sabato 12 gennaio 2013

Sperimentazioni pratiche – Reattore al plasma KesheMADE IN ITALY

A seguito delle conferenze italiane di Keshe si è formato un gruppo di lavoro con l’intento di fare sperimentazioni pratiche.Il grosso del coordinamento avviene naturalmente via internet a causa delle distanze tra i vari componenti. Tuttavia si sono rese necessarie delle riunioni fisiche (22.12.12; 29.12.12 e il 05.1.13). La prima frase si è realizzata  attraverso lo studio e la traduzione del brevetto 117 di Keshe.  


Noi abbiamo  riscontrato che il lungo brevetto si componeva di  tecniche e ampie parti descrittive riguardanti la formazione della materia, delle galassie e dell’universo.  I concetti sono ripetuti identicamente  molte volte volte , a volte proprio con le identiche parole; è  come se molti esperimenti differenti fossero stati assemblati assieme senza una precisa coesione, per cui anche i dati risultano spesso non ben definiti e/o contrastanti.

Attraverso domande fatte direttamente a Keshe,  noi abbiamo riscontrato una strana linea comportamentale  dell’autore, diversa da quanto avviene normalmente . Noi  abbiamo “intuito” che questo tipo di esperimenti, i quali  vanno a toccare i fondamenti creativi della materia, assumano un carattere non solo scientifico, ma anche spirituale e nello stesso tempo di espressione di libera creatività.
Per esempio, abbiamo chiesto a Keshe perchè non ci desse in mano progetti dettagliati e specifiche  di costruzione.
La risposta è stata più o meno questa:  ”Non ve le do perchè così è stata propagata questa informazione da sempre in tutte le parti dell’universo”.
“Accidenti!” Ci siamo chiesti il significato di tale affermazione, e  l’unica spiegazione che siamo riusciti a darci, è che in ogni esperimento, lo sperimentatore debba mettere in atta una SUA CREATIVITA‘ .
Inoltre, per quanto appaia incredibile allo scienziato tecnicista, sembra che ciò che viene creato assuma uno strano rapporto con il creatore, quasi come un rapporto filiale.
Chiaramente questo si scontra con le nostre credenze scientifiche, e  all’interno del gurppo crea enormi perplessità.
Il discorso andrebbe approfondito, e semmai lo faremo in seguito, certo E’ STRANO … !!!
A questo punto abbiamo deciso di mettere in campo una linea esplorativa partendo  quasi da zero. Noi non stiamo cercando di ripetere pedissequamente quello che è scritto nel brevetto (anche perchè bisognerebbe capire a che parte del brevetto ci si riferisce) ma cerchiamo di osservare il comportamento dei vari gas partendo da composizioni semplici, per esempio solo H o H + He  etc…
Non disponendo nè di grandi fondi, nè di attrezzature particolarmente specializzate, ci siamo arrangiati con quello che avevamo a disposizione. Per esempio abbiamo una pompa a vuoto che fa 10-2   (usata a suo tempo per esperimenti sulla fusione fredda), anche se sappiamo benissimo che serve una pompa turbomolecolare. Ci stiamo attivando per acquisirla ma occorrono tempi lunghi, agganci, competenze  ed …anche denaro.
Nel gruppo ci sono fisici, ingegneri e tecnici specializzati in particolare abbiamo degli ottimi realizzatori pratici.
(Io sono solo la segretaria nonchè traduttrice )
I teorici del gruppo, basandosi su quello che conoscono del plasma hanno subito posto l’attenzione sulla pressione, o meglio sulla depressione. I plasmi infatti  si formano facilmente a vuoti elevati (da 10-2 in su).
Tuttavia esistono applicazioni pratiche in cui il plasma si forma a pressioni ambientali ( tipica è la saldatura al plasma).
Abbiamo subito chiesto a Keshe quale era la pressione ideale.  Ci aspettavamo una risposta coerente con quanto scritto nei brevetti, in cui si parla in un caso di 10-7 in altri di  10-6 , più o meno sembrava quello il range di azione.  La risposta di Keshe è stata equivoca  ”la pressione non ha molta importanza”. Anche questa risposta ci ha lasciati perplessi.
Per il momento, in attesa della pompa molecolare, abbiamo deciso di operare a vuoti modesti, per supplire a questo inconveniente possiamo aumentare il voltaggio di innesco della ionizzazione.
