lunedì 10 agosto 2015

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«La solitudine ti fa ascoltare l’anima e spegnere le luci finte.»
(Raffaele Morelli – La felicità è qui, Mondadori p.33)
«E’ necessaria una cosa sola: solitudine, grande solitudine interiore. Volgere lo sguardo dentro sè e per ore non incontrare nessuno: questo bisogna saper ottenere.
L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano: » (Rilke)
«E’ importante avere sempre un contenuto da portare in un rapporto, e spesso lo si trova nella solitudine.» (Jung)
“La solitudine è per me una fonte di guarigione che rende la mia vita degna di essere vissuta. Il parlare è spesso un tormento per me e ho bisogno di molti giorni di silenzio per ricoverarmi dalla futilità delle parole.”
(Carl Gustav Jung)
«…il trovarsi soli con il proprio Sé, o qualsiasi altro nome si voglia dare all’oggettività dell’anima. Essi devono esser soli, non c’è scampo, per far l’esperienza di ciò che li sorregge quando non sono più in grado di sorreggersi da sé. Soltanto questa esperienza può fornir loro un fondamento indistruttibile.»
(Jung in “Psicologia e Alchimia”)

«La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. La solitudine cominciò con le esperienze dei miei primi sogni, e raggiunse il suo culmine al tempo in cui mi occupavo dell’inconscio. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l’amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.»
(C.G.Jung – Ricordi, Sogni, Riflessioni)
«Il soggetto umano è cambiato: l’intimità e la solitudine hanno perduto il loro valore, le qualità individuali sono divenute sempre più di tutti, il singolo ricerca la collettività, la moltitudine, spesso parossistica musica, l’espressione del noi invece che espressione dell’io.»
(Roland Barthes)
«Quindi nella solitudine c’è una percezione maestra che ci indica la via. Nella nostra cultura, la solitudine non è più vista come una saggia maestra che ci indica la via.
Nella nostra cultura, la solitudine non è più vista come una saggia maestra di vita, non è più un’alleata, ma una facile occasione per imitare modelli come quello del Grande Fratello. Per noi la solitudine è una maledizione, quando dovrebbe essere invece accolta come una buona notizia.
Che ci aiuta a indagare e a scoprire chi siamo.»
(Raffaele Morelli – La felicità è qui, Mondadori p.39)
«L’uomo cosmico non può temere la solitudine, perché nel cosmo non si è mai soli. […] Quando gli antichi, per capirsi bene, parlavano dei genitori, si interrogavano così: “Ma tu hai perso la mamma?” o “Hai perso la mamma che hai conosciuto?”; “Ma hai perso tua madre, o hai perso la madre che hai conosciuto?”. Ebbene la mamma del mondo, quell’energia che genera l’essere che sei, non si perde mai. E’ sempre lì è sempre stata lì. Quindi anche nella solitudine più totale il signore o la signora del mondo ti stanno guidando…Non siamo mai soli.»
(Raffaele Morelli – La felicità è qui, Mondadori p.36)
«Pensiamo che la nostra solitudine nasca dall’assenza di relazioni o da relazioni sbagliate. Abbiamo perso di vista la parola “solitudine” e il suo vero significato perché ci siamo identificati esclusivamente nelle relazioni che intratteniamo. E una volta compromesse ci ritroviamo nel deserto.»
(Raffaele Morelli – La felicità è qui, Mondadori p.34)
«I veri grandi spiriti costruiscono, come le aquile, i loro nidi a grandi altezze, nella solitudine.»
(Arthur Schopenhauer)
«Tutti coloro che prendono seriamente se stessi e la vita, vogliono stare soli, ogni tanto. La nostra civiltà ci ha così coinvolti negli aspetti esteriori della vita, che poco ci rendiamo conto di questo bisogno. Eppure la possibilità che offre, per una completa realizzazione individuale, sono state messe in rilievo dalle filosofie e dalle religioni di tutti i tempi. Il desiderio di una solitudine significativa non è in alcun modo nevrotico; al contrario, la maggior parte dei nevrotici rifugge dalle proprie profondità interiori, ed anzi, l’incapacità di una solitudine costruttiva è per se stessa un segno di nevrosi. Il desiderio di star soli è un sintomo di distacco nevrotico soltanto quando l’associarsi alla gente richiede uno sforzo insopportabile, per evitare il quale la solitudine diviene l’unico mezzo valido.»
(Karen Horney “Our Inners Conflicts)
«…e tradire la propria solitudine può rivelarsi estremamente pericoloso (…). Si cerca un altro, un punto esterno a noi, per soffocare la tristezza, per avvolgere la solitudine: prevalgono la paura e l’ansia… […] Non c’è nulla di patologico nel cercare incoraggiamento nell’amicizia e nell’amore degli altri, direi anzi che si tratta di una manifestazione di piena salute; è di altro, però che stiamo parlando, dell’incapacità totale di fondare la propria esistenza intorno a un centro interiore e della compulsione a riempire sempre il proprio vuoto con punti di riferimento esterni, siano essi gli altri, il lavoro, le droghe e ogni altra forma di ‘addiction’. Il tradimento che questo modo di vita sottende si caratterizza come duplice: in primo luogo viene tradito il pianto dentro di noi, il pianto che si sforza penosamente di comunicarci qualcosa, proprio come un bambino inascoltato; in secondo luogo vengono traditi gli altri, quelli cui ci rivolgiamo per farci “riempire” un po’: in questo caso infatti per noi interessante è non tanto l’altro, con la sua umanità, ma il fatto che egli ci posa gratificare con la sua prestazione di presenza. (…) Ci interessa soltanto (…) soverchiare la tristezza con il rumore.»
(Amare Tradire: Quasi un apologia del tradimento, di Aldo Carotenuto, Edizioni Bompiani, p.65)
«Cerca la solitudine: in essa troverai te stesso, e alla natura leverai l’immenso inno dell’amore.»
(Ambrogio Bazzero – Scrittore italiano dell’800)
«Ma io ho bisogno di solitudine, cioè di guarire, di tornare in me, di respirare un’aria libera, leggera, gioconda…» (F.Nietzsche – Ecce Homo)
«Comincia sempre da te; in tutte le cose e soprattutto con l’amore.
….amore è portare e sopportare sè stessi. La cosa comincia così. Si tratta veramente di te; tu non hai ancora finito di ardere; devono arrivarti ancora altri fuochi finchè tu non abbia accettato la tua solitudine e imparato ad amare.»
(C.G.Jung – Libro Rosso)
«In ognuno, c’è qualcosa che non sarà mai compreso da nessuno. Questo qualcosa è la causa stessa della nostra solitudine, della solitudine che ci è connaturale. È questa solitudine rudimentale che dobbiamo accettare in primo luogo.»
(Madeleine Delbrêl)
«C’è una solitudine dello spazio
una solitudine del mare
una solitudine della morte, ma
sono tutte compagnia
paragonate a quell’altro spazio più nel fondo,
quella privatezza polare:
un’anima sola con se stessa
finita infinità.»
(E.Dickinson)
«L’opposto di solitudine non è stare insieme. È stare in intimità.» (Richard Bach)
‎”Odio quelli che mi tolgono la solitudine senza farmi compagnia.”
(Friedrich Nietzsche)
“Sentire la solitudine dei re, senza il potere che consente loro di portare una corona.” (Byron)
“La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.”
(L’anno della morte di Ricardo Reis – JOSE’ SARAMAGO)

