mercoledì 23 gennaio 2013


Li stiamo mandando a casa tutti

22 GENNAIO 2013
di Sergio di Cori Modigliani
È la faccia virtuosa della rete, il capovolgimento del Senso, quella silenziosa rivoluzione civile di cui si parla spesso in maniera pomposa, accademica, a mo’ di statistica, vezzo high-tech per vendere merci ai giovani e roba scontata per tutti. Evviva l’e-commerce.
È il virtuale che influisce sul reale.
E impone un cambiamento perché lo determina, per propria costituzione.

È la sconfitta dei reazionari nostalgici, dei luddisti, di chi si nasconde dietro il paludato e senescente “ai miei tempi sì che…” perché – da questa piccola grande vittoria – esce definitivamente battuta la cosiddetta maggioranza silenziosa, sostituita per sempre dal nuovo caos provocato dalle striscette su facebook, dalle citazioni rubate, dallo sfogo bilioso, rancoroso, urlato, vomitato, alla ricerca spasmodica di un Senso: la nuova maggioranza rumorissima e cacofonica, variopinta e confusionaria che siamo tutti noi.
Per restituire un Significato alla nostra esistenza civile.
È la rivoluzione silenziosa di cui la cupola mediatica non parla e che non accredita.
Perché non lo può fare.
Perché non vuole farlo.
Perché, se lo facesse, dovrebbe certificare la propria sconfitta, il proprio inevitabile pensionamento e la conseguente messa in soffitta, battuta dalla Storia del progresso umano.
In una società ingessata, ferma, paralizzata, da sempre stretta dalla morsa furba di una forzatura ideologizzata, che ha imposto per cento anni lo scontro tra fascisti e comunisti, moderati e progressisti, laici e clericali, irrompe sullo scenario civile italiano una massa policroma di gente comune, dove si scontrano e si incontrano frigide suorine e mignotte esperte, filosofi/e plurilaureati/e e carrozzieri analfabeti, casalinghe, impiegati, ladri di idee altrui e produttori timidi di idee proprie, settentrionali razzisti che scoprono – per caso – in un certo terrone la condivisione sorprendente di un’idea del mondo e della vita e fondano amicizie solidali considerate un tempo inusitate.
E fanno, chi consciamente chi inconsapevolmente, ciò che per 50 anni non hanno fatto i rappresentanti auto-referenti di questa classe politica che mal ci rappresenta.
Lo hanno fatto (lo abbiamo fatto) forse senza neppure renderci conto di ciò che stavamo facendo. Ma ci siamo riusciti.
Ciò che non è riuscito ai magistrati, alle forze dell’ordine, ai comitati civici, a gruppi coraggiosi di locali organizzati, ebbene, è riuscito a tutti noi.
A nostra insaputa.
Perché (e questa è la grande notizia) è accaduto, è avvenuto, sta accadendo in queste ore in cui si arrampicano sugli specchi per metterci una toppa ma ormai per loro è troppo tardi. LI STIAMO MANDANDO A CASA FINALMENTE.
Ed è soltanto l’inizio.
È grazie a noi tutti internauti – nessuno escluso – ai bloggers, agli urlatori, ai disperati solitari chiusi nelle proprie tane del dissenso, ai feisbucchiani logorroici, agli spietati accusatori di un modello di vita che sa di morte, è grazie al web se tutto ciò sta accadendo.
Con la copia in tasca (ben nascosta) dei sondaggi confezionati dai loro personali e privati consulenti della comunicazione, le mummie dei partiti prendono atto della indignazione popolare presente in rete e quindi si comportano di conseguenza.
E così, il PD non candida Crisafulli, non candida la Brambilla e all’ultimo momento esclude 14 funzionari in odor di mafie perché sa che a furor di popolo verrebbero sbugiardati, insultati, avviliti, smascherati da tutti noi in rete.
E così, il PDL si arrende e non candida più Scajola. Non candida più Dell’Utri. Non candida più Papa e da due giorni sono chiusi dentro una stanza per cercare di convincere Cosentino che il 16 marzo dovrà andare in galera come la Legge ha prescritto e non lo possono più candidare perché altrimenti ogni giorno sulla rete ci sarebbe chi ricorda ai cittadini che cosa fa che cosa ha fatto e che cosa vuole fare questo candidato.
E così il centro spiega a Rutelli, che è meglio per lui scomparire per sempre dallo scenario politico e così annuncia “mi prendo un anno sabbatico per riposare” (riposare da che? Quesito surrealista).
E la Lega Nord è costretta a rinunciare a tre fondamentali capi bastone perché nelle pagine facebook leghiste la gente inferocita ha chiesto le loro teste.
In tutto una cinquantina.
Non molti, ma troppi, davvero troppi per loro. Anche se per tutti noi sono sempre troppo pochi, è il segnale del fiato sul collo che viene dalle invisibili bocche virtuali della nostra scandalizzata indignazione.
Rompe l’accordo con Storace il senescente Pannella, travolto da una valanga virtuale di critiche, faccette su facebook, vomiti virtuali di rabbia radicale dei radicali. E la stessa marea di contestazioni si abbatte (da destra) su Storace nei gruppi strutturati del tifo fascista ed entrambi sono costretti a gettare la spugna di un matrimonio davvero osceno. Facebook e la rete li ha condannati alla rottura.
Grazie a noi.
Perché tutto ciò sta accadendo non grazie a una loro scelta, non grazie al lavoro della magistratura, non grazie al senso di responsabilità di un parlamento ridotto a carta straccia e mercato delle vacche.
Se ne ritorna a fare l’omeopata il bravo Scilipoti che abbandona l’agone insultando tutti noi “mi immolo per impedire che sui cosiddetti social networks dilaghi la demagogia anti-democratica e populista”.
Secondo loro, secondo le mummie, noi tutti saremmo “il populismo”.
È ciò che gli storici chiamano, da sempre, “furore popolare”.
Non vedremo mai più né Dell’Utri né Scilipoti né Scajola né Belsito né Rutelli né Rosy Mauro né Alfonso Papa in parlamento.
A furor di popolo sono stati mandati a casa.
È stata la nostra rabbia bulimica a obbligare i comitati elettorali delle mummie.
Cominciano a capire che – per loro – è iniziato il conto alla rovescia.
Cominciano a rendersi conto che li stiamo mandando a casa tutti.
E questo è soltanto l’inizio.

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