martedì 10 luglio 2012

Il denaro 
(Sri Aurobindo e Mère)

«Il denaro è il segno visibile di una forza universale; questa forza, nella sua manifestazione sulla terra, lavora sui piani vitale e fisico ed è indispensabile alla pienezza della vita esteriore. Nella sua origine e nella sua azione reale, essa appartiene al Divino. Ma, come le altre potenze del Divino, essa è delegata quaggiù e, nell'ignoranza della Natura inferiore, può essere usata malamente per le soddisfazioni dell' ego o detenuta dalle influenze asuriche e distolta per i loro fini.
Essa è veramente una delle tre forze (il potere, il denaro e il sesso) che esercitano la più forte attrazione sull' ego umano e sull' asura, e che in genere sono mal possedute e male impiegate da coloro che le detengono...
Per questa ragione la maggior parte delle discipline spirituali... dichiarano che una vita di povertà e indigenza è l'unica condizione spirituale. Ma questo è un errore che lascia il potere tra le mani delle forze ostili. Riconquistare il denaro per il Divino, al quale appartiene, e utilizzarlo divinamente per la vita divina, tale è la via supermentale per il sadhaka.».
(Sri Aurobindo, La Madre)




«...il potere del denaro è ora sotto l'influenza o tra le mani delle forze e degli esseri del mondo vitale. È per via di questa influenza che non si vede mai il denaro confluire, in somme considerevoli, verso la causa della verità. Sempre viene fuorviato, perché è sotto gli artigli delle forze avverse ed è uno dei loro principali mezzi per mantenere il loro dominio sulla terra. Il controllo delle forze ostili sul potere del denaro è potentemente, totalmente e accuratamente organizzato, ed è un'impresa difficilissima tentare di ottenere una qualsiasi somma da questa organizzazione così compatta. Ogni volta che si cerca di togliere un po' di denaro ai suoi attuali guardiani, bisogna ingaggiare una feroce battaglia.»
( Mère Conversazione del 10 marzo 1929)

"Come sapere se la propria maniera d'impiegare il denaro è conforme alla volontà divina?"

Anzitutto bisogna sapere qual è la volontà divina. Ma c'è un mezzo più sicuro, ed è sottomettere il denaro all'opera divina, se non si è sicuri di sé. «Divinamente» vuol dire al servizio del Divino - vuol dire non utilizzare il denaro per la propria soddisfazione personale, ma metterlo al servizio del Divino.

"Sri Aurobindo parla di un «vincolo di debolezza per le abitudini create dal possesso delle ricchezze»."

Quando si è ricchi, quando si ha molto denaro da spendere, in genere lo si spende per cose piacevoli; si prende l'abitudine a queste cose, ci si attacca ad esse e, se un giorno il denaro ci lascia, se ne sente la mancanza, ci si sente disgraziati e infelici e del tutto smarriti perché non si ha più ciò a cui si era abituati. È un vincolo, una schiavitù dovuta a debolezza. Per colui che è completamente distaccato, vivere fra queste cose va bene, e va altrettanto bene quando queste cose lo abbandonano, cioè gli è del tutto indifferente. È l'atteggiamento giusto: quando le cose ci sono, lui se ne serve; quando non ci sono, ne fa a meno. E per la sua coscienza interiore ciò non fa alcuna differenza. Questo vi stupisce, ma è così.

"Se si ha il potere di guadagnare molto denaro, vuol forse dire che si ha un certo controllo sulle forze terrestri?"

Dipende da come lo guadagnate. Se lo guadagnate con mezzi disonesti, non si può dire che abbiate un controllo. Ma se una persona fa scrupolosamente il proprio dovere e vede affluire ad essa il denaro, è evidente che esercita un controllo su quelle forze. Vi sono infatti persone che hanno il potere di attirare il denaro senza aver affatto bisogno di fare cose disoneste. Altre, per guadagnare anche solo pochi soldi, devono trovare ogni sorta di sistemi più o meno puliti. Allora non si può proprio dire... Quando si vede un uomo ricco, si pensa che senz'altro eserciti un controllo sulle forze del denaro - no, non necessariamente. Ma se un uomo rimane perfettamente onesto e fa ciò che considera essere il suo dovere senza preoccuparsi di guadagnare denaro, e il denaro gli arriva, è evidente che ha una certa affinità con quelle forze.