La padronanza esige solitudine: solo qui la vita tocca l’anima del mondo. Che ognuno sia a guardia della solitudine dell’altro (Noel Cobb – Maestri per l’Anima)

Uomo e Montagna

«Sappiamo o non sappiamo, amici miei, cos’è il silenzio?
Questa vita che guarda nei due sensi
ha segnato il volto dell’uomo dal di dentro.» 
(Rilke – Sonetti a orfeo.)
«La padronanza esige solitudine. Può esserci un periodo, durante i primi anni dell’apprendimento, nel quale si sta molto con gli altri, ma via via che il lavoro assume il suo vero significato, l’artista chiude la porta alla società ed entra nel santuario del suo studio, o dei suoi studi, ad ascoltarvi i comandi dell’anima e a lottare con la grande opera.
Rilke descrive questo molto bene in una lettera a Clara (moglie) del 1903:
“Ciascuno di noi deve trovare nel suo lavoro il nucleo centrale della propria vita e da lì riuscire a espandersi in ogni direzione il più possibile. E durante questo, nessun’altra persona dovrebbe guardarlo…nemmeno lui stesso.”
[…] Una delle più comuni lamentele che vengono portate nello studio dell’analista è quella della solitudine. Come se essere soli fosse o una punizione o un delitto. E abbiamo escogitato innumerevoli modi per evitare di essere soli, di stare in solitudine. […] Invece la padronanza esige solitudine. […]
Come dice James Hillman:
“Quando in sentimenti di solitudine vengono considerati archetipici, diventano necessari; non sono più segno di peccato, di terrore, di male. L’incomprensibile autonomia del sentimento può essere accettata e la solitudine può essere liberata dall’identificazione con l’isolamento letterale.”

