lunedì 2 luglio 2012

LA MEDITAZIONE

JIDDU KRISHNAMURTI
Una mente meditativa

Una mente meditativa

è silenziosa. Non quel silenzio che può essere concepito dal pensiero; non il silenzio di una placida sera; ma quel silenzio che sorge quando il pensie­ro, con tutte le sue immagini, tutte le sue parole e tutte le sue percezioni, è interamente cessato. Questa mente meditativa è la mente religiosa: la religione in cui non vi sono chie­se, templi, canti.
La mente religiosa è l’esplosione dell’a­more: l’amore che non conosce separazione. Per questo amore il lontano è vicino. Non è l’uno né i molti, bensì quello stato di amore in cui cessano tutte le divisioni. Come la bel­lezza, non è a misura delle parole. Solo a partire da questo silenzio agisce la mente medi­tativa.

La meditazione è una delle più grandi ar­ti della vita,

forse la più grande, e non la si può assolutamente imparare da nessuno, questa è la sua bellezza. Non c’è tecnica e quindi non c’è autorità. Quando imparate qualcosa su di voi, osservatevi, osservate il modo in cui camminate, il modo in cui man­giate, ciò che dite, le chiacchiere, l’odio, la gelosia: se siete consapevoli di tutte queste cose dentro di voi, senza alternativa, ciò fa parte della meditazione.
Può esserci meditazione, dunque, quando sedete in un autobus o passeggiate in un bo­sco pieno di luce e di ombre, o ascoltate il canto degli uccelli o guardate il viso di vostra moglie o del vostro bambino.

È strano come la meditazione divenga to­talizzante;

non ha fine né principio. È come una goccia di pioggia: in quella goccia ci sono tutti i corsi d’acqua, i grandi fiumi, i mari e le cascate; la goccia nutre la terra e l’uomo: senza quella goccia la terra sarebbe un deser­to. Senza la meditazione il cuore diventa un deserto, una landa desolata.
I Limiti del Pensiero





Meditazione è scoprire

se il cervello, con tutte le sue attività, le sue esperienze, può essere assolutamente acquietato. Non costret­to, perché quando c’è costrizione, c’è dualità. L’entità che dice: «Vorrei avere esperienze meravigliose, perciò devo costringere il mio cervello a essere quieto», non ci riuscirà mai. Ma se cominciate a indagare, a osservare, ad ascoltare tutti i movimenti del pensiero, i suoi condizionamenti, i suoi slanci, le sue paure, i suoi piaceri, a guardare come fun­ziona, allora vedrete che il cervello diventerà estremamente quieto; una quiete che non è sonno ma è straordinariamente attiva e quin­di è quiete. Una grossa dinamo che funzioni perfettamente, quasi non fa rumore; soltanto quando c’è attrito c’è rumore.
Il silenzio e la vastità si accompagnano.
L’immensità del silenzio è l’immensità della mente in cui non esiste un centro.

La meditazione è ardua.

Esige la più al­ta forma di disciplina: non vuole conformi­smo, non vuole imitazione, non vuole obbe­dienza, ma vuole una disciplina che passi attraverso la costante consapevolezza delle cose fuori di te e delle cose dentro di te. La me­ditazione, quindi, non è attività nell’isolamento, bensì azione nella vita quotidiana che esige cooperazione, sensibilità e intelligenza. Senza il fondamento di una vita retta la me­ditazione diventa una fuga e non ha più valore. Una vita retta non è obbedienza alla morale sociale, bensì libertà dall’invidia, dalla cupidigia e dalla ricerca del potere, che ge­nerano l’inimicizia. La libertà da questi mali non passa attraverso l’attività della volontà, ma attraverso la consapevolezza che ne acquistiamo con l’autoconoscenza. Senza cono­scere le attività del sé la meditazione diventa esaltazione dei sensi e perde ogni significato.

La continua ricerca di esperienze più va­ste,

più profonde e trascendenti è una forma di fuga dalla realtà effettiva di “ciò che è”, vale a dire da noi stessi, dalla nostra mente con­dizionata. Perché una mente sveglia, intelli­gente, libera, dovrebbe aver bisogno di espe­rienze, perché dovrebbe avere “esperienze”? La luce è luce; non richiede altra luce.

La meditazione è una cosa tra le più straordinarie.

Non conoscerla vuol dire essere come un cieco in un mondo di colori splendenti, di ombre e luci cangianti. Non è questione di intelletto, ma, quando il cuore entra nella mente, la mente assume una qua­lità completamente diversa; diviene realmen­te illimitata, non solo quanto alla sua capa­cità di pensare, di agire in modo efficace, ma anche per la sensazione di vivere in un vasto spazio nel quale siamo parte di tutto.
La meditazione è il movimento dell’amore. Non l’amore del singolo o di molti. È come l’acqua che tutti possono bere da qualsia­si recipiente, che sia un vaso d’oro o una brocca d’argilla: è inesauribile. E accade una cosa particolare, che né le droghe né l’autoi­pnosi possono dare: è come se la mente entrasse in se stessa, dapprima alla superficie, per poi penetrare sempre più profondamen­te, finché profondità e altezza non hanno più senso e ogni sistema di misura scompare. In questo stato vi è una pace totale, non la sod­disfazione che deriva dalla gratificazione, ma una pace che ha in sé ordine, bellezza e in­tensità. Può essere distrutta, così come si può distruggere un fiore, eppure, proprio a causa della sua vulnerabilità, è indistruttibile. Que­sta meditazione non la si può apprendere da un altro. Dovete cominciare senza saperne nulla e muovervi nell’innocenza.
Il terreno in cui può nascere la mente me­ditativa è quello della vita quotidiana, la lot­ta, il dolore e la gioia fugace. È lì che deve nascere, e recare ordine, e da lì muoversi all’infinito. Ma se vi interessa solo l’ordine, al­lora l’ordine stesso porterà con sé il proprio limite, e la mente ne sarà prigioniera. In que­sto movimento dovete in qualche modo co­minciare dall’altro estremo, dalla sponda opposta, e non curarvi soltanto di questa spon­da e di come attraverserete il fiume. Dovete gettarvi nel fiume senza saper nuotare. E il bello della meditazione è che non sapete mai dove siete, dove andate e qual è la meta.

LA MEDITAZIONE – JIDDU KRISHNAMURTI

animacosmica.org

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