Noi  abbiamo subito realizzato che vi era  la necessità di vedere  cosa succedeva dentro al reattore. Abbiamo notato da alcune foto fornite da Keshe un reattore a forma di campana con due buchi laterali, Keshe ha detto che servivano  per monitorare visivamente l’interno.
Vista la possibilità creativa e i pochi limiti imposti dal brevetto sui materiali, abbiamo deciso di provare a mettere alla base della campana un plexiglass dallo spessore di  1 cm trasparente.
Anche su questo c’è stata una lunga discussione, le perplessità maggiori sono state paventate dagli specialisti, i quali ritengono la luce ultravioletta (emanata dal nucleo di idrogeno ionizzato) possa essere dispersa  perdendo  l’intensità necessaria ad attivare la scintillazione dell’elio o altri gas.  Eventualmente quindi si appoggerà sul  piano di plexiglass  un materiale speculare che rifletta completamente  i raggi all’interno.
Un altra perplessità è data dal tipo di raggi emessi potenzialmente pericolosi. Sappiamo che già l’idrogeno raggiunge il campo estremo di visibilità. Non possiamo essere sicuri di cosa succede poi con elio neon etcc. Pertanto, onde evitare spiacevoli inconvenienti abbiamo deciso di allestire una telecamera e guardare attraverso un videoproiettore su uno schermo. Per ogni eventualità abbiamo anche predisposto due  contatore geiger. Se solo avremo il sospetto di pericolosità, metteremo degli schermi del tipo suggerito da Ighina, che è l’unico a nostra conoscenza che parlava proprio di questo tipo di esperimenti, e descriveva  effetti sotto molti aspetti identici a quelli di Keshe.
Ighina sosteneva che servono strati di materiali diversi organici e inorganici, per cui pensiamo di schermare con lastre metalliche, polistirolo organico, mattoni cartongesso e altro.
Una delle parti più difficili da realizzare del meccanismo  è quella di creare un perno rotante a tenuta stagna in modo che si mantenga il vuoto.  Questo lo abbiamo realizzato raddoppiando i paraolio  immersi in grasso siliconico.
Per il momento vediamo che un vuoto di 10-1 viene mantenuto molto bene.
Il motorino viene controllato in corrente continua (non è del tipo passo a passo). Controlliamo la velocità di rotazione mediante dei sensori ad effetto “all”  collegati ad una scheda di acquisizione.
Le prove a banco hanno dimostrato  che l’elica in presa diretta con il motore  può  raggiungere velocità di rotazione intorno ai 4000 giri al minuto nel vuoto.
Stiamo attivandoci per avere un sensore  del vuoto in modo da immettere tutti i dati  nella scheda di acquisizione e poter fare dei grafici ben definiti.
La prima domanda che gli specialisti si sono posti è stata relativa alla separazione dei gas fatta attraverso la centrifugazione.  In effetti il metodo della centrifugazione viene impiegato per la separazione nel caso di ‘arricchimento dell’uranio.  L’uranio, sotto forma gassosa, viene separato dal suo isotopo  nonostante una variazione di peso estremamente modesta. Abbiamo considerato che nel  nostro caso invece  i gas variano molto di peso, se l’idrogeno è 1,  l’elio è 4 volte più pesante, il neon 10 e  l’argon 18 etcc.
Nnoi sappiamo dalla teoria che la forza centrifuga è direttamente proporzionale alla massa, esattamente come lo è  la forza d’inerzia, pertanto la semplice creazione di una forza centrifuga non separa gli elementi. Si può constatare questo fenomeno nelle giostre rotative, dove il bambino seduto nel seggiolino raggiunge la stessa altezza dell’adulto molto più pesante , in quanto il bambino è soggetto a poca forza centrifuga, ma ha anche meno inerzia. L’adulto ha maggiore forza centrifuga ma anche una  maggiore forza inerziale che si oppone.
A che cosa è dovuta allora la separazione ?
La separazione è dovuta fondamentalmente all’attrito . In pratica la forza centrifuga viene utilizzata  per vincere l’attrito e per vincere l’inerzia. Avendo la massa maggiore molta più forza centrifuga, è in grado di vincere prima l’attrito;  più l’ambiente è ricco di attrito (viscoso) più il fenomeno della separazione risulta evidente. A questo punto qualcuno ha obiettato che all’interno del reattore ci trovavamo in un ambiente rarefatto, ma questo è relativo al nostro modo di pensare, anche perchè pur in vuoti spinti si hanno sempre miliardi di particelle presenti.