Senza solitudine, come avrebbe potuto, Schubert, scrivere i suoi 600 Lieder, per non parlare delle sinfonie, i trio, i quartetti, le sonate e le opere? Come avrebbe potuto, Edvard Munch, dipingere 1.100 quadri e realizzare 18.000 opere grafiche? Come avrebbe potuto Picasso creare quell’enorme numero di disegni, incisioni, sculture, libri, collages e dipinti che riempiono le pareti di così tante gallerie d’arte in così tanti paesi? Come avrebbe potuto Gustav Mahler comporre dieci sinfonie mentre era direttore a tempo pieno dell’Opera di Stato di Vienna? Come avrebbe potuto Rodin creare quell’ “esercito di opere” che riempivano gli atelier di Meudon e i giardini e le stanze dell’Hotel Biron?
Se vogliamo davvero padroneggiare un po’ la materia, dobbiamo passare delle ore, dei giorni, dei mesi, soli con essa. Questa non è una “incapacità schizoide a mettersi in relazione”, non è una patologia che dobbiamo analizzare, ma un momento raro e prezioso della nostra umanità, un momento in cui la nostra vita dell’anima tocca l’anima del mondo, e possiamo prendere parte, se siamo fortunati, alla “grande natura creatrice”.
[…] Non è che l’esperienza della solitudine escluda l’esperienza della comunità, di far parte del mondo. In molti casi può perfino rafforzare l’impegno comunitario e rendere più profondo il senso di appartenenza. Ma come prerequisito della maestria, la solitudine chiede il nostro rispetto.
E non è indispensabile che l’artista viva senza compagnia. Semplicemente, la solitudine deve far parte integrante della sua vita, e se qualcuno condivide quella vita, allora la solitudine di ciascuno deve essere rispettata. Scrive Rilke:
“Credo che sia questo il compito maggiore di un legame fra due persone: che ciascuno sia a guardia della solitudine dell’altro. Perché, se è nella natura dell’indifferenza e della folla non apprezzare la solitudine, l’amore e l’amicizia ci sono proprio allo scopo di offrire continuamente la possibilità di solitudine. E sono vere condivisioni soltanto quelle che interrompono periodicamente periodi di profondo isolamento…”»
(Noel Cobb – Maestri per l’anima – Edizioni Moretti e Vitali, 1999, p.52)
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Sempre più studi condotti da esperti di sociologia e psicologia confermano che lo stare da soli è imprescindibile prerogativa delle menti più brillanti e creative. Così si spiegherebbe perché molti leader finiscano per condurre una vita da single e perché la maggior parte dei più grandi geni della storia abbiano partorito le loro scoperte nel chiuso di una stanza. In perfetta solitudine.
E’stato Thomas Mann a scrivere: “La solitudine fa maturare la creatività, l’arte, la poesia. E basta pensare a quanti scrittori, poeti, filosofi e pittori sono stati grandi solitari, da Giacomo Leopardi a Emily Dickinson, da Reiner Maria Rilke a Friederich Nietzsche, per capire che l’autore di La morte a Venezia ha detto il vero. “Isolarsi offre l’opportunità dipotenziare le proprie facoltà mentali, dalla concentrazione all’attenzione, alla capacità di risolvere i problemi e di mettersi alla prova” spiega Maria Miceli, ricercatrice del CNR. “La presenza di altre persone, inevitabilmente, tende a deconcentrarci. In più, ci impone il compito, che svolgiamo in modo spesso inconsapevole, di presentare di noi un’immagine accettabile. Basta pensare a quante volte ci è capitato di dire: “Non guardarmi, che non riesco a fare nulla”.
Ma quanto occorre stare soli per mettere a frutto il tempo per se stessi? Glenn Gould, famoso pianista canadese che visse quasi un’intera vita lontano da tutti tanto da decidere di non dare più concerti ma incidere solo dischi, sembra che un giorno abbia detto: “Non so dire quale sarebbe la giusta proporzione, ma ho sempre avuto una sorta di intuizione, che per ogni ora passata in compagnia di un altro essere umano si ha bisogno di un numero indeterminato di ore da soli”.
Senza andare agli estremi, è comunque nel silenzio che si può venire a creare la dimensione magica dell’ascolto del nostro ritmo interiore.Nell’isolamento è più facile ascoltare i propri pensieri ed elaborarli. “La solitudine confina con territori che possono aiutarci a esprimere meglio la nostra identità” spiega Antonio Lo Iacono, psicoterapeuta. “Pensiamo alla nostalgia e alla malinconia, segno di una particolare intelligenza e sensibilità. Entrambe possono produrre effetti stimolanti sulla creatività.
