espresso in lui, secondo il modo con cui lo spirito è ricettivo.
Egli rivela la sovranità del Padre nello spirito, nella medesima incommensurabile potenza.
Quando lo spirito riceve questa potenza nel Figlio e grazie al Figlio, progredisce potentemente, in guisa tale da divenire simile e potente in ogni virtù. ed in ogni perfetta purezza, così che né amore né dolore, né tutto ciò che Dio ha creato nel tempo, è capace di turbare l’uomo, ed egli vi dimora potentemente come una forza divina, nei confronti della quale tutte le cose sono piccole ed impotenti. (...)

Gesù  si  rivela  anche  con  una  dolcezza  e  pienezza  infinita, che scaturisce dalla forza dello Spirito santo e trabocca e si effonde, con una pienezza ed una dolcezza ricca e sovrabbondante, in ogni cuore ricettivo.
Quando Gesù si rivela con questa pienezza e dolcezza e si unisce all’anima, l’anima si ritira con questa pienezza e dolcezza in se stessa e fuori di se stessa ed al di sopra di se stessa e di tutte le cose create, per grazia, con forza e senza intermediari, tornando nella sua origine primaria.
Allora l’uomo esteriore obbedisce all’uomo interiore fino alla sua morte, in una costante pace, al servizio di Dio.

La grazia
Da Meister Eckhart e la mistica…. Di Giuseppe Faggin,  F.lli Bocca, 1946

“La grazia, più che un’opera eccezionale di Dio, è lo stesso essere di Dio nell’anima, è immota luce intellettuale che, in quanto superiore alle facoltà psichiche collegate al sensibile, deve essere detta soprannaturale, ma che in realtà è la stessa natura dell’anima. Ma poiché l’anima è soltanto potenzialmente intelletto, in quanto la conoscenza superiore non è possesso immediato, ma conquista che richiede da parte nostra un’opera liberatrice, è necessario che questa opera sia nostra e che la grazia che la rende possibile sembri fuori di noi: la grazia è l’Eterno e l’Increato nell’anima – ma in senso dialettico. E difatti l’anima non è divina, ma si fa divina e conquista il suo vero essere solo nell’atto con cui si spoglia della creaturalità e svela ciò che giaceva nascosto nel fondo e che pur rendeva silenziosamente possibile la sua opera liberatrice; e, d’altra parte, Dio non è grazia operante se non nell’anima e per l’anima, mentre in se stesso non opera, ma è.
L’efflusso è corrispondente all’influsso ed inversamente; e il tutto si compie in Dio, poiché nulla è fuori di lui, e si compie nell’anima, poiché essa, nella sua nudità interiore, non esce da sé, ma ritrova in sé la sua natura”.
Nel rimpianto del tempo, invano speso alla ricerca della felicità in ciò che non soddisfa né il cuore né la mente, Sant’Agostino ha uno slancio pieno di mistico lirismo:


Tardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!  Tu eri dentro di me ed io fuori; ivi io ti cercavo gettandomi deforme su queste belle cose da te fatte.
Tu eri con me, ma io non ero con te, poiché mi tenevano lontano quelle creature che, se non esistessero in te, non avrebbero esistenza.
Tu mi hai chiamato, hai gridato, hai vinta la mia sordità. Tu hai balenato, hai brillato, hai dissipato la mia cecità. Hai sparso il tuo profumo, io l’ho respirato ed ora a tre anelo. Ti ho gustato ed ora ho fame e sete. Mi hai toccato ed ardo dal desiderio della pace tua.


“E’  questa  la  casa  di  Dio, non certo a lui coeterna, ma tuttavia, secondo la sua condizione, eterna nei cieli.
Invano cercheremo vicende di tempo, poiché non le troveremo.
Essa trascende ogni estensione e ogni spazio volubile di tempo, poiché per essa è bene lo stare sempre unita a Dio.


Entrerò nel giaciglio del mio cuore; canterò a te cantici d’amore, gemerò di inenarrabili gemiti  in questo  mio  pellegrinare, ricordando  Gerusalemme con il cuore verso di essa proteso, Gerusalemme mia patria, Gerusalemme madre  mia.

Mi ricorderò di te che sopra di essa regni e l’illumini, Tu che le sei padre, tutore, sposo, casta e forte letizia,sicuro gaudio che contiene tutti i beni ineffabili,tutti uniti, poichè Tu sei l’unico sommo e vero bene.

Né mi staccherò di la fino a che tu non mi raccoglierai interamente da questa mia disperazione e deformità formandomi e confermandomi, o mio Dio, mia misericordia, in quella pace come di madre carissima, dove sono le primizie dello spirito e da dove mi viene questa certezza.

Beppe Fragomeni
per scrivere all'autore: Kormoran7@libero.it



Astronavepegasus


   

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