"Si dice che «non si può fare un mucchio senza fare un buco», che non ci si può arricchire senza impoverire qualcuno. È vero?"

Non è esatto. Se si 'produce qualcosa, invece di un impoverimento è un arricchimento; semplicemente, si mette in circolazione nel mondo qualcos'altro che ha un valore equivalente a quello del denaro. Dire che «non si può fare un mucchio senza fare un buco», va bene per coloro che speculano, che fanno affari in Borsa o nella finanza; in tal caso il detto è vero, poiché, ,infatti, è impossibile che una persona abbia un successo finanziario in affari di pura speculazione senza che ciò vada a detrimento di un'altra. Tutto qui. Altrimenti, un produttore non fa un buco se ammucchia denaro in cambio di ciò che produce. Certamente, c'è la questione del valore della produzione, ma se la produzione è veramente un guadagno per la ricchezza umana in generale, non si fa affatto un buco, anzi si aumenta quella ricchezza. E questo vale non soltanto in campo materiale, ma è la stessa cosa anche per l'arte, per la letteratura o la scienza, e per qualsiasi produzione.

"Quando mi occupavo di import-export avevo sempre l'impressione di derubare il prossimo."

È vivere a spese degli altri, perché si moltiplicano gli intermediari. Naturalmente, ciò è forse comodo, pratico, ma da un punto di vista generale, e soprattutto per il modo in cui è praticato, è vivere a spese del produttore e dei consumatori Ci si fa intermediari, non certo con l'idea di servire gli altri (infatti, non c'è una persona su un milione che lo faccia con questo intento), ma perché è un modo comodo di guadagnare denaro senza fatica. Tuttavia, fra i modi di guadagnare denaro senza fatica, ve ne sono di peggiori di questo! Essi sono innumerevoli.


”Certi amici di fuori mi hanno spesso posto questa domanda: «Quando si è costretti a guadagnarsi da vivere, si deve semplicemente adeguarsi al codice di onestà corrente oppure si dev'essere ancora più rigorosi?»

Dipende dall'atteggiamento che il vostro amico ha preso nella vita. Se vuole essere un sadhaka, è indispensabile che non dia alcun valore alle regole della morale corrente. Ora, se è un uomo comune che vive la vita comune, è una questione puramente pratica, cioè bisogna che si adegui alle leggi del paese in si vive per non avere noie! Ma tutte queste cose che nella vita comune hanno un valore molto relativo e che possono essere considerate con una certa indulgenza, cambiano totalmente dall'istante in cui si decide di fare uno yoga e di entrare nella vita divina. In tal caso tutti i valori cambiano totalmente; ciò che è onesto nella vita comune non è più affatto onesto per voi. D'altronde, c'è un tale capovolgimento di valori che non si può più usare il linguaggio comune.
Se ci si vuole dedicare alla vita divina, bisogna farlo veramente, cioè darsi per intero, non fare più nulla nel proprio interesse, dipendere esclusivamente dalla Potenza divina alla quale ci si affida. Tutto cambia totalmente, tutto, tutto, è un capovolgimento. Ciò che ho appena letto in questo libro si applica unicamente a coloro che vogliono fare uno yoga; per gli altri non ha senso, è un linguaggio senza senso, ma per coloro che vogliono fare uno yoga è imperativo. Si tratta sempre della stessa cosa in tutto ciò che abbiamo letto negli ultimi tempi: bisogna stare attenti a non tenere un piede qua e uno là, a non essere in due barche diverse, ciascuna delle quali segue il proprio percorso. È ciò che diceva Sri Aurobindo: non bisogna condurre una «doppia vita». Bisogna abbandonare una cosa oppure l'altra - non si possono seguire entrambe.
D'altronde, ciò non vuol dire che si sia costretti ad uscire dalle proprie condizioni di vita: solo l'atteggiamento interiore deve cambiare completamente. Si può fare ciò che si ha l'abitudine di fare, ma farlo con un atteggiamento del tutto diverso. Non dico che sia necessario abbandonare tutte le cose della vita e andarsene in un eremo, o necessariamente in un Ashram, per fare lo yoga.
Ora, è vero che se si fa lo yoga nel mondo e nelle circostanze del mondo è più difficile, ma è anche più completo, poiché in ogni minuto bisogna far fronte a problemi che non si presentano a colui che ha lasciato ogni cosa ed è andato a vivere in solitudine; per lui i problemi sono ridotti al minimo.
Invece, nella vita, si incontra ogni sorta di difficoltà, a cominciare dall'incomprensione di coloro che ci circondano e con i quali si ha a che fare; bisogna essere pronti a questo, essere armati di pazienza e di una grande indifferenza. Ma, nello yoga, non ci si deve più preoccupare di ciò che pensa né di ciò che dice la gente; è un punto di partenza assolutamente indispensabile. Bisogna essere del tutto immunizzati contro quello che la gente può dire e pensare e contro il modo in cui si viene trattati.
La comprensione pubblica dev'esserci del tutto indifferente e non deve neppure sfiorarci. È per questo che in genere è molto più difficile rimanere nel proprio ambiente abituale e fare lo yoga, che lasciare tutto e ritirarsi in solitudine; è molto più difficile, ma non siamo qui per fare delle cose facili -le cose facili le lasciamo a coloro che non pensano alla trasformazione.

