sabato 5 aprile 2014

L’ORRORE NEOFEUDALE A 18, 22, E 25 ANNI.



Mangio una piadina in un wine bar con cucina tipica romagnola, nel centro di Bologna, locale figo, pieno di gente, ma molto impostato sul tradizionale. Romagna, Romagna, Romagna, ovunque.
Coda dell’occhio e orecchio destro colgono qualcosa che stona: i due ragazzi che lavorano come muli dietro alla cucina aperta a centro sala non quadrano con la Romagna. Il cuoco è polacco, e la cameriera-cassiera è ucraina. 18 anni lui, 25 la seconda.


Paolo Barnard non ci sta. Locale figo, tradizione romagnola 100% D.O.P., e loro cosa cazzo c’entrano con la Romagna? Se vendi piadina e castrato con l’accento slavo non è proprio il massimo. Al limite un accento emiliano, ecco. Come essere a mangiare l’abbacchio alla romana e il tizio del locale è danese mentre la cameriera ha l’accento portoricano. Ma la domanda che gli faccio è molto più cruciale:
Ragazzi, ma perché non ci sono italiani qui a lavorare?” Loro: perché non li vogliono sti lavori. E mentre interagiscono con me sono sudati, tengono in mano 4 piatti alla volta, il cuoco è paonazzo, arrivano ordini come fiocchi di neve, ha 5 mani sto ragazzo, perché mentre fa le insalate, le zuppe e gira il castrato sulla piastra riesce anche a servirmi un altro calice di vino. Sono lì, loro, dalle 5 del pomeriggio e finiranno alle 2 di notte, per 1.000 euro al mese… lei, lei! Lui per un emerito cazzo, gratis. Perché? Perché frequenta una di ste scuole di formazione professionale che prestano apprendistato alle aziende gratuitamente, in cambio poi di una qualifica.

Quindi i ragazzi italiani sti lavori… manco per il piffero” incalzo io. Lui “Senti, io sono polacco, e scusa eh? Ma qui in Italia di lavoro ce n’è da vendere”. Eh? Hey ragazzo, il qui presente giornalista ti dice che la disoccupazione giovanile in Italia è al 42%, e tu mi racconti che il lavoro c’è da vendere? “C’è, ma tanto, un mio amico ha piantato la cucina e ora lavora a metter su ascensori, e poi non immagini quanti ragazzi cercano al mercato ortofrutticolo, solo che sai, alzarsi alle 4 del mattino….
Eccoci al palo. Ragazzi italiani fighetti che si lamentano che non hanno lavoro, ma la realtà è che hanno il prurito al sederino a farsi il culo e stanno a casa da mamma papà, e poi ci dicono che la disoccupazione giovanile dei soliti italiani bugiardi è alle stelle. Eccoci, cazzo, ma per chi lotto io? Eh? Eh?........... Nnnnno….
Ferma ferma ferma, no no no no, non è così. No, no. No!
Hey polacco, dimmi, dove sta la tua famiglia. Lui: “Mio padre è in Polonia, è in ospedale, in fin di vita. Ha lavorato 55 anni dalle 4 della mattina alle 11 di sera ed è crollato”. Il ragazzo che mi parla è un toro di un metro e novanta, e mi fa il gesto della mano come per dire ‘mio padre era come me e ora è come sto mignolo’. Ah!
L’ucraina lo bacia, poi mi dice che voleva finire l’università, ma no, sfiga, no soldi, e mi indica il soppalco del locale dove ora noto che una ragazzina corre avanti e indietro a servire ai tavoli. Lei studia ancora, mi dice la ragazza dell’Est. Quando la ragazzina scende la blocco. E tu? Lei: ho 22 anni, veneta, studio antropologia, no dinero, lavorare qui, sempre, scusa, ho da servire. E via.
Appoggio il vino e riassumo tutto nella mia testa. Gesù, ma hanno 18, 22, e 25 anni, perché sono qui? Perché non sono a divertirsi, a fare l’amore, a studiare magari, per carità… ma perché sono qui? Noooooo, non va bene, noooooo, la retorica che il ragazzo italiano è fighetto e non vuole lavorare è una porcata, è la rappresentazione dell’Inimmaginabile Reso Plausibile, perché il ragazzo italiano HA RAGIONE! A vent’anni tu HAI IL DIRITTO DI FORMARTI COME VORRESTI, hai diritto di farti un culo come una capanna sui libri, che E’ GIA’ UN LAVORO DURISSIMO, e non ti devono ridurre a spomparti a fare piadine o a servire birre nelle poche ore libere della tua vita. Non devono ridurti a dover scegliere se vivrai una vita piena delle tue aspirazioni, o se mangiare oggi, abbandonando gli studi e tutti i tuoi sogni. Non devono farti lavorare GRATIS per produrre reddito e PIL di altri. Non devono farti lavorare gratis quando tuo padre ha per tutta la vita prodotto abbastanza PIL da nutrire te e altri 300 e ora sta morendo di lavoro in un ospedale fatiscente. Ma stiamo S-C-H-E-R-Z-A-N-DO?

Ma chi? Chiiiiii? Chiiiiiiii ha imposto questo orrore a milioni di giovani? I ragazzi devono avere tutto, i giovani devono avere –PERCHE’ CI SONO CI SONO CI SONO CI SONO – i mezzi per sognare il futuro che vogliono, per crearselo, e mentre lo fanno devono avere il tempo per imparare a fare l’amore, a pregare, o a leggere Dostoevskij senza l’assillo dell’affitto della camera o di una famiglia che non sa come sostenerti. E poi…

… quei ragazzi i cui genitori hanno avuto la fortuna di produrre abbastanza PIL da nutrire altri 300 in un Paese ricco come l’Italia, e che sono potuti arrivare a una laurea, devono avere il diritto S-A-C-R-O-S-A-N-T-O di rifiutare il part time verticale all’Ikea per 800 euro. Senza, SENZA! sentirsi dei viziati che “rifiutano il lavoro che c’è”. Ma che cazzo c’è? Fare le insalate per 9 ore? Scaricare TIR di pomodori con una laurea in chimica? Entrare nel ginepraio da incubo dei contratti di apprendistato-formazione-flessibili di Matteo Renzi? E oltre tutto essere ridotti a sentirsi dei ‘duri’ se lo fanno? Duri e non schiavi? Ehh? Duri come le schiene degli schiavi nella piantagioni texane, certo.
Ma cosa sta SUCCEDENDO? Ecco cosa.

LA DISTRUZIONE DI FUTURE GENERAZIONI DI CLASSI MEDIO-BASSE, scientemente voluta a tavolino dal progetto Neofeudale tecnocratico che vuole riportare centinaia di milioni di esseri umani dalla promessa felice degli anni ’60, allaSingola Ideologia del Sacrificio (A. Parguez, 2000), dove questi ragazzi già si abituano a 18, 22, e 25 anni a essereservi della gleba senza diritti E SENZA SOGNI in un mondo che ha invece mezzi per nutrire loro e altri miliardi di persone, ma che non lo vuole più fare perché è arrivata l’era del ritorno DEI SIGNORI FEUDALI TECNOCRATI. Con la benedizione della Chiesa, come sempre.
'Uccidiamoli' i Signori, non ci è rimasto altro da fare.

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