La domanda corretta è piuttosto, a che livello di nitidezza si separano in strati i vari elementi ? Questa risposta  può essere esaudita solo dalla sperimentazione .
Qualche perplessità l’abbiamo avuta leggendo l’ultima parte del brevetto di Keshe in cui  lui suggerisce di introdurre i gas uno a uno, partendo dal più pesante, facendoli passare per un apposito canaletto centrale nella colonna del rotore, che li rilascia esattamente al centro della sfera. Keshe suggerisce di introdurre prima il  gas più pesante e poi via via gli altri in ordine di leggerezza. Uno dei dubbi è questo, se noi mescoliamo i gas prima, e poi li introduciamo la miscela di gas ottenuta, sarà la centrifugazione  in grado di creare precisi strati di separazione tra i gas ?
Ci si è posta poi la problematica di come miscelare i gas. L’operazione di introdurre  i gas  uno ad uno in un ambiente con  vuoto di 10-6 è abbastanza complicato, bisogna calcolare la variazione di pressione, regolare perfettamente la rubinetteria specializzata etcc.
Molto più semplice per noi è creare una mescolanza iniziale dei gas nelle percentuali desiderate, che indicativamente potrebbero essere 20% H, 15% He 15% Ne e 50% Ar. Per fare questo si pensa di usare un pistoncino per esempio dato da una siringa graduata (piuttosto piccola), si introducono  in volume i vari gas che si mescoleranno. Dopo di chè, fatto il vuoto nel reattore, e collegatolo con il gas presente nel pistoncino, avremo il travaso automatico di una parte della miscela di gas. Se ne viene risucchiata troppa, si provvederà ad estrarre  il surplus con la pompa.
Ottenuto il caricamento della miscela che si spera pura (il reattore deve prima venire  ben pulito e degasato tenendolo sottovuoto per un certo periodo in modo tale che il gas adsorbito dalle pareti venga estratto completamente), si fa partire il rotore con gradualità tenendolo per un certo periodo a 500 giri e salendo poi lentamente.
La nostra idea è per il momento quella di ionizzare la sfera interna di idrogeno mediante due elettrodi a cui   forniamo un potenziale di parecchi Volt (vedremo quanti ne servono) .
E’ doveroso ora descrivere come abbiamo creato le  eliche rotanti. Il primo presupposto di qualsiasi tipo di elica è che le estremità della stessa rimangano dentro il nucleo di idrogeno (nucleo Carolina), perchè da quello che abbiamo capito, negli strati di separazione tra l’idrogeno e l’elio avviene uno sfregamento che innesca certe reazioni non meglio specificate. Quindi abbiamo dedotto che in quella zona non è opportuno introdurre ostacoli.
Questo si nota anche dalle foto  presentate da Keshe. I rotori quindi raggiungono dimensioni dell’ordine di 4-5 cm di diametro, quando la sfera di idrogeno centrale (nucleo carolina) è di almeno 8 cm. Abbiamo creato un programmino che alleghiamo per valutare l’ampiezza delle sfere di gas a seconda delle percentuali di gas  presenti nel reattore.
I rotori sono per il momento di tre tipi:
il primo tipo è costituito solo da otto braccini sporgenti.
il secondo tipo è formato da un cilindro contenente quattro o sei magneti permanenti (orientati in modo che tutti i nord siano in alto  e i sud in basso o viceversa)
il terzo tipo è fatto come il secondo tipo ma con alette sporgenti (una situazione mista tra il primo e il secondo tipo)
Le alette sono state realizzate con una stampatrice tridimensionale in plastica
Keshe in una delle tante affermazioni sostiene che in un primo tempo è meglio non usare il campo magnetico rotante fatto dalle calamite, anche se storicamente lui è arrivato alle sue conclusioni per quella strada. Keshe ci ha suggerito di evitare l’uso dei magneti rotanti centrali perchè si possono creare degli improvvisi effetti gravitazionali non ben controllati che  portano alla rottura del reattore.

   

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