Uno dei risultati più sorprendenti è che la solitudine è alla base della creatività, dell’innovazione e della buona leadership. Uno studio del 1994 condotto da Mihaly Csikszentmihalyi (il grande psicologo della felicità) ha rilevato che gli adolescenti che non sopportano la solitudine non sono in grado di sviluppare talento creativo.
L’artista, che si ritira e si isola dagli altri, prova queste e altre sensazioni e cerca di comunicarle alle altre persone. Anche tu, se provi a immaginare giornate senza impegni e lancette dell’orologio ferme, quando di solito sei abituata a riempire tutti gli spazi e il tempo che hai a disposizione, potrai sentirti smarrita.
Ma se superi questo primo momento, a poco a poco, la capacità inventiva può mettersi in moto. Vediamo, allora, alcune situazioni che, proprio perché vissute in solitudine, possono aiutarti a esprimere le tue emozioni e a scoprire delle capacità inaspettate.
Susan Cain, autrice del libro “Quiet: The Power of Introverts in a World That Can’t Stop Talking” difende la ricchezza creativa che viene dalla solitudine e reclama, per il bene di tutti, la pratica dell’introversione. “Hanno sempre detto che dovrei mostrarmi più aperta, ma ho capito che essere introversi non è una cosa negativa. Così per anni sono andata in bar affollati, come molti introversi fanno, con una perdita di creatività […] Steve Wozniak ha inventato il primo computer Apple bloccato nel suo Hewlett Packard”.
Fai attività fisica
Una lunga passeggiata nei boschi, una corsa nel parco, una nuotata in piscina. Sono attività che puoi fare in piena solitudine. Troppo noioso? “In realtà si tratta di attività che possono rivelarsi davvero utili. Correre da soli, per esempio, è un buon modo per prendere consapevolezza del nostro corpo” spiega Daniela Marafante, psicoterapeuta. “Per sentire le ginocchia che si piegano, le gambe che si muovono e la fatica che aumenta progressivamente. E per scoprire i propri limiti, capire fino a che punto è possibile resistere prima di arrendersi e fermarsi”.
Il rapporto fra la volontà di andare avanti e la propria resistenza è utile per comprendere qualcosa di più anche sulle nostre capacità, fisiche e mentali. “Ma ci sono anche altri sport, insospettabili, che ci costringono a concentrarci su noi stessi” continua Anna Salvo. “Lascherma, per esempio, è una disciplina estremamente individuale. Insegna molto sulle proprie paure e sulla propria aggressività. Sulla pedana, infatti, è più facile esprimere la propria personalità, senza le inibizioni o le maschere che ci frenano ogni giorno”.
Lavora con le mani
Se stai affrontando un periodo di solitudine e ti accorgi che tendi a rimuginaretroppo su te stessa, approfitta del tempo libero che hai a disposizione per dedicarti a un’attività manuale. In questo modo fai riposare la mente, ti rilassi e, soprattutto, puoi scoprire una vena creativa che non pensavi di avere. “Modellare la creta o lavorare la ceramica sono attività utili a distogliere l’attenzione dalle difficoltà quotidiane” spiega Daniela Marafante, medico e psicoterapeuta. “Si evita, soprattutto, di soffermarsi troppo e in maniera ossessiva sugli stessi pensieri e sugli stessi problemi”. Il motivo? Il lavoro manuale ci porta a stabilire uncontatto forte con la terra e con le cose concrete, a guardare in modo più pratico la nostra vita.
Sperimenta la pittura
Prendersi un momento di pausa e di silenzio, oggi, è quasi impossibile. Il rumore del traffico, lo squillo di mille cellulari, i messaggi pubblicitari e le immagini televisive rendono difficile staccare la spina e fermarsi a pensare. Perché, allora, non sfruttare un periodo di solitudine per creare uno spazio tutto tuo? “La nostra fantasia è affollata di immagini, pensate da altri, viste e riviste in tv e sui giornali. Prendere in mano colori e pennelli e dipingere aiuta a crearsi un mondo a parte” spiega la psicoterapeuta Anna Salvo. “La pittura è un “codice primitivo” che ci aiuta a entrare in contatto con la parte più profonda di noi. Scoprire che preferiamo un colore o una tecnica particolare è un segnale forte, esprime un aspetto della nostrapersonalità“.
“La solitudine è per lo spirito ciò che il cibo è per il corpo.”
Seneca
Fonte https://carljungitalia.wordpress.com/

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