mercoledì 28 novembre 2012

I MAYA: non è la fine del mondo ma delle risorse naturali

Il Giornale Onlinedi Danilo Valladares
(IPS) - Il calendario maya non prevede nessuna catastrofe globale, né tanto meno la fine del mondo. Ma le risorse naturali del pianeta, quelle sì, sono in grave pericolo a causa dell’attività umana, avvertono anziani e attivisti indigeni intervistati in Guatemala.

Secondo il calendario maya, il 21 dicembre 2012 segnerà la fine del ciclo di 13 Batkun (un baktun è pari a 144mila giorni): questo ha scatenato l’isteria collettiva tra chi sostiene che la fine del ciclo simboleggi grandi catastrofi e la fine del mondo, che però non trova nessun riscontro nel pensiero indigeni del Guatemala. 

“Ci sono leader che si fanno condizionare da alcune voci che circolano, o forse il numero 13 viene associato ad una forte energia, perciò temono possibili catastrofi, ma non c’è nulla di vero”, ha dichiarato a IPS l’attivista Antonio Mendoza, della Ong Oxlajuj Ajpop, un nome che in lingua maya quiché fa riferimento alle 13 energie del calendario maya. Al contrario, spiega, “questa nuova fase è estremamente importante per le riflessioni e le analisi sulla convivenza umana e la natura”.

Secondo gli storici, il 13 Baktun è cominciato l’11 agosto del 3114 a.C. e terminerà il 21 dicembre 2012, giorno in cui inizierà un nuovo ciclo di altri 144mila giorni. “Quello che ci preoccupa è come riunire gli sforzi per cambiare il nostro comportamento nei confronti della natura, del riscaldamento globale e delle politiche neoliberiste che si occupano solamente di estrarre petrolio e minerali e di costruire grandi fabbriche, mettendo in serio pericolo l’umanità”, spiega Mendoza. 

In questo senso, diverse organizzazioni maya del Guatemala hanno in programma una serie di attività per l’anno in corso, tra cui seminari, forum e incontri per discutere e trovare delle opportunità di sviluppo per la popolazione indigena. “Si tratta di puntare al riscatto dell’inestimabile conoscenza indigena della natura e della Madre Terra in un contesto di unità e solidarietà”, osserva Mendoza.

Le prime testimonianze della civiltà maya risalgono a 3mila anni fa, quando si crearono i primi insediamenti in Mesoamerica, un’area che oggi comprende 5 stati del sud-est del Messico, Guatemala, Belize, El Salvador e Honduras occidentale. Nel periodo classico, tra il 250 e il 900 a.C. la civiltà maya era una delle più sviluppate nel mondo, per l’architettura e la pianificazione delle città, il sistema di scrittura geroglifica, gli accurati calcoli matematici e l’astronomia. I Maya hanno dato un importante contributo all’arte, alla scienza e alla letteratura. I loro discendenti conservano ancora oggi le loro lingue, tradizioni e usanze, e i maestosi siti archeologici nelle zone in cui vivono sono meta di turisti e ricercatori.

In Guatemala, secondo le statistiche ufficiali, i popoli indigeni rappresentano quasi il 40 per cento dei 14 milioni di abitanti del paese, suddivisi in popolazioni maya, garifuna e xinca, anche se le organizzazioni indigene indicano una percentuale del 60 per cento. Mario Molina, della Rete nazionale di organizzazioni di giovani maya (Renoj), ha dichiarato a IPS che il 21 dicembre “non significa la fine dei maya né del mondo, ma sarà l’occasione per valutare i progressi compiuti nello sviluppo della natura e dell’umanità”. L’attivista ha invece espresso preoccupazione per il degrado ambientale e il riscaldamento globale causati dall’attività dell’uomo, che “è uno degli elementi fondamentali da discutere”.

Questo periodo sarà piuttosto “un buon momento per costruire un paese multiculturale, unito e con una visione condivisa”, un desiderio di vecchia data per la popolazione maya, da sempre emarginata in Guatemala. La povertà estrema, la mancanza di istruzione e di servizi sanitari sono problemi urgenti in questo paese, in cui più della metà della popolazione, il 54 per cento, vive in condizioni di povertà e il 13 per cento nell’indigenza, secondo l’Inchiesta nazionale sulle condizioni di vita 2011. 

Molina ha denunciato le varie forme di razzismo di cui sono vittime i maya, che si riflettono nella scarsa partecipazione politica, nella povertà e in altri aspetti. Per questo approfitteranno della fine del ciclo del calendario per promuovere azioni “orientate al rispetto della dignità, della vita e dei diritti umani”.

Alcuni vedono questa fase del calendario maya come l’apertura di uno spiraglio di opportunità. Ad esempio l’Istituto Guatemalteco del Turismo ha lanciato la campagna “L’alba dei Maya”, per festeggiare il 13 Baktun e attirare un maggior numero di visitatori interessati a questa cultura e ai suoi siti archeologici. 


Cirilo Pérez,consigliere spirituale dell’ex presidente del Guatemala, Álvaro Colom, il cui mandato si è concluso a metà gennaio, ha dichiarato a IPS che “questa non è la fine del mondo. Ciò che accade è che fenomeni come terremoti, maremoti, tornado e malattie si sono aggravati a causa del forte inquinamento provocato dall’uomo”. L’idea che il mondo finirà nel 2012 ha ispirato libri, blog, programmi televisivi e film dai risvolti apocalittici a livello mondiale, e persino progetti stravaganti come bunker sotterranei anti cataclisma.

Ma la guida spirituale ribadisce che “non si tratta della fine del mondo. Il calendario maya può essere compreso solo dagli stessi maya, anche se diversi ricercatori, archeologi, antropologi e storici hanno scritto molti libri sul tema, ma senza coglierne il significato”. 


Secondo Pérez, i veri scritti maya furono bruciati da Diego de Lanza, arcivescovo spagnolo dell’arcidiocesi messicana dello Yucatán (1572-1579), che ritenne quei documenti “superstizioni e falsità del demonio”. De Landa fu uno dei primi frati francescani ad arrivare nella penisola dello Yucatán, dove per anni si dedicò all’opera di evangelizzazione dei maya, nonostante la loro reticenza ad accettare il cattolicesimo.

Pérez, nominato da Colom ambasciatore dei popoli indigeni, a differenza di altri storici e anziani maya, ha rivelato che “mancano ancora 60 o 70 anni alla fine del ciclo di 13 Baktun” anche se la certezza “ce l’ha solo Dio”.

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