"Se un uomo ha guadagnato molto denaro con mezzi disonesti, si può chiedergliene per il Divino?"

Sri Aurobindo ha risposto a questa domanda. Egli dice che il denaro in sé è una forza impersonale: il modo in cui guadagnate il denaro conta solo per voi personalmente. Può farvi un male enorme, può far male anche agli altri, ma ciò non cambia nulla alla qualità del denaro, che è una forza del tutto impersonale: il denaro non ha colore, non ha sapore, non ha coscienza psicologica. È una forza. È come se diceste che l'aria respirata da un briccone è più guasta dell'aria respirata da un galantuomo- non lo credo! Credo che l'effetto sia lo stesso.
Si può, per motivi di ordine pratico, rifiutare del denaro rubato, ma è per motivi del tutto pratici, non è per motivi di ordine divino. È un concetto puramente umano. Possiamo dire praticamente: «Ah, no, il modo in cui avete guadagnato questo denaro mi ripugna, di conseguenza non voglio fame offerta al Divino», perché abbiamo una coscienza umana.
Ma se prendiamo un uomo (pensiamo al peggio), che sia un assassino, che abbia ottenuto del denaro con il suo assassinio ma che, improvvisamente, sia preso da scrupoli e rimorsi spaventosi e dica a se stesso: «Posso fare solo una cosa di questo denaro, cioè darlo perché venga utilizzato nel modo migliore e più impersonale», mi pare che ciò sia preferibile ad utilizzarlo invece per la propria soddisfazione personale.

Ho detto che le ragioni che potrebbero impedire di accettare del denaro male acquisito possono essere ragioni di ordine puramente pratico, ma vi possono essere anche ragioni più profonde, di ordine (non voglio dire morale) spirituale, dal punto di vista della tapasya; si può dire ad un uomo: «No, non potete davvero acquistarvi dei meriti con quella ricchezza che vi siete procurata in modo così terribile; ciò che potete fare è restituirla»; si può considerare, per esempio, che la restituzione farebbe fare a quell'uomo progressi maggiori che passare semplicemente il denaro a un'opera qualsiasi.
Si possono vedere le cose in questo modo, non si possono stabilire delle regole. È quello che non finirò mai di dirvi: è impossibile stabilire una regola. Per ogni caso le cose sono diverse. Ma non si deve credere che il denaro venga contaminato; in quanto forza terrestre, esso non è contaminato dal modo in cui è stato guadagnato, questo non può in alcun caso contaminarlo.
Il denaro resta lo stesso, la vostra banconota resta la stessa, la vostra moneta d'oro resta la stessa, e in quanto essa contiene la sua forza, la sua forza rimane. Ciò nuoce solo alla persona che ha agito male, è evidente. Allora rimane la domanda: con quale stato d'animo e per quali ragioni l'uomo disonesto vuole dare il suo denaro a un'opera che egli considera divina? È per misura di sicurezza, per prudenza e per mettersi a posto la coscienza?
Evidentemente non è un buon motivo e non lo si può incoraggiare, ma se egli prova una sorta di pentimento e di rimpianto per ciò che ha fatto e ha l'impressione che ci sia un solo modo di agire, cioè privare se stesso di ciò che è stato male acquisito e utilizzarlo, per quanto sia possibile, per il bene comune, non c'è nulla da dire contro questo.

Non si può decidere in modo generale, dipende proprio da caso a caso. Ma, se capisco bene ciò che volete dire, è che nel caso in cui si venga a sapere che un uomo ha guadagnato del denaro con i mezzi più ignobili, allora, evidentemente, non sarebbe bene andare a chiedergli del denaro per u,n'opera divina qualsiasi, poiché sarebbe come riabilitare il suo modo di guadagnare denaro. Non si può chiederlo, non è possibile. Se, invece, spontaneamente e per una ragione qualsiasi, lui lo dà, non c'è allora motivo di rifiutarlo. Ma è davvero impossibile andare a chiederglielo, perché sarebbe come legittimare il suo modo di guadagnare denaro. Questo fa una grande differenza. E in genere, in quei casi, coloro che vanno a chiedere denaro a dei furfanti, si servono di mezzi intimidatori: li spaventano - non fisicamente, ma riguardo la loro vita futura, su ciò che può loro accadere - mettono loro paura. Non è una bella cosa. Sono metodi dei quali non ci si deve servire.

"All'infuori del denaro, quali altri poteri divini sono «delegati» quaggiù?"

Tutti. Tutti i poteri divini sono qui manifestati e qui deformati: la luce, la vita, l'amore, la potenza - tutto - l' armonia, l'ananda tutto, tutto, non c'è nulla che non sia divino nella sua origine e che non esista qui sotto una forma completamente deformata, camuffata. L'altro giorno abbiamo parlato a lungo del modo in cui l'Amore divino si deforma nella sua manifestazione qui; è la stessa cosa.

"Come riconquistare il denaro per la Madre?"

Ah!... Qui c'è un'indicazione. Tre cose sono interdipendenti (Sri Aurobindo lo dice qui): il potere, il denaro e il sesso. Credo che le tre cose siano interdipendenti e che si dovrebbe aver conquistato tutte e tre per poter essere sicuri di averne una - quando si vuole conquistarne una, bisogna avere le altre due. A meno che non si siano dominate queste tre cose, cioè il desiderio del potere, il desiderio del denaro e il desiderio del sesso, non si può veramente possederne nessuna in modo definitivo e sicuro.
Ciò che dà tanta importanza al denaro nel mondo qual è attualmente, non è tanto il denaro in sé, poiché (a parte qualche pazzo che ammucchia denaro, felice di poterlo ammucchiare e contare), in genere esso è desiderato e raccolto per le soddisfazioni che procura. E praticamente le tre cose sono legate: ognuna di esse non ha soltanto il proprio valore individuale nel mondo dei desideri, ma si appoggia sulle altre due. Vi ho raccontato quella visione di quel grande serpente nero che custodiva le ricchezze del mondo, le ricchezze terrestri: esso chiedeva il dominio dell'impulso sessuale.
Infatti, secondo certe teorie, il bisogno stesso del potere trova la sua realizzazione in quella soddisfazione e se la si dominasse, se la si abolisse dalla coscienza umana, gran parte del bisogno di potere e del desiderio di denaro scomparirebbe automaticamente. È evidente che questi sono i tre grandi ostacoli della vita umana terrestre e, a meno che non vengano superati, non c'è alcuna possibilità che l'umanità cambi.

(Mère Conversazione del 3 maggio 